Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.13785 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. BILLI Stefania – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20522-2017 proposto da:

IBI IDROBIOIMPIANTI SPA, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PANAMA 68, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PUOTI, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine;

– ricorrente –

contro

REGIONE CAMPANIA, in persona del Presidente pro tempore della Giunta, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA POLI, 29, presso lo studio dell’avvocato MARIA LAURA CONSOLAZIO, che lo rappresenta e difende, giusta procura a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1370/2017 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI, depositata il 17/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 04/04/2019 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE GIOVANNI, che ha concluso per il rigetto;

udito per il ricorrente l’Avvocato LOMONACO per delega dell’Avvocato PUOTI che si riporta;

udito per il controricorrente l’Avvocato DI LASCIO per delega dell’Avvocato CONSOLAZIO che si riporta.

FATTI DI CAUSA

La Regione Campania, a seguito di verifica della G. di F., e sulla scorta del p.v.c. in data 20/1/2012, accertava, nei confronti della IBI Idrobioimpianti s.p.a. (per brevità IBI), per l’anno 2010, l’omessa dichiarazione annuale e l’omesso pagamento del tributo speciale per il deposito in discarica di rifiuti, istituito con L. n. 549 del 1995, pretesa tributaria, anche per sanzioni ed interessi, sostenuta dal rilievo che fosse la predetta società il soggetto gestore della discarica sita nel Comune di Chiaiano (NA). Contro l’avviso di accertamento insorgeva la contribuente, e l’adita Commissione tributaria provinciale di Napoli rigettava il ricorso, con sentenza confermata dalla Commissione tributaria regionale della Campania che, sulla base del contratto di concessione intercorso, in data 22/10/2010, con S.A.P.NA s.p.a., società a totale partecipazione pubblica costituita dalla Provincia di Napoli, per la gestione della discarica, individuava nella concessionaria il soggetto passivo del tributo speciale e, conseguentemente, riteneva dovuti dall’allora appellante anche sanzioni ed interessi. La sentenza n. 1370/39/2017, depositata il giorno 17/2/2017, è stata impugnata per cassazione dalla società IBI, con sei motivi, ai quali resiste con controricorso la intimata Regione Campania.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 163 del 2006, art. 3, comma 12, art. 30, (Codice dei contrati pubblici), nonchè della L. n. 549 del 1995, art. 3,comma 26, L. n. n. 16 del 2010, art. 9, illegittima qualificazione come concessione del contratto di appalto di servizi all’interno della discarica di Chiaiano, illegittima individuazione del soggetto passivo del tributo speciale, giacchè la CTR ha falsamente applicato le richiamate disposizioni, atteso che il contratto in questione prevedeva una remunerazione complessiva a carico della amministrazione che conservava il potere di pretendere il pagamento, da parte degli utenti, del prezzo del servizio di smaltimento, comprensivo del tributo speciale.

Con il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 26, e dell’art. 117 Cost., quanto alla ordinanza n. 0015707, in data 8/10/2008, della Presidenza del Consiglio dei Ministri e della convenzione, in data 22/10/2010, con S.A.P.NA s.p.a., giacchè la CTR ha erroneamente ritenuto individuare nei detti atti le fonti giuridiche del presupposto soggettivo del tributo speciale, nonostante la riserva di legge in materia tributaria.

Con il terzo motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 26, e s.s., giacchè la CTR non ha considerato, e non si è quindi pronunciata sul punto, l’inesigibilità del tributo speciale, per l’annualità 2009, in difetto della legge regionale attuativa, emanata soltanto il 7/12/2010.

Con il quarto motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., motivazione apparente, giacchè la CTR ha qualificato allo stesso modo anche il rapporto intercorso, nel 2009, con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, titolare all’epoca della discarica, laddove la convenzione era stata stipulata dalla società IBI solo successivamente, nel 2010, e con altra controparte, la S.A.P.NA s.p.a., senza spigare le ragioni della decisione.

Con il quinto motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., per non avere la CTR rilevato l’effetto preclusivo del giudicato, avuto riguardo alla sentenza n. 6909/48/14, depositata il 14/7/2014, avente ad oggetto l’accertamento IVA sul tributo speciale, per l’anno 2009, con cui era stata esclusa la soggettività passiva della società contribuente, ritenuta mera appaltatrice.

