Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.13767 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L. – Presidente –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI N. M.G. – Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

Dott. NOCELLA Luigi – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14781/2016 R.G. proposto da:

Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

Contro

Lottomatica Videolot Rete Spa, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Roberto Gerosa e Carmine Grisolia, elettivamente domiciliata presso lo studio dei medesimi in Roma via Virgilio n. 18, giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1681/07/16, depositata il 23 marzo 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 gennaio 2019 dal Cons. Nocella Luigi.

FATTI DI CAUSA

In esito a verifica nei locali della Vilma s.n.c. con sede in Monza, da cui era emersa la presenza di due apparecchi da intrattenimento ex art. 110 Tulps, comma 6, non conformi alle prescrizioni di legge in quanto trasmettevano all’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in via telematica dati di gioco difformi da quelli effettivamente realizzati, la Guardia di Finanza del Gruppo di Milano contestava all’esercente ed al proprietario degli apparecchi la violazione dell’art. 110 TULPS, comma 9, lett. c) e procedeva al sequestro amministrativo degli stessi.

L’Agenzia delle Dogane, Ufficio Reg. Lombardia AAMS, in data 30.01.2013, notificava avviso di accertamento per il recupero del tributo evaso nei confronti, tra gli altri, della concessionaria di rete, Lottomatica Videolot Rete Spa, quale soggetto solidalmente responsabile, per tributi, sanzioni ed interessi.

La società in data 29.03.2013 impugnava l’avviso assumendo la legittimità del proprio operato e l’insussistenza della propria responsabilità solidale per il maggior prelievo erariale.

La Commissione tributaria provinciale di Milano accoglieva il ricorso; la decisione veniva poi confermata dal giudice d’appello con la sentenza oggetto del presente giudizio, sia pure con motivazione parzialmente difforme da quella della CTP: in particolare il Giudice d’appello, esclusa la natura sanzionatoria del c.d. “maggior PREU” applicabile ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13 e art. 39 quater, comma 2 e successive modifiche, e quindi l’applicabilità della norma successiva più favorevole (D.L. n. 78 del 2009, art. 15, comma 8 quaterdecies), ha ritenuto che la disposizione di chiusura dell’ art. 39 quater, comma 2, fosse applicabile al solo PREU, e non già al maggior PREU, la cui estensibilità al concessionario aveva come presupposto essenziale la non identificazione e rnidentificabilità dei responsabili dell’illecito esercizio degli apparecchi de quibus; laddove nella specie tale identificazione era incontroversa.

L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli ricorre per cassazione sulla base di unico motivo, al quale resiste la s.p.a. Lottomatica Videoiot Rete con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente la s.p.a. Lottomatica eccepisce inammissibilità del ricorso per essere intervenuta sulla questione oggetto del ricorso principale giudicato esterno, già rilevato nelle controdeduzioni in grado d’appello, con riferimento alle sentenze n. 2768/13/14 e n. 2770/13/14 della CTR della Lombardia in relazione alle sentenze della CTP di Milano n. 166/9/12 e n. 264/9/12, ritualmente prodotte e contenenti l’attestazione della cancelleria di passaggio in giudicato.

Pur avendone la CTR Lombardia effettivamente omesso l’esame e la conseguente motivazione, l’eccezione di giudicato esterno svolta dalla controricorrente a pagg.6-12 del controricorso e già sollevata innanzi ai primi Giudici, con riferimento alle sentenze n. 2768/13/14 e n. 2770/13/14 della CTR della Lombardia in relazione alle sentenze della CTP di Milano n. 166/9/12 e n. 264/9/12, ritualmente prodotte e contenenti l’attestazione della cancelleria di passaggio in giudicato, deve essere esaminata dalla Corte, la quale sarebbe tenuta a verificare anche d’ufficio la questione ove questa emergesse, come nella fattispecie, da pronunce già prodotte nel corso del giudizio di merito e nuovamente prodotte in questa fase di legittimità; tanto più che il dedotto giudicato si sarebbe costituito già anteriormente alla sentenza oggetto di ricorso (in tali sensi cfr., e plurimis, Cass. Sez. II ord. 25.01.2018 n. 1534; Cass. Sez.I 27.07.2016 n. 15627; Cass. Sez. I 21.05.2014 n. 11219).

L’eccezione è tuttavia infondata.

Le richiamate decisioni, come emerge dall’esame delle stesse (necessario ed ammissibile in relazione alla natura dell’eccezione), hanno trattato soltanto la medesima questione giuridica, ossia l’interpretazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater; nulla porta a ritenere che abbiano avuto ad oggetto il “medesimo rapporto giuridico”, costituito con i medesimi soggetti gestori e proprietari e con riferimento ai medesimi apparecchi (cfr. Cass. Sez. V 29.07.2011 n.:16675; Cass. Sez. V 3.12.2014 n. 25546); rapporto in alcun modo esplorato ed illustrato dalle decisioni in questione (sia di primo che di secondo grado), non oggetto di esplicita statuizione, e, in ogni caso, erroneamente individuato dalla stessa controricorrente. Infatti per predicare l’identità del rapporto giuridico al quale è riferibile un giudicato, non è sufficiente raffrontare, come ha fatto la ricorrente (cfr. pagg. 16-17 del ricorso), i due soggetti che sono stati parte del giudizio e la similarità delle situazioni fattuali oggetto di controversia, ma occorre far riferimento a tutti i soggetti coinvolti nel più complesso rapporto sostanziale, che concorrono ad identificare la fattispecie concreta oggetto del giudizio (nel caso di specie gli identificati responsabili della condotta illecita); così come non si può affermare l’identità della situazione oggettiva a base del rapporto soltanto sulla base della circostanza che nel presente giudizio, come in quelli addotti come precedenti costituenti il dedotto giudicato, fosse certa “l’avvenuta identificazione degli autori dell’illecito sugli apparecchi di intrattenimento”; invero la contestata responsabilità solidale della Società concessionaria è stata dedotta dall’Agenzia delle Dogane con riferimento a distinte situazioni fattuali, in cui sia il proprietario dei macchinari da gioco che l’esercente dei locali nei quali questi erano installati (che sono sempre diversi da giudizio a giudizio) rivestono ruoli autonomi e peculiari che, a seconda del loro atteggiarsi, avrebbero potuto diversamente incidere anche sulla eventuale sussistenza della responsabilità del concessionario, che poi è individuata e delimitata, sotto il profilo oggettivo, dal numero e dalle caratteristiche delle macchine oggetto di verificare constatazione.

Occorre considerare, del resto, che la presente vicenda trae origine da uno specifico accertamento su due apparecchi illecitamente modificati e che il rapporto giuridico in considerazione non ha neppure il carattere “di esecuzione prolungata”, nè si riferisce a fatti ad “efficacia permanente o pluriannuale”, ma si traduce in un evento unitario e definito, ancorato a specifici ed autonomi fatti, irrilevante la loro sussunzione nella medesima disciplina normativa.

2. Parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità per difetto di autosufficienza e genericità del motivo (cfr. pagg. 12-18 del controricorso), con la quale si censura l’assenza di riferimenti agli atti delle precedenti fasi del giudizio nei quali sarebbero state proposte le diverse difese oggi riproposte: il ricorso stigmatizza con adeguata puntualità la decisione della CTR in relazione all’applicazione dell’art. 39 quater cit., evidenziandone i passaggi salienti e contestandone le tesi affermate; nè integra un qualche vizio la, aggiuntiva, contestazione della sentenza della CTP, che, nella struttura del ricorso, assolve l’evidente scopo di ricostruire i passaggi argomentativi e il rapporto di continuità tra la sentenza di primo grado e quella d’appello, la quale, tra l’altro, afferma esplicitamente “deve essere condivisa e confermata la sentenza impugnata, la cui motivazione è aderente ad una interpretazione letterale della norma”.

3. L’unico motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione del D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13 e 39 quater, conv. dalla L. n. 326 del 2003, art. 15, comma 8 quaterdecies, dal D.L. n. 78 del 2009, conv. dalla L. n. 102 del 2009, nonchè dell’art. 11 preleggi.

L’Agenzia delle dogane si duole, in sostanza, che la CTR abbia distinto, ingiustificatamente, tra prelievo erariale unico (PREU) e “maggior” prelievo erariale unico, ritenendo che la responsabilità solidale prevista dall’art. 39 quater, comma 2, ultimo periodo, fosse riferibile solo alla prima e, inoltre, abbia fatto una impropria applicazione della modifica della norma, operata con il D.L. n. 78 del 2009, inapplicabile ratione temporis.

3. Il motivo è fondato.

3.1. Occorre preliminarmente sgomberare il campo da un esplicito equivoco in cui è incorso il giudice d’appello in esordio di motivazione, ossia che il prelievo erariale unico (PREU) e il “maggior” prelievo erariale unico costituiscano entità distinte ed autonome.

Come dispone il D.L. n. 269 del 2003, art. 39, comma 13, nel testo applicabile ratione temporis, “agli apparecchi e congegni di cui all’art. 110, comma 6…. collegati in rete, si applica un prelievo erariale unico fissato nella misura del 13,5 per cento delle somme giocate…”, sicchè l’imposta, il PREU, investe la totalità dei giochi effettuati e delle relative somme.

Nel caso di utilizzo illecito delle apparecchiature, ossia con interventi tali da determinare la trasmissione telematica di dati di gioco difformi da quelli effettivamente realizzati, si verifica che il prelievo viene corrisposto solo per una parte delle giocate (quelle i cui dati sono stati trasmessi), mentre per le altre viene, semplicemente, evaso.

Ne deriva, quindi, che l’imposta è e resta unica ed unitaria, integrando il cd. maggior PREU solo l’importo evaso, ma pur sempre dovuto in virtù della medesima disposizione normativa e del medesimo presupposto fattuale, e cioè l’esercizio di macchine da gioco di cui all’art. 110 TULPS, comma 6.

3.2. Va poi evidenziato che la norma specificamente individua il soggetto passivo d’imposta nel “soggetto al quale l’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ha rilasciato il nulla osta”, ossia nel concessionario di rete.

Ne deriva che il concessionario è tenuto, in relazione al ruolo ricoperto, a versare il PREU maturato in base alla trasmissione telematica dei dati secondo le modalità disciplinate dal successivo comma 13 bis.

3.3. Quanto all’imposta evasa, il cd. maggior PREU, il recupero e l’individuazione dei responsabili sono disciplinati dal D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater.

Nella vicenda in giudizio, riguardante l’annualità 2008, è invero applicabile il testo del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, nel testo introdotto dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, vigente dal 1 gennaio 2007, che prevede:

“2. Il prelievo erariale unico è dovuto anche sulle somme giocate tramite apparecchi e congegni che erogano vincite in denaro o le cui caratteristiche consentono il gioco d’azzardo, privi del nulla osta di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 38, comma 5 e successive modificazioni, nonchè tramite apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui al predetto art. 38, comma 5, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo…. “2 e 3 periodo”… Per gli apparecchi e congegni muniti del nulla osta… il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, il maggiore prelievo erariale unico accertato rispetto a quello calcolato sulla base dei dati di funzionamento trasmessi tramite la rete telematica prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 14 – bis, comma 4 e successive modificazioni, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dai soggetti che hanno commesso l’illecito o, nel caso in cui non sia possibile la loro identificazione, dal concessionario di rete a cui è stato rilasciate il nulla osta. Sono responsabili in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative relativi agli apparecchi e congegni di cui al quarto periodo, il soggetto che ha provveduto alla loro installazione, il possessore dei locali in cui sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora non siano già debitori di tali somme a titolo principale.”

La modifica introdotta con il D.L. n. 78 del 2009, art. 15, infatti, non è retroattiva, nè, in ogni caso, anche per l’evidente mancanza di una clausola in tal senso, ha valore di interpretazione autentica con portata retroattiva (neppure la controricorrente ha ventilato siffatta lettura). Il testo modificato (avuto riguardo al 4 e al 5 periodo della norma, irrilevante nella specie l’ipotesi di esercizio in assenza del nulla osta) prevede infatti:

“… Per gli apparecchi e congegni muniti del nulla osta di cui alla L. 23 dicembre 2000, n. 388, art. 38, comma 5 e successive modificazioni, il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo, il maggiore prelievo erariale unico accertato rispetto a quello calcolato sulla base dei dati di funzionamento trasmessi tramite la rete telematica prevista dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, art. 14-bis, comma 4 e successive modificazioni, gli interessi e le sanzioni amministrative sono dovuti dai soggetti che hanno commesso l’illecito. Nel caso in cui non sia possibile l’identificazione dei soggetti che hanno commesso l’illecito, sono responsabili in solido per le somme dovute a titolo di prelievo erariale unico, interessi e sanzioni amministrative relativi agli apparecchi e congegni di cui al quarto periodo, il soggetto che ha provveduto alla loro installazione, il possessore o detentore, a qualsiasi titolo, dei medesimi apparecchi e congegni, l’esercente a qualsiasi titolo i locali in cui sono installati e il concessionario di rete titolare del relativo nulla osta, qualora non siano già debitori di tali somme a titolo principale.”

3.4. L’originario testo del 2006, quindi, in caso di esercizio illecito prevedeva che fossero tenuti in via principale al pagamento dell’imposta evasa, oltre agli interessi e alle sanzioni, i seguenti soggetti:

a. l’autore dell’illecito;

b. il concessionario titolare del nulla osta all’esercizio; la sua responsabilità, principale, era peraltro condizionata alla mancata individuazione dell’autore dell’illecito.

La norma, inoltre, contemplava ipotesi di responsabilità solidale individuando i seguenti soggetti:

c. l’installatore;

d. il possessore dei locali;

e. il concessionario;

non prevedendo, per la configurabilità di tale responsabilità, alcuna condizione ma solo che gli stessi non fossero “già debitori di tali somme a titolo principale”, sull’implicito presupposto che, in tale evenienza, dovesse ritenersi prevalente quest’ultima.

Il testo modificato nel 2009, invece, individua, quale responsabile principale, un unico soggetto, ossia l’autore dell’illecito.

Quanto alle ipotesi di responsabilità solidale, la nuova norma individua:

c1. l’installatore;

d1. il possessore o detentore a qualsiasi titolo degli apparecchi; e1. l’esercente a qualsiasi titolo dei locali;

f1. il concessionario;

semprechè gli stessi non fossero “già debitori di tali somme a titolo principale”.

La norma, peraltro, subordina la responsabilità solidale al verificarsi di uno specifico requisito, che assurge ad elemento costitutivo, ossia che “non sia possibile l’identificazione” dell’autore dell’illecito. E’ di tutta evidenza, quindi, che la novella è intervenuta in via strutturale sulla previsione modificando i soggetti, il novero e le condizioni di imputazione soggettiva della responsabilità sia in via principale che in ipotesi di responsabilità solidale.

3.5. In capo al concessionario di rete, dunque, la disciplina ratione temporis applicabile configura due ipotesi di responsabilità:

A. in via principale, alla condizione della mancata identificazione dell’autore dell’illecito;

B. in via solidale, incondizionatamente (e, dunque, anche in caso di identificazione dell’autore dell’illecito) purchè non sia già debitore in via principale.

3.6. Con riguardo alla seconda ipotesi, di solidarietà tributaria (da cui trae origine la pretesa dell’Amministrazione nella vicenda in esame essendo pacifica l’identificazione dell’autore dell’illecito), va indubbiamente rilevato che la coobbligazione si ancora ad una condotta diversa rispetto a quella dell’autore dell’illecito.

La ratio che risulta sottesa riflette, invero, la particolare posizione assegnata al concessionario di rete, il quale, anche per i requisiti di cui deve essere in possesso e delle licenze di cui deve essere titolare (L. n. 388 del 2000, art. 38; D.P.R. n. 640 del 1972, art. 14 bis, comma 4), è il diretto referente per l’Amministrazione ed ha il controllo giuridico degli apparecchi per il gioco lecito per i quali ha ricevuto il nulla osta, sicchè egli assume anche una posizione di controllo sulla corretta immissione e sul lecito utilizzo dei macchinari stessi, fonte di obblighi (in vigilando od anche in eligendo) sulla concreta individuazione dei gestori ed esercenti e sulla corretta funzionalità delle apparecchiature.

