Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.13778 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 21558-2015 proposto da:

ERG WIND 4 SRL in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA QUATTRO FONTANE 161, presso lo STUDIO LEGALE ASSOCIATO NCTM, rappresentato e difeso dagli avvocati MARIA SERPIERI, GIULIANO BERRUTI giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1438/2014 della COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di FOGGIA, depositata il 23/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/04/2019 dal Consigliere Dott. STALLA GIACOMO MARIA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE MATTEIS STANISLAO che ha concluso per raccoglimento del 7 e 8 motivo di ricorso, infondati i restanti;

udito per il ricorrente l’Avvocato SERPIERI che ha chiesto l’accoglimento.

FATTI RILEVANTI E RAGIONI DELLA DECISIONE p. 1. Erg Wind 4 srl propone otto motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 1438/27/14 del 23 giugno 2014, con la quale la commissione tributaria regionale, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimi gli avvisi di accertamento per rettifica di rendita catastale notificatile dall’agenzia del territorio. Ciò con riguardo a n. 55 impianti di aerogenerazione (comprensivi di fondazione, traliccio o torre, cabina, camminamento, rotore, navicella) da essa posseduti in vari Comuni della Provincia di Foggia, e già fatti oggetto di procedura Docfa per accatastamento in categoria D1 Opifici, con rendita proposta di Euro 5050,00 e rendita rettificata dall’ufficio, a seconda della potenza nominale, in Euro 7341,00 ed Euro 8060,99.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – l’appello incidentale proposto dalla società avverso la sentenza di primo grado, nella parte in cui aveva escluso il difetto di motivazione degli avvisi, era inammissibile perchè non proposto nel termine di 60 giorni dalla notificazione dell’appello principale; – in ogni caso, tale appello incidentale era infondato, dal momento che la rettifica scaturiva da procedura (Docfa) fortemente partecipata e che, inoltre, gli avvisi facevano riferimento a documenti di rilevanza estimativa (Prezziario pubblicizzato presso gli Ordini Professionali della Provincia e Nota sul tasso di fruttuosità attribuibile agli immobili di categoria D1) di generale conoscibilità; – gli avvisi in questione, ancorchè corredati da motivazione “a timbro”, davano conto dell’osservanza dei criteri di stima diretta ai sensi del R.D.L. n. 652 del 1939, del D.P.R. n. 1142 del 1949 e della Circolare M.F. n. 14 del 2007; l’esito di tale stima diretta era stato meglio illustrato in corso di causa con richiamo ad elementi di raffronto con analoghi impianti e fatture di imprese fornitrici di impianti di pari potenza; – la rendita indicata dalla società, basata sul costo di costruzione, non era attendibile perchè escludente parti di impianto che, per quanto meccanicamente separabili in quanto non infisse al suolo, costituivano tuttavia complemento funzionale essenziale dello stesso.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate (subentrata all’agenzia del territorio).

La società ha depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso Erg Wind lamenta – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 nullità della sentenza per travisamento dell’oggetto del giudizio. Per avere la commissione tributaria regionale menzionato solo 37 dei 55 impianti oggetto di altrettanti avvisi, tutti impugnati con tre distinti ricorsi poi riuniti in primo grado (restandone esclusi, in particolare, i 18 impianti in Comune di Motta Montecorvino).

p. 2.2 I motivo è destituito di fondamento, poichè non vi sono elementi per ritenere che la pronuncia della commissione tributaria regionale sia riferibile a soli 37 impianti di aerogenerazione, sui 55 complessivamente dedotti negli avvisi impugnati con ricorsi poi riuniti.