Con il sesto motivo deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 2, giacchè la CTR ha escluso la ricorrenza dei presupposti per la disapplicazione delle sanzioni, domanda subordinata della contribuente, nonostante la situazione di oggettiva incertezza in ordine alla individuazione del soggetto passivo del tributo speciale, non avendo considerato la circostanza che la relativa disciplina è intervenuta solo successivamente, con la legge regionale del 7/12/2010.

Va escluso, preliminarmente, il dedotto profilo di inammissibilità del ricorso per c.d. doppia conforme (art. 348 ter c.p.c.), in quanto non è in discussione il vizio di motivazione della sentenza impugnata – che ha confermato la decisione di primo grado – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

La ricorrente, con le prime due censure, si duole della decisione del giudice di appello, basata sulla affermazione che, in data 10/8/2010, era stato concluso tra la società IBI ed Irpinia Ambiente s.p.a., “un contratto di concessione (…) avente ad oggetto art. 2 – “l’esercizio della discarica, la costruzione, comprensiva della direzione dei lavori, e gestione delle opere secondo le modalità previste dal Piano gestione operativa – P.G.O. – oltre alle attività di chiusura una volta raggiunti i profili contemplati nel relativo progetto…””, nonchè – art. 5 – l’impegno della concessionaria “a gestire la discarica in conformità con quanto stabilito dall’AIA e dal P.G.O.”, nonchè – art. 23 – l’assunzione, con clausola di manleva, da parte della concessionaria medesima, “di ogni responsabilità organizzativa, tecnica ed economica e di ogni altra natura inerente l’esecuzione e la gestione delle attività e delle funzioni oggetto della concessione”, laddove si sarebbe dovuta escludere l’assimilabilità della convenzione ai contratti di concessione di cui al D.L. n. 163 del 2006 e qualificare il contratto come appalto misto di lavori e servizi, restando conseguentemente in capo alla società appositamente costituita dalla Provincia di Avellino la competenza per la gestione del ciclo integrato dei rifiuti, la correlata assunzione dei rischi economici della gestione medesima, e la remunerazione dell’appaltatrice per l’attività svolta, che non poteva pretendere alcun prezzo dagli utenti per il servizio prestato.

La decisione impugnata appare corretta e le censure vanno disattese per le ragioni di seguito esposte.

Occorre premettere, come già evidenziato da questa Corte (Cass. n. 26196/2018), che la finalità della tassa speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi (c.d. Ecotassa), istituita con la L. n. 549 del 1995, è di natura espressamente ambientale, stante l’esigenza di ridurre la produzione di rifiuti, di incentivare il recupero di energia, o di altre materie prime, dai rifiuti stessi, di finanziare le opere di bonifica dei siti contaminati, o le opere di recupero delle aree degradate, come è reso palese dalla relazione causale diretta che intercorre tra l’unità fisica impiegata per la commisurazione dell’imposta, ed il danno cagionato all’ambiente.

E’, infatti, sulla base della qualità e quantità di rifiuti depositati in discarica che il soggetto passivo del tributo, ovvero il gestore dell’attività di stoccaggio definitivo dei rifiuti (L. n. 546 del 1995, art. 3, comma 26), è tenuto al versamento di un ammontare ragguagliato al danno cagionato all’intera collettività, ed ai costi che devono essere sostenuti per ripararlo.

Se, dunque, la finalità è quella di disincentivare la produzione dei rifiuti, e viceversa di incentivare l’utilizzo virtuoso e alternativo di essi, nonchè l’impiego del gettito per opere di tutela e protezione ambientale, appare del tutto coerente l’applicazione del tributo a chi ha cagionato il danno.

Il presupposto d’imposta, infatti, è rappresentato dal conferimento, cioè dal deposito in discarica dei rifiuti solidi compresi i fanghi palabili, cioè i fanghi di consistenza nè liquida, nè solida, derivanti da attività di bonifica e smaltimento, ed il soggetto passivo tenuto a versare l’imposta è, per legge, il gestore dell’impianto di stoccaggio definitivo, con obbligo di rivalsa nei confronti del soggetto che ha effettuato il conferimento in discarica.

In adempimento del principio “chi inquina paga”, il soggetto obbligato al versamento dell’imposta è il gestore, e, per una maggiore efficienza tributaria, l’imposta viene calcolata sui rifiuti conferiti, dal medesimo obbligatoriamente registrati, anche se il gestore non è il soggetto che ha messo in atto il comportamento dannoso della produzione di rifiuti.

