Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.13819 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3350-2015 proposto da:

COSTRUZIONI SERRANDE CISTERNINO SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE TAURINO;

– ricorrente –

contro

C.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE CORONAS, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO DOMENICO NAPOLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 450/2014 della CORTE D’APPELLO di LECCE, depositata il 19/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/12/2018 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE TEDESCO.

RITENUTO

che:

– la Corte d’appello di Lecce ha confermato la sentenza di primo grado, che aveva rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo proposta da Costruzioni Serranda Cisternino (CSC) nei confronti di C.F. (decreto richiesto e ottenuto per il pagamento del corrispettivo dovuto per la sostituzione di infissi);

– la corte ha preso l’avvio per l’analisi dalla sentenza del Tribunale di Taranto intervenuta nella lite fra CSC e la diversa impresa R. Costruzioni s.r.l. ( R.);

– tale sentenza, da un lato, aveva condannato la CSC a pagare alla R. una certa somma di denaro, in relazione alla fornitura di infissi difettosi poi installati in un appartamento di nuova costruzione, dall’altro, aveva condannato la R. a sostituire gli infissi installati nell’appartamento del C.;

– la corte ha rilevato che fra le CSC e la R. era stata poi avviata una trattativa per la definizione transattiva della vicenda;

– secondo la corte, in pendenza di tale trattativa, la CSC si era accollata l’obbligazione della R. nei confronti del C.;

– per la cassazione della sentenza la CSC ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui il C. ha resistito con controricorso.

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la ricorrente sostiene, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, che la corte d’appello, in contrasto con le risultanze istruttorie, ha ritenuto raggiunta la prova di un accordo fra le due imprese in forza del quale la CSC avrebbe dovuto eseguire, al posto della R., la sostituzione degli infissi nell’appartamento del C.;

– lamenta che dagli atti di causa non emergeva alcun accordo in tal senso, nè transattivo, nè di accollo;

– si aggiunge che tale accordo, in ipotesi, avrebbe dovuto essere provato per iscritto ai sensi dell’art. 1967 c.c.;

– la necessità della forma scritta derivava anche dalla norma dell’art. 2721 c.c., in considerazione del fatto che l’ipotetico accordo era contrario al contenuto della sentenza;

– in verità fra le due imprese era stata avviata solo una trattativa per la definizione amichevole della vicenda, che non era poi sfociata in transazione, poