LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –
Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –
Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –
Dott. FRACANZANI Marcello Maria – Consigliere –
Dott. GHITTI Italo Mario – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29639/2014 R.G. proposto da:
ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA EGO ENERGY, in persona del Presidente pro tempore M.L., rappresentata e difesa dall’Avv. Stefano Fiorentini presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Roma via Nizza 45;
– ricorrente e controricorrente incidentale –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
Avverso la sentenza n. 589, sez. 1, emessa dalla Commissione Tributaria Regionale della Liguria, pronunciata in data 14/4/2014 e depositata il 28/4/2014;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 14/3/2019 dal Consigliere Dott. Ghitti Italo Mario;
Uditi gli Avv. Stefano Fiorentini e Salvatore Faraci;
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Pedicini Ettore, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
RILEVATO
che:
L’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Genova – in data 25/1/2011 notificava all’Associazione Sportiva Dilettantistica EGO ENERGY l’avviso di accertamento n. *****, relativo all’anno 2007, con il quale veniva accertato in capo all’associazione un reddito di impresa pari ad Euro 30.004,00 ed IVA a debito di Euro 24.115,80.
L’avviso di accertamento scaturiva da una verifica condotta dalla Guardia di Finanza e conclusasi con Pubblico Verbale di Constatazione del 3/11/2010. L’Associazione aveva omesso di presentare la dichiarazione dei redditi per l’anno 2007 e nel corso delle indagini emergevano una serie di anomalie ed elementi circostanziali la cui analisi complessiva induceva i verificatori a ritenere che l’Associazione avesse esercitato un’attività prevalentemente commerciale nell’anno di imposta considerato; di conseguenza l’Associazione era considerata decaduta dal diritto alle agevolazioni fiscali in materia di imposte dirette ed IVA ed era quindi assoggettata al regime fiscale previsto dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 987, artt. da 72 a 142, per gli Enti commerciali. La perdita delle agevolazioni previste per gli Enti non commerciali derivava da più circostanze, in particolare dal fatto che a) l’art. 4 dello Statuto prevedeva il diritto degli associati maggiorenni a ricevere, in caso di scioglimento, una quota del patrimonio sociale, b) lo stesso Statuto non prevedeva il divieto per gli amministratori di ricoprire la medesima carica in altre società ed associazioni sportive, c) l’insussistenza di democraticità della vita associativa e d) mancata possibilità di individuare le modalità di distribuzione di emolumenti agli insegnanti soci.
Veniva in particolare accertato un reddito di impresa, per l’anno 2007 di Euro 30.004,00: sulla base degli incassi da quote associative ed abbonamenti, venivano ricostruiti in via analitica induttiva ricavi per Euro 120.579,00 e, sulla base della documentazione prodotta ai verificatori erano riconosciuti costi pari ad Euro 90.575,00: da qui il reddito di impresa pari ad Euro 30.004,00.
Ai fini IVA venivano quantificate operazioni attive per Euro 120.579,00 con conseguente maggior IVA a debito per Euro 20.096,50, senza detrazione dell’imposta assolta sui costi riconosciuti ai fini delle imposte dirette, poichè la contribuente non aveva operato le registrazioni e liquidazioni dovute.
L’Associazione Dilettantistica proponeva ricorso alla CTP di Genova, che, con sentenza n. 103/05/2013, depositata il 17/4/2013, respingeva il ricorso della contribuente non avendo l’associazione dimostrato di essere in possesso dei requisiti per essere considerata associazione sportiva dilettantistica e quindi ente non commerciale.
Avverso tale sentenza la contribuente, in persona del presidente pro tempore C.D.B., il quale agiva anche in proprio quale autore della violazione, proponeva appello alla CTR di Genova che, con la citata sentenza n. 589/2014, ” in parziale riforma della sentenza impugnata e dell’avviso per cui è causa, dispone(va) lo scorporo dell’IVA dagli importi recuperati a tassazione, dichiara(va) C.D.B. estraneo al presente giudizio e privo di legittimazione attiva, compensa le spese di lite”.
Contro la citata sentenza della CTR di Genova la contribuente Associazione propone ricorso per cassazione deducendo due motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, sulla base di due motivi, contro cui resiste la ricorrente Associazione.
CONSIDERATO
che:
a)ricorso principale:
1. Con il primo motivo del ricorso principale – Violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti l’Associazione ricorrente lamenta che la CTR nella sentenza impugnata avrebbe omesso si esaminare lo statuto in vigore nell’anno 2007 e registrato il 30 giugno 1998.
Il motivo è fondato.