Orbene, con la conclusione del contratto tra gestore ed amministrazione pubblica il gestore della discarica è obbligato ad adempiere al pagamento del tributo, secondo i termini e le modalità previste dalla legge (statale/regionale), anche se i relativi costi saranno poi riversati sui soggetti che hanno conferito i rifiuti e, appunto, sulle amministrazioni locali, tenute alla razionale organizzazione e gestione del servizio di raccolta dei rifiuti medesimi, sicchè non ha pregio indicare fonti giuridiche diverse del presupposto soggettivo dell’ecotassa.

Sul gestore, dunque, oltre alla responsabilità del tempestivo versamento dell’imposta, con le modalità previste dalla legge regionale, gravano importanti obblighi strumentali, come quello relativo alla redazione della dichiarazione dei conferimenti che sono stati effettuati nella discarica, che peraltro consente la concreta quantificazione del tributo speciale.

Questa Corte (Cass. n. 19311/2011) ha osservato che “l’ordinamento conosce anche casi nei quali non c’è coincidenza tra colui che realizza il presupposto di fatto del tributo e il soggetto passivo dell’obbligazione tributaria”, ed in tale “categoria di ipotesi (…) rientra anche la situazione del gestore di discarica rispetto all’obbligo di pagamento dell’ecotassa, così che nessuna anomalia può cogliersi nella previsione normativa della L. n. 549 del 1995, art. 3, che ha individuato nel gestore della discarica il soggetto passivo del tributo speciale, prevedendo però, sotto il profilo economico, la successiva traslazione del tributo sull’utilizzatore della discarica, attraverso la previsione del diritto di rivalsa, con i I risultato che è sul secondo soggetto che il tributo è destinato effettivamente ad incidere.”.

La sentenza della CTR, facendo applicazione di tali principi, ha correttamente individuato il soggetto passivo dell’imposta nella società IBI, quale titolare della gestione economica della discarica ubicata nel territorio del Comune di Chiaiano, all’esito di un accertamento – in fatto – compiuto dal giudice di merito, sulla scorta della interpretazione delle clausole convenzionali innanzi ricordate, secondo le quali l’odierna ricorrente non ricopriva il ruolo – tecnico – di mera impresa appaltatrice dell’attività materiale di stoccaggio dei rifiuti, cioè di soggetto operante in un settore specifico della discarica in forza di rapporto contrattuale con il titolare della stessa, beneficiario delle relative prestazioni, ricorrendo un diverso e più complesso schema negoziale, coinvolgente gli utenti del servizio pubblico correlato, riconducibile allo schema della concessione, che si ravvisa, appunto, quando oggetto del rapporto, oltre alla esecuzione, è la gestione funzionale ed economica delle opere, costituenti, nella specie, il sito di smaltimento dei rifiuti, caratteristiche presenti anche in un appalto pubblico, ad eccezione del fatto che il corrispettivo dei lavori consiste unicamente nel diritto di gestire l’opera o in tale diritto accompagnato da un prezzo (art. 143 Codice dei contratti pubblici).

E la gestione, che non è mera utilizzazione dell’opera, si differenzia per l’attività d’impresa del gestore, la quale comporta l’assunzione dei relativi rischi, organizzativi nonchè economici, e può consistere nella effettuazione di prestazioni a terzi, ovvero nella erogazione di servizi pubblici agli utenti; la gestione funzionale ed organizzativa dell’opera costituisce “la prestazione principale a favore del concessionario (Cass. n. 19319/2012, n. 28804/2011).

Siffatta qualificazione del rapporto intercorso tra le due società appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte (Cass. nn. 24094 e 24095/2014), che afferma essere sintomatico “di un affidamento di attività economica in concessione (…) il dato concernente il tipo di remunerazione del soggetto gestore”, e trova conferma, per quanto argomentato dal giudice di appello, proprio nella “fissazione di un compenso omnicomprensivo corrispondente alla tariffa individuata nel piano economico-finanziario facente parte del P.G.O.”, destinato a compensare l’attività svolta dalla società IBI, essendo nel predetto piano economico-finanziario “individuato anche il tributo in esame”, il relativo ammontare, determinato per legge e non negoziabile tra le parti contraenti, conseguentemente non inserito nel corrispettivo posto a base d’asta per l’affidamento della concessione e nella relativa offerta tecnico-economica, trattandosi di dato “di natura neutrale per il gestore della discarica che è tenuto a versarlo alla Regione con obbligo di rivalsa nei confronti dei conferitori”, sui quali grava in definitiva il costo del servizio di smaltimento.

