Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.13782 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5996-2013 proposto da:

P.M., con domicilio eletto in ROMA PIAZZA CAVOUR presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa da MICHELE SPERANZA, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 453/2011 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI, depositata il 28/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2019 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI, che ha concluso per il rigetto;

udito per il ricorrente l’Avvocato SPERANZA che ha chiesto l’accoglimento.

FATTI DI CAUSA

La presente controversia ha per oggetto l’impugnazione proposta da Mena Pezzullo, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, avverso l’avviso di accertamento catastale n. *****, emesso dall’Agenzia del Territorio a seguito di richiesta di variazione per diversa distribuzione degli spazi interni, relativamente ad unità immobiliare (Sez. *****, fol. *****, p.lla *****, sub *****), sita in Napoli, a cui l’Ufficio aveva attribuito la categoria A/1, anzichè quella A/2, così confermando quanto già disposto con l’accertamento n. *****, oggetto di altra impugnazione, a seguito della richiesta di frazionamento, mediante DOCFA del 7/2/2007, relativamente ad immobile, in origine catastalmente unitario di vani 12,5, suddiviso in tre cespiti distinti (Sez. *****, fol. *****, p.lla *****, sub *****, ***** e *****), eccependo la contribuente la ridotta dimensione di detto cespite e la carenza dei requisiti per l’attribuzione della superiore categoria catastale.

Il ricorso veniva accolto dalla suddetta Commissione Provinciale, con decisione riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania che, con sentenza n. 453/17/11, depositata il 28/12/2011, accogliendo l’appello erariale rilevava, tra l’altro, che l’accertamento era stato effettuato secondo le norme che regolano le operazioni dell’estimo catastale, fondate su metodologie comparative, e che dall’elenco degli immobili esibito dall’Ufficio risultava che le unità immobiliari di cui al foglio CHI 16, nel quale è collocata quella oggetto di causa, ubicate nello stesso fabbricato o in quelli vicini della stessa zona, certamente di pregio, sono tutte censite in categoria A/1, classe 2, che l’immobile frazionato risultava già classato (con variazione del 25/10/2006) in categoria A/1, classe 2, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3,comma 58, ed infine che la revisione delle rendite catastali urbane non richiede alcun sopralluogo nè è condizionata da contraddittorio endoprocedimentale.

Avverso la suddetta sentenza la contribuente ha proposto ricorso, innanzi a questa Corte, sulla base di tre motivi, illustrati con memoria, mentre l’intimata Agenzia delle Entrate, incorporante l’Agenzia del Territorio, non ha svolto attività difensiva.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, D.L. n. 70 del 1998, art. 11, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere il giudice di appello ritenuto accertati i requisiti previsti per il classamento dei fabbricati urbani, prescindendo dalle caratteristiche della singola unità immobiliare, e valorizzando la variazione di classamento del 25/10/2006, da categoria A/2, classe 4, a categoria A/1, classe 2, non già in conseguenza del mutamento delle caratteristiche tipologiche e costruttive o di interventi edilizi, ma di una iniziativa illegittimamente adottata dalla stessa Agenzia del Territorio, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58.

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere il giudice di appello trascurato la circostanza, risultante dalla visura storica dell’immobile frazionato, che la variazione di classamento del 25/10/2006, regolata dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, non era stata notificata alla contribuente e, quindi, non poteva essere portata a supporto della affermata legittimità dell’atto impugnato, in quanto giuridicamente inesistente e comunque inefficace.

Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, riferibile alle operazioni catastali c.d. individuali, per non avere il giudice di appello considerato che l’Agenzia del Territorio aveva sottoposto a rettifica 57.000 unità immobiliari site in alcune zone della città di Napoli, sulla base di una disposizione non applicabile nel caso di revisione di massa delle rendite catastali dei fabbricati urbani, essendo all’uopo prevista una complessa procedura, ad opera dei comuni e dei competenti uffici del territorio, giusta quanto disposto dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335, L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 154, e dal D.P.R. n. 138 del 1998, al fine di garantire congruità ed equità dei valori in tal modo determinati.

I suesposti motivi, strettamente connessi, appaiono rivolti a contrastare la impugnata decisione, sotto il duplice profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, in quanto la contribuente assume di avere inutilmente dedotto, nel giudizio di merito, l’assenza delle “caratteristiche intrinseche ed estrinseche” per l’attribuzione della categoria A/1 agli immobili risultanti dal frazionamento, ai sensi del D.P.R. n. 1142 del 1949, art. 61, ed il mancato rispetto delle regole che disciplinano le operazioni di revisione della classificazione catastale degli immobili, regolata dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, (e, ricorrendone i presupposti – ripartizione del territorio comunale in microzone – dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 334.