Nell’avviso di accertamento si legge infatti: “Lo statuto dell’associazione, registrato in data 30/6/1998, prevedeva all’art. 4, n. 4 che gli associati maggiorenni, sia ordinari che onorari avessero, tra gli altri, il “diritto a ricevere, nei casi di scioglimento, una quota del patrimonio sociale, se questo non è destinato a scopi di utilità generale”. Ciò si traduce in una evidente violazione della L. n. 289 del 2002, art. 90, del TUIRn. 917 del 86, art. 148, comma 8, lett. b), e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4, comma 7" (comma 7, lett. a e b).
Nella sentenza impugnata viene scritto: “E’ dimostrato che l’atto costitutivo non prevedesse il divieto di distribuzione degli utili nè il divieto di partecipazione con qualifica di amministratore ad altre A.S.D.: la circostanza è di per sè assorbente per qualificare l’Ente come commerciale”; quindi per la CTR la mancata previsione nell’atto costitutivo del divieto di distribuzione degli utili è uno degli elementi che consentono di qualificare l’A.S.D. Ego Energy come Ente commerciale.
Invece, lo Statuto, registrato il 30 giugno 1998 ed in vigore nell’anno di imposta 2007, come adduce la contribuente e come ribadito in pubblica udienza, contemplava il divieto di distribuzione ” anche in modo indiretto, di utili o avanzi di gestione nonchè fondi riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge” (art. 12, comma 2); lo statuto prevedeva inoltre che ” In caso di scioglimento dell’Associazione il patrimonio dovrà essere devoluto a strutture sociali similari operanti nel settore sportivo, della cultura, della ricreazione o comunque a fini di utilità generale” (art. 16 comma 2).
Il tenore testuale delle norme statutarie appena richiamate e contenute nello Statuto registrato il 30 giugno 1998, non danno adito ad alcun dubbio, circa la previsione statutaria del divieto di distribuzione di utili sia in vita che in caso di scioglimento dell’Associazione.
Tale fatto non è stato in alcun modo esaminato dalla CTR, che fa riferimento nella sua decisione all'”atto costitutivo”, come ribadito dalla difesa della ricorrente anche nella pubblica udienza davanti a questa Corte.
Tale fatto inoltre è sicuramente decisivo per il giudizio, in quanto la mancata previsione statutaria del divieto di distribuzione degli utili, insieme alla mancata previsione del divieto per gli amministratori di ricoprire la medesima carica in altre società o associazione, è stato ritenuto dalla CTR “assorbente per qualificare l’Ente come commerciale” e l’esame delle norme statutarie effettivamente vigenti avrebbe comportato un esito diverso del contenzioso.
Infine questo fatto è stato espressamente dedotto dalla ricorrente, tra l’altro con la produzione in giudizio dello stesso Statuto registrato in data 30 /06/1998 ed ancora in vigore nell’anno 2007.
2. Con il secondo motivo del ricorso principale, – Violazione del TUIR, art. 148, comma 8 e della L. n. 289 del 2002, art. 90,comma 18, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – l’Associazione ricorrente deduce che, sulla base delle norme citate, non sarebbe stato necessario prevedere nello statuto il divieto agli amministratori di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche.
Tale motivo è parimenti fondato.
La sentenza impugnata, come sopra ricordato, indica nel mancato inserimento nell’atto costitutivo del divieto per gli Amministratori di rivestire la stessa carica in altre Associazioni A.S.D. uno dei due elementi per qualificare come commerciale l’A.S.D Ego Energy e quindi escluderla dalle agevolazioni previste per gli Enti non commerciali.
Invero, il (TUIR) D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 148, nel considerare non commerciali le attività svolte da associazioni sportive dilettantistiche, al comma 8 espressamente prevede che siano inserite nei relativi atti costitutivi o statuti le clausole relative a: “a) il divieto di distribuire,anche in modo indiretto utili o avanzi di gestione nonchè fondi, riserve o capitale durante la vita dell’associazione, salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge; b) obbligo di devolvere il patrimonio dell’ente, in caso di suo scioglimento per qualunque causa, ad altra associazione con finalità analoghe o a fini di pubblica utilità sentito l’organo di controllo”, non dispone invece che nello statuto sia inserita la clausola concernente il divieto per gli amministratori di rivestire la stessa carica in altre associazioni sportive dilettantistiche.
L’inserimento nello statuto della clausola contenente questo divieto è invece espressamente previsto dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 90, comma 18, che, elencando i contenuti obbligatori dello statuto o dell’atto costitutivo delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche, indica espressamente:
“4) disciplina del divieto per gli amministratori di ricoprire cariche sociali in altre società e associazioni sportive nell’ambito della medesima disciplina”, oltre alla clausola relativa alla devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento delle società e delle associazioni (punto 6).