Le stesse considerazioni, del resto, sono coerenti rispetto a coltro che hanno un controllo più “operativo” sui macchinari e, dunque, hanno consentito (o non hanno adeguatamente vigilato) all’illecito. Tale conclusione, inoltre, è congruente anche con quanto affermato dalla Corte Costituzionale (sent. n. 27 del 14 febbraio 2018), che, sia pure con riferimento ad un diverso profilo della disciplina in esame (ed avuto riguardo alle ulteriori sopravvenute modifiche), ha precisato che “le differenze tra il contributo rispettivamente prestato dalla ricevitoria e dal bookmaker alla complessiva attività di raccolta delle scommesse non escludono affatto – ed anzi presuppongono – che entrambi i soggetti partecipino, sia pure su piani diversi e secondo differenti modalità operative, allo svolgimento di quell’attività di “organizzazione ed esercizio” delle scommesse sottoposta ad imposizione”, sicchè l’equiparazione a fini tributari “risponde ad un’esigenza di effettività del principio di lealtà fiscale nel settore del gioco”, fermo restando che “nei rapporti interni, i coobbligati in solido rimangono liberi di regolare il riparto dell’onere tributario che il legislatore, con la previsione del vincolo della solidarietà passiva, pone” a loro carico.

In tale prospettiva, dunque, deve ritenersi univoca la riferibilità della responsabilità al cd. maggior PREU, ossia all’importo dell’imposta che, per l’attività illecita, è stata evasa, oltre che agli interessi e alle sanzioni.

L’art. 39 quater cit., d’altra parte, per come sopra evidenzialo, disciplina, in termini onnicomprensivi, condotte di evasione dell’imposta e, per questi importi, in vista di una semplificazione dei rapporti col fisco e di un rafforzamento della garanzia patrimoniale, individua i responsabili principali e quelli solidali.

E’ peraltro illogico ritenere che la solidarietà del concessionario sia come affermato dalla CTR – “riferibile al solo PREU, e non anche al maggior PREU, poichè diversamente verrebbe meno il senso letterale della disposizione di cui al quarto periodo”.

Il concessionario, infatti, è il soggetto passivo del PREU e, dunque, non ha neppure senso interpretare la norma, per tale voce, come affermativa di una sua responsabilità solidale.

4. La CTR, con la decisione impugnata, non si è attenuta al principio di diritto enunciato, in identica fattispecie, da Cass. Se2. V 25.05.2018 n. 13116, secondo il quale “in tema di prelievo erariale unico (cd. PREU) sulle somme giocate mediante apparecchi da intrattenimento ex art., 110 Tulps, comma 6, in caso di esercizio illecito delle apparecchiature, sì da determinare una trasmissione in via telematica di dati di gioco difformi da quelli effettivamente realizzati, il concessionario di rete, ai sensi del D.L. n. 269 del 2003, art. 39 quater, comma 2, vigente ratione temporis, è responsabile in via principale per l’imposta evasa (cd. maggior PREU) e i relativi accessori e sanzioni in caso di omessa identificazione dell’autore dell’illecito, mentre, qualora quest’ultimo sia identificato, ne risponde a titolo di solidarietà”, che qui si ribadisce: infatti, da un lato non ha applicato la norma nella formulazione vigente ratione temporis e, anzi, ha applicato una inammissibile e ingiustificata commistione dei testi via via modificati (prima ha richiamato il 4 periodo della norma nella versione temporalmente corretta e poi il 5 periodo nella versione modificata); dall’altro, ha erroneamente considerato il “maggior PREU” una entità diversa ed autonoma, mentre si tratta del medesimo unitario tributo, ed ha ritenuto altresì che la solidarietà del concessionario si riferisca al solo prelievo erariale unico di cui questi, invece, è soggetto passivo. Pertanto, in accoglimento del ricorso, la stessa deve essere cassata, con conseguente rigetto del ricorso introduttivo di primo grado e la conferma dell’avviso di accertamento impugnato.

5. Le spese, attesa la novità della questione all’epoca dell’inizio della controversia, scaturita in merito a disposizione normativa di recente introduzione, vanno integralmente compensate per ogni fase e grado.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente. Compensa integralmente le spese per ogni fase e grado. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma l quater, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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