Ad escludere tale evenienza va considerato che: – la commissione tributaria regionale dà atto dell’oggetto del giudizio, espressamente riferendolo agli impianti posseduti dalla società nei Comuni non soltanto di Panni e Volturara (in n. complessivo di 37), ma anche di Motta Montecorvino (in n. di 18); – dalla motivazione della sentenza emerge la trattazione e la decisione di problematiche comuni a tutti indistintamente i 55 impianti, senza possibilità alcuna di attribuire agli impianti asseritamente pretermessi qualsivoglia specificità tecnica e giuridica (per vero non indicata nemmeno dalla società ricorrente) tale da determinare una diversa e dedicata presa di posizione su di essi da parte del giudice di merito e, al contempo, da fondare il convincimento che la CTR abbia davvero indirizzato la propria decisione non a tutti gli impianti globalmente considerati per identità di questioni, ma soltanto a taluni di essi; – lo stesso ragionamento seguito dal giudice regionale nell’accogliere l’appello principale dell’agenzia si basa su un convincimento di correttezza metodologica dell’operato estimativo dell’amministrazione valevole, in identici termini, sia per gli impianti con rendita valutata in Euro 7341, sia per quelli con rendita determinata in Euro 8060,99; – nel riformare la sentenza di primo grado senza operare distinguo alcuno, la sentenza della CTR mostra di aver preso univocamente ed integralmente a riferimento lo stesso oggetto della decisione della commissione tributaria provinciale, appunto riferito a tutti i 55 impianti dedotti negli originari ricorsi in opposizione.

In definitiva non vi è pertanto dubbio che la sentenza di appello vada, nella sua sostanza decisoria, riferita alla totalità di questi ultimi, non sussistendo incertezza alcuna sulla esatta e completa individuazione, in essa, di causa petendi e petitum. p. 3.1 Con il secondo e terzo motivo di ricorso la società lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 54,23 e 16, nonchè omesso esame di un dato processuale. Per avere la commissione tributaria regionale reputato inammissibile l’appello incidentale da essa proposto: – senza considerare che, per il destinatario, i 60 giorni di proposizione andavano fatti decorrere dalla ricezione della notifica dell’appello principale avversario, e non dalla data di richiesta della notificazione stessa; – senza dare conto, in concreto, delle date rilevanti ai fini del decorso del dies a quo e del dies ad quem.

p. 3.2 I due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche da essi poste – sono inammissibili.

Dalla sentenza in esame si evince come il richiamo alla inammissibilità dell’appello incidentale della società sia stata reso quale vero e proprio obiter. Là dove, la commissione tributaria regionale, da un lato, non circostanzia in alcun modo la propria valutazione di tardività con riguardo al decorso, nella specie, dei termini rilevanti D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 23 e art. 54 (effettivamente neppure indicati) e soprattutto, dall’altro, decide senz’altro nel merito l’appello incidentale, su di esso argomentando al fine di giungere ad un dispositivo che è stato appunto, sul piano tanto formale quanto sostanziale, di “rigetto” e non di inammissibilità.

Da qui l’ammissibilità – per contro – dei motivi di ricorso per cassazione che si affronteranno di seguito, proprio perchè validamente indirizzati contro la decisione presa dalla commissione tributaria regionale sul merito dell’appello incidentale.

p. 4.1 Con il quarto ed il quinto motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione della L. 212 del 2000, art. 7,L. n. 241 del 1990, art. 3 e art. 24 Cost., nonchè art. 2697 c.c.. Per avere la commissione tributaria regionale ritenuto congruamente motivati gli avvisi in oggetto (allegati al ricorso per cassazione), nonostante che essi facessero riferimento soltanto ad un non meglio identificato “Prezziario 70797/SGBD” e ad una “Nota di fruttuosità 2% n. 1365 GBD”: – non allegati nè altrimenti reperibili; inidonei a dare conto della stima diretta in base al criterio, non comparativo, ma di costo di costruzione al nuovo con coefficiente di abbattimento per vetustà, come stabilito dal R.D.L. n. 1149 del 1942, art. 28.

p. 4.2 I due motivi sono infondati.

La commissione tributaria regionale ha correttamente affermato che l’obbligo di allegazione di atti richiamati in avviso per relationem (L. n. 212 del 2000, art. 7) è limitato agli atti che non siano conosciuti o altrimenti conoscibili dal contribuente; esso, per contro, non vale per gli atti assistiti da pubblicità legale, ovvero da ritenersi generalmente conosciuti o agevolmente conoscibili dal contribuente.

Nella concretezza del caso, il giudice di merito ha rilevato che il “prezziario” posto a base della stima era stato univocamente individuato per sigla, e che si trattava di atto agevolmente conoscibile, perchè “pubblicizzato presso gli ordini professionali di questa provincia”.

Considerazioni analoghe debbono valere per la “Nota” recante il tasso di fruttuosità, trattandosi di atto di rilevazione ufficiale ed uniforme, in applicazione di quanto previsto dal D.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, art. 29 (Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio urbano).