Tuttavia, con la successiva L. 21 maggio 2004, n. 128, legge di conversione del D.L. 22 marzo 2004, n. 72, L. n. 289 del 2002, art. 90, comma 18, viene sostituito e il divieto in questione non è più incluso fra le clausole che devono essere inserite nello statuto, per assumere propria autonomia e rilevanza, come norma di comportamento, nel comma 18 bis così formulato: “18-bis. E’ fatto divieto agli amministratori delle società e delle associazioni sportive dilettantistiche di ricoprire la medesima carica in altre società o associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito della medesima federazione sportiva o disciplina associata se riconosciuto dal Coni, ovvero nell’ambito della medesima disciplina facente capo ad un ente di promozione sportiva”.
Pertanto, nell’anno di imposta 2007, sulla base della normativa all’epoca vigente, il mancato inserimento nello statuto od atto costitutivo del divieto in esame non era e non poteva essere considerato come elemento rilevante per qualificare l’A.S.D. Ego Energy come Ente commerciale.
Il ricorso principale pertanto va accolto.
b) ricorso incidentale:
3. L’Agenzia delle Entrate propone con il ricorso incidentale due motivi.
Con il primo motivo del ricorso incidentale – Violazione dell’art. 112 c.p.c. ovvero e comunque del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, nullità della sentenza per omessa pronuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 – in quanto la CTR ha del tutto omesso di esaminare l’eccezione dell’Ufficio in merito all’inammissibilità delle doglianze proposte dalla contribuente per la prima volta in grado di appello.
Nel giudizio d’appello, l’Ufficio chiedeva la declaratoria di inammissibilità di ben cinque doglianze proposte dalla associazione contribuente in quanto non erano presenti nel ricorso introduttivo, più precisamente, la nullità dell’atto di accertamento per mancanza di valida motivazione, illegittimità del disconoscimento della qualifica di A.S.D. ad opera dell’Agenzia delle Entrate, spettanza della detrazione Iva assolta sui costi, illegittimità delle sanzioni e difetto di motivazione in ordine all’individuazione del signor C. quale autore della violazione.
Con un secondo motivo l’Agenzia delle Entrate deduce violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 55 e degli artt. 18 n. 1 lett. d) e 22 della direttiva del Consiglio CEE 77/388 come modificata dalla direttiva CEE 2000/17, in quanto è errata alla luce della normativa citata la parte della decisione che ha disposto lo scorporo dell’IVA dai ricavi ricostruiti. Quest’ultimo motivo va compreso nel precedente e risulta assorbito nello stesso.
Quanto dedotto con il ricorso incidentale è inammissibile ed il ricorso incidentale va rigettato.
La stessa sentenza impugnata dà atto di tale eccezione a pagina 4 rilevando che “L’Ufficio osserva infine che alcune doglianze risultano nuove”, elencando quelle sopra riportate, e, dopo aver valutato l’eccezione, subito dopo l’elencazione delle doglianze ” nuove”, la rigetta, in parte, con motivazione implicita rilevando che “L’appello va parzialmente accolto nei seguenti termini”.
Questa Corte ha escluso la configurabilità del vizio di omessa pronuncia quando, nonostante la mancanza di una specifica, espressa argomentazione su una o più tesi difensive o su un’ eccezione, la decisione adottata dal giudice risulti in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte e ne abbia comportato il rigetto o il suo assorbimento in altre statuizioni con le quali sia indissolubilmente avvinta ovvero quando “il rigetto della domanda sia implicito nella costruzione logico-giuridica con la quale venga accolta una tesi incompatibile con la domanda o il giudice abbia fondato la sua decisione su un argomento che totalmente prescinda dalla censura stessa o ne presupponga l’accoglimento o il rigetto” (testuale Cass. 21792/2014; vedi anche Cass. n. 11756/2006; 10052/2006).
“Il giudice non è infatti tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, risultando necessario e sufficiente, che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e diritto posti a fondamento della decisione, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo seguito” (così testuale Cass. 21792/2014; vedi anche Cass.15882/07).Va dunque esclusa la nullità della decisione per omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c., mentre esula dalla valutazione del motivo di ricorso come formulato, ex art. 360 c.p.c., n. 4), l’esame sulla intrinseca completezza ed adeguatezza della motivazione (Cass. SS. UU. 17931/13).
Sulla base delle considerazioni svolte, va accolto il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale; la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTR della Liguria che provvederà anche alla determinazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso principale, rigetta il primo motivo del ricorso incidentale,assorbito il secondo motivo dell’incidentale, cassa e rinvia alla CTR della Liguria, in diversa composizione, anche per le spese.
Così deciso in Roma, il 14 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019