Secondo parte ricorrente la CTR avrebbe considerato sufficiente, per un verso, l’omogeneità dei cespiti rispetto alle altre unità immobiliari di cui al foglio *****, tutte censite in categoria A/1, classe 2 e, per altro verso, la variazione di classamento intervenuta nell’ottobre 2006, a seguito della quale l’originario immobile (di vani 12,5) già era stato sussunto nella categoria delle abitazioni di tipo signorile, ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, in sede di revisione delle rendite catastali urbane, senza “visita sopraluogo” dell’Ufficio, nè contraddittorio endoprocedimentale, escludendo qualsiasi rilievo alla lamentata mancanza di notifica della variazione di classamento del 25/10/2006 ed ai dedotti elementi negativi del fabbricato, pure evidenziati nella relazione tecnica prodotta dalla contribuente.

Le censure meritano accoglimento nei limiti e per le ragioni di seguito esposte.

L’atto di attribuzione del classamento catastale ha natura di atto di giudizio o di valutazione e comporta un apprezzamento di valore dell’immobile alla luce della situazione esistente alla data di presentazione della domanda di accatastamento che, nella specie, è “la richiesta di variazione 34318.1/2007 per diversa distribuzione degli spazi interni” relativa al sub *****, ovvero una delle tre unità immobiliari derivate da precedente frazionamento (DOCFA n. 6556 del 27/2/2007).

L’Agenzia del Territorio ha ritenuto la concreta sussistenza dei caratteri costruttivi e tipologici propri delle abitazioni di tipo signorile, avuto anche riguardo alla capacità reddituale dell’immobile in tutto assimilabile a quella degli immobili ricadenti nella stessa zona ed aventi analoghe caratteristiche, apprezzamento condiviso dalla sentenza impugnata, trattandosi di accertamento eseguito, per quanto riportato in sentenza, “secondo le norme che regolano le operazioni dell’estimo catastale, fondate su metodologie comparative”, e “prescindendo, quindi, da eventuali elementi negativi del fabbricato, come quelli evidenziati nella relazione tecnica prodotta dalla Contribuente”.

Secondo un condivisibile principio affermato da questa Corte, “Ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.” (Cass. n. 9113/2012). Orbene, tale vizio ricorre nella sentenza impugnata (pubblicata ante 11 settembre 2012) la quale, nel valutare la correttezza dell’attribuito classamento catastale, utilizza una formula motivazionale alquanto generica, incentra la decisione sul criterio comparativo e sulla intervenuta revisione catastale del 2006, disattende apoditticamente le deduzioni formulate dalla contribuente sulla sussistenza di elementi negativi che caratterizzano il fabbricato e sulla regolarità della procedura regolata dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58, (“Gli uffici tributari dei comuni partecipano alla ordinaria attività di accertamento fiscale in collaborazione con le strutture dell’amministrazione finanziaria. Partecipano altresì all’elaborazione dei dati fiscali risultanti da operazioni di verifica. Il comune chiede all’Ufficio tecnico erariale la classificazione di immobili il cui classamento risulti non aggiornato ovvero palesemente non congruo rispetto a fabbricati similari e aventi medesime caratteristiche. L’Ufficio tecnico erariale procede prioritariamente alle operazioni di verifica degli immobili segnalati dal comune”), con riguardo, segnatamente, alla notificazione dei provvedimenti di rilassamento ai proprietari degli immobili oggetto dell’attività di revisione.

E’ appena il caso di ricordare che, secondo quanto affermato da questa Corte, “La revisione delle rendite catastali urbane, (regolata dalla L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 58 e, ricorrendone i presupposti – ripartizione del territorio comunale in microzone, dalla L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 335) in assenza di variazioni edilizie, non richiede la previa “visita sopralluogo” dell’ufficio non essendo condizionata, ad alcun preventivo contraddittorio endoprocedimentale.” (Cass. 22313/2010; 21923/2012; 9629/2012; 23247/2014).

Ciò non di meno la sentenza impugnata appare censurabile proprio perchè trascura completamente di considerare, anche per escluderne la concludenza, le doglianze formulate dalla contribuente in merito alla dedotta violazione del diritto di difesa rispetto alla possibilità di contrastare il precedente classamento adottato d’ufficio – in tesi non notificato – per l’unità immobiliare frazionata, in ragione della ritenuta manifesta incongruenza tra il precedente classamento dell’unità immobiliare medesima ed il classamento di fabbricati similari aventi caratteristiche analoghe.

Quanto, poi, al preteso effetto preclusivo del giudicato (cfr. sentenza n. 273/2011 della CTR della Campania, depositata il 26/972011, versata in atti) che si sarebbe formato in relazione ad altra porzione immobiliare posta nel medesimo fabbricato, cui è stata attribuita la categoria A/2, giammai dalla richiamata sentenza del giudice tributario potrebbe farsi discendere sic et simpliciter la correttezza della rendita invocata dalla contribuente nel ricorso introduttivo del presente giudizio, trattandosi di al più di elemento valutabile ai fini della decisione nel merito della controversia.

La sentenza impugnata va, in conclusione cassata, con rinvio alla medesima CTR la quale, in diversa composizione, provvederà a colmare l’evidenziato deficit motivazionale nonchè alla liquidazione delle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei limiti di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Campania, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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