Nè varrebbe obiettare, con la società, che tali documenti richiamati per relationem non erano in grado di dimostrare la fondatezza della valutazione operata negli avvisi dall’amministrazione; dal momento che questo profilo non attiene alla “motivazione” dell’atto impositivo, ma al diverso profilo della “prova” dei presupposti della maggior rendita attribuita, così come fatti oggetto di deduzione e valutazione in corso di giudizio.

In ogni caso, soccorre in proposito il costante orientamento di legittimità, secondo cui (da ultimo, tra le tante, Cass. ord. 31809/18): “In tema di classamento di immobili, qualora l’attribuzione della rendita catastale avvenga a seguito della cd. procedura DOCFA, l’obbligo di motivazione del relativo avviso è soddisfatto con la mera indicazione dei dati oggettivi e della classe attribuita, quando gli elementi di fatto indicati dal contribuente non siano disattesi dall’Ufficio e l’eventuale differenza tra la rendita proposta e quella attribuita derivi da una diversa valutazione tecnica riguardante il valore economico dei beni, mentre, nel caso in cui vi sia una diversa valutazione degli elementi di fatto, la motivazione deve essere più approfondita e specificare le differenze riscontrate sia per consentire il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente e sia per delimitare l’oggetto dell’eventuale contenzioso”.

Nel caso in esame, è la stessa società ricorrente ad evidenziare come la divergenza di stima non sia dipesa dalla contestazione, da parte dell’ufficio, di elementi di fatto concernenti la tipologia e composizione di ciascun impianto, quanto da una diversa valutazione economica (a sua volta discendente da una diversa metodologia estimativa) dei medesimi convergenti elementi di fatto.

p. 5.1 Con il sesto motivo di ricorso si lamenta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992. Per avere la commissione tributaria regionale ammesso l’amministrazione a formulare e produrre in appello nuove deduzioni e nuove produzioni (esemplificativamente indicate), ad inammissibile integrazione della motivazione mancante negli avvisi.

p. 5.2 Il motivo non può trovare accoglimento, risultando finanche inammissibile perchè del tutto generico nella necessaria indicazione delle domande e dei documenti ai quali la commissione tributaria regionale avrebbe dato ingresso in violazione del divieto di novità di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 58. La natura prettamente processuale della doglianza non esimeva la ricorrente dall’onere di fornire specificazione puntuale e circostanziata (e non meramente discorsiva o “esemplificativa”) delle singole violazioni addebitate al giudice regionale; così da porre questa corte in condizione di verificarle, mediante accesso agli atti del giudizio di merito, con l’immediatezza e la concentrazione proprie del rito di legittimità.

Si è in proposito più volte affermato (tra le tante, Cass. ord. 22880/17) che: “L’esercizio del potere di diretto esame degli atti del giudizio di merito, riconosciuto al giudice di legittimità ove sia denunciato un “error in procedendo”, presuppone comunque l’ammissibilità del motivo di censura, onde il ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare (a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto della critica mossa alla sentenza impugnata, indicando anche specificamente i fatti processuali alla base dell’errore denunciato, e tale specificazione deve essere contenuta nello stesso ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza di esso (…)”.

Va d’altra parte considerato come la carenza della doglianza, così rilevabile, non sia priva di un pregiudizio di natura sostanziale, in quanto inidonea a consentire di verificare – proprio in applicazione degli artt. 57-58 citato e dell’articolazione di regime da essi prevista – i margini di possibile superamento del divieto di novità in appello; così quanto alle produzioni documentali (ammissibili nel rito tributario, ex art. 58, comma 2), ed alla formulazione di argomentazioni difensive non aventi natura di eccezioni in senso stretto (pur esse ammissibili).

p. 6.1 Con il settimo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) violazione o falsa applicazione dell’art. 28 R.D.L. n. 1142 del 1949, R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10, nonchè della Circolare M.F. n. 1 del 2007 e Circolare M.F. n. 6 del 2012. Disposizioni in base alle quali la stima diretta degli immobili di destinazione speciale (cat. D1) doveva avvenire con metodo non comparativo (poco significativo, in relazione all’esiguità del campione di riferimento ed alla peculiarità dei singoli impianti), ma di costo di ricostruzione a nuovo ed abbattimento per vetustà (in base al ciclo di vita media dell’impianto).