Va, altresì, disattesa la terza censura in quanto palesemente infondata alla luce della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 30711/2011, n. 25515/2016) secondo cui, ” in disparte il requisito di esigibilità, (…) per le Regioni a statuto ordinario (Cass. n. 2812/2009 e n. 14815/2010) e a statuto speciale (Cass. n. 9865 del 2011) (…) il presupposto impositivo di un tributo può ben sussistere in base alla sola legge statale (Cass. n. 17245 del 2013, cit.) e, nella specie, il presupposto impositivo della ecotassa sorge direttamente dalla legge statale (L. n. 549 del 1995, art. 3, commi 24 e s.s.).

L’ammontare della ecotassa è fissato con legge regionale entro il 31 luglio di ogni anno per l’anno successivo, nel rispetto di parametri fissati dalla legge statale tra un minimo e un massimo in relazione all’entità dei rifiuti conferiti (art. 3, comma 29) e comunque applicabili in mancanza nel minimo; il dovuto è quindi “versato alla Regione in apposito capitolo di bilancio dal gestore della discarica entro il mese successivo alla scadenza del trimestre solare in cui sono state effettuate le operazioni di deposito”.

Nel termine per il versamento dell’ultimo trimestre il gestore deve a produrre alla Regione ove è sita la discarica la dichiarazione annuale con l’indicazione delle quantità complessive dei rifiuti conferiti e dei versamenti effettuati; con legge regionale sono, invece, stabilite le modalità di versamento del tributo e di presentazione della dichiarazione nonchè la disciplina per l’accertamento, la riscossione, i rimborsi, il contenzioso amministrativo e quant’altro non previsto nella legge istitutiva.

Quanto alla quarta censura è sufficiente ricordare che il passaggio dal regime c.d. emergenziale (con D.L. n. 195 del 2009, alla data del 31 dicembre 2009 venne a cessare nella Regione Campania lo stato di emergenza rifiuti), senza soluzione di continuità, a quello della gestione ordinaria del ciclo dei rifiuti, nel quale hanno operato, per quanto qui interessa, la Provincia di Napoli e la partecipata S.A.P.NA s.p.a., così come il passaggio dalle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri alle convenzioni, non incidono affatto sulla disciplina della soggettività passiva d’imposta del “gestore dell’impresa di stoccaggio definitivo con obbligo di rivalsa nei confronti di colui che effettua il conferimento”, prevista dalla L. n. 549 del 1995.

Va, inoltre, escluso il dedotto giudicato esterno, non ricorrendo perfetta identità tra l’oggetto del presente giudizio, che concerne la debenza del tributo speciale (annualità 2009), oltre sanzioni ed interessi per omesso versamento, relativamente alla discarica di Chiaiano, e l’oggetto del giudizio conclusosi con la sentenza n. 6909/48/14 della CTR della Campania, che concerne la debenza dell’IVA sul tributo in questione, basata su valutazioni che attengono ad una imposta diversa, donde il suo contenuto precettivo non può eccedere la definizione del rapporto e della pretesa afferenti l’IVA, con conseguente infondatezza anche della quinta censura.

Nè miglior sorte merita l’ultima censura, in quanto alcun effetto scriminante può riconoscersi alla dedotta incertezza normativa (D.Lgs. n. 546 del 1996, art. 8, e D.Lgs. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3) circa l’esatta individuazione del soggetto passivo del tributo per cui è causa, che costituisce una situazione oggettiva diversa rispetto alla soggettiva ignoranza incolpevole (tra le altre, Cass. n. 4394/2014, Cass. n. 31 13/2014), occorrendo fare esclusivo riferimento alla normativa statale e regionale, che indica con chiarezza, ed in maniera vincolante, il soggetto tenuto al pagamento in chi “gestisce la complessiva attività economica di stoccaggio definitivo dei rifiuti” (Cass. n. 26196/2018 cit.).

Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 13.000,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, segue la condanna della ricorrente al versamento, in favore dell’Erario, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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