Con l’ottavo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – violazione o falsa applicazione del R.D.L. n. 1142 del 1949, art. 28 sotto il profilo che il divario tra rendita proposta e rendita attribuita non derivava dall’esclusione di talune componenti impiantistiche (invece considerate dalla società), bensì dalla mancata necessaria applicazione, da parte dell’agenzia, del coefficiente di abbattimento correttivo per vetustà.

p. 6.2 Questi due motivi di ricorso – suscettibili di trattazione unitaria per la stretta connessione delle questioni giuridiche da essi poste – sono fondati nei termini che seguono.

Va premesso che correttamente la commissione tributaria regionale ha individuato l’oggetto della stima finalizzata all’attribuzione di rendita nell’insieme dei beni costituenti l’aerogeneratore; comprensivo non soltanto delle componenti prettamente immobiliari o infisse al suolo, ma anche di quelle componenti di per sè amovibili ma non separabili senza pregiudizio alla funzione precipua di generazione energetica. Così facendo il giudice di merito – chiamato a decidere una controversia assoggettata al regime previgente all’introduzione della L. n. 208 del 2015 – ha esattamente valorizzato il parametro dell’unitarietà e complessità funzionale dell’impianto eolico, siccome composto da beni ed impianti (torre, navicella, rotore, pale, cabina elettrica, spazi di manovra e servizio ecc…) di eterogenea natura quanto ad infissione al su, principalità ed accessorietà, funzione di produzione diretta e dinamica dell’energia ovvero di mero sostegno o supporto, e tuttavia unitariamente coordinati e finalizzati.

Nel fare ciò, il giudice di merito si è associato all’indirizzo di legittimità (Cass. 3500/15, ma anche Cass. n. 23317/11, 7372/11, 13319/06, 21730/04 ed altre) che, richiamando in proposito analoghi principi già affermati con riguardo alle centrali idroelettriche ed alle relative turbine (nei termini di cui in Corte Cost. n. 162 del 2008), ha stabilito: – per un verso, la rilevanza ai fini della rendita della connessione strutturale e funzionale intercorrente tra parte immobiliare e parte impiantistica, come anche desumibile dal D.L. n. 44 del 2005, art. 1 quinquies conv.in L. n. 88 del 2005; così da valorizzare il fatto che anche gli elementi impiantistici non infissi, tra i quali vanno individuate anche le pale eoliche, “si configurano come elementi essenziali della centrale, incorporati alla stessa e non separabili senza una sostanziale alterazione del bene complesso” (Cass. 3500/15); – per altro verso, la corretta iscrivibilità di tali beni nella categoria, non E, bensì di destinazione speciale “D1 Opifici” assoggettata a valutazione di rendita mediante “stima diretta” ex artt. 28 e s.s. del citato Regolamento Catastale.

Merita ancora richiamare, tra le altre, Cass. 4028/12, secondo cui: “I parchi eolici, in quanto costituiscono centrali elettriche, rispetto alle quali il sistema normativo non offre indicazioni che ne giustifichino un trattamento differenziato, sono accatastabili nella categoria “D/1-Opificio” e le pale eoliche debbono essere computate ai fini della determinazione della rendita, come lo sono le turbine di una centrale idroelettrica, poichè anch’esse costituiscono una componente strutturale ed essenziale della centrale stessa, sicchè questa senza quelle non potrebbe più essere qualificata tale, restando diminuita nella sua funzione complessiva ed unitaria ed incompleta nella sua struttura”.

p. 6.3 Ciò premesso (onnicomprensività dei componenti costituenti l’impianto complesso e sua iscrivibilità catastale in categoria D1), si rileva come il giudice regionale abbia invece errato nell’affermare la correttezza della rendita rettificata sulla base di un criterio essenzialmente comparativo, in quanto fondato: – su “elementi di confronto riguardanti analoghi impianti”; – su “fatture delle ditte fornitrici di impianti di potenza pari a quella in esame”.

E’ sulla base di questi elementi che il giudice di merito ha ritenuto di dover “porre nel nulla” la rendita proposta dalla società, in quanto “clamorosamente” smentita dai fatti e non sostenibile alla luce della “pseudo-perizia” allegata.

Non risulta che la commissione tributaria regionale – per contro – abbia esaminato la congruità della rendita rettificata alla luce del diverso criterio applicabile nella specie, il che ha in effetti concretato la denunciata violazione di legge.

Secondo il R.D.L. n. 652 del 1939, art. 10 conv. L. n. 1249 del 1939: “La rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui alla L. 8 giugno 1936, n. 1231, art. 28, costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità. Egualmente si procede per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari che non sono raggruppabili in categorie e classi, per la singolarità delle loro caratteristiche”.

La stessa amministrazione finanziaria, con le menzionate, Circolare M.F. n. 14 del 2007 e Circolare M.F. n. 6 del 2012, aveva stabilito i criteri di determinazione della rendita catastale nell’ipotesi di stima diretta di beni sostanzialmente privi, per intrinseca peculiarità e funzione, sia di un “mercato” di compravendita, sia di un mercato di locazione e messa a reddito sussumibili a riferimento comparativo.

Si osservava, in particolare, nella Circolare M.F. n. 6 del 2012: “Si precisa, innanzitutto, che con la locuzione “stima diretta” si intende la stima effettuata in maniera puntuale sugli immobili a destinazione speciale o particolare, per i quali, proprio in relazione alla peculiarità delle relative caratteristiche, non risulta possibile fare riferimento al sistema delle tariffe. In tale contesto, la rendita catastale può essere determinata con “procedimento diretto” o con “procedimento indiretto”. Il procedimento diretto è quello delineato dagli artt. 15 e s.s. del Regolamento, ove si stabilisce che la rendita catastale si ottiene dal reddito lordo ordinariamente ritraibile, detraendo le spese e le eventuali perdite. Il reddito lordo ordinario è il canone di locazione, fatte salve le eventuali aggiunte e detrazioni di cui agli artt. 16 e 17 (tra le prime, le spese di manutenzione ordinaria sostenute dal locatario anzichè dal proprietario; tra le seconde, alcune spese condominiali sostenute dal proprietario anzichè dal locatario). Il procedimento indiretto è, invece, quello previsto dagli artt. 27 e s.s. del Regolamento, nei quali si precisa che il reddito ordinario può essere calcolato a partire dal valore del capitale fondiario, identificabile nel valore di mercato dell’immobile (se esiste un mercato delle compravendite), ovvero nel valore di costo di ricostruzione, tenendo conto, in quest’ultimo caso, di un adeguato “coefficiente di riduzione in rapporto allo stato attuale delle unità immobiliari” (deprezzamento)”.

Sul punto sono intervenute diverse pronunce di questa corte di legittimità, le quali hanno osservato come i criteri di prassi siano stati successivamente meglio specificati (negli “indirizzi operativi” allegati alla nota AE – Direzione Catasto prot. n. 0050557 del 14 marzo 2017), nel senso che: “In tema di determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari destinate a centrali eoliche realizzate in epoca antecedente al 1 gennaio 2016, deve essere utilizzato il costo medio infracensuario, dovendo poi i costi di ricostruzione, come determinati, delle diverse strutture, impianti fissi e sistemazioni esterne, essere ricondotto all’epoca censuaria delle stime catastali (biennio 1988-89) mediante l’indice FOI pubblicato dall’ISTAT, attesa l’assenza di ulteriori indici dei prezzi specifici per tale tipologia di opere” (così Cass. ord. nn. 888/18; 1476/18).

Ebbene, non consta che il giudice di merito abbia fatto corretta applicazione – nel vaglio di conformità della stima diretta proposta dall’ufficio – della normativa qui rilevante, incentrata sul costo di ricostruzione rettificato.

Tale lacuna appare tanto più rilevante in considerazione del fatto che la società aveva imputato la differenza tra rendita proposta in procedura Docfa e rendita assegnata in avviso, non già (il che sarebbe stato, per le indicate ragioni, effettivamente erroneo) alla esclusione di determinate componenti impiantistiche (pale eoliche), bensì proprio all’applicazione – agli stessi cespiti – di un diverso criterio valutativo.

p. 7. Ne segue, in definitiva, la cassazione della sentenza in accoglimento del settimo ed ottavo motivo di ricorso, con rinvio per nuova valutazione alla commissione tributaria regionale della Puglia la quale, in diversa composizione, deciderà anche delle spese del presente procedimento.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il settimo ed ottavo motivo di ricorso, respinti gli altri;

– cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Puglia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 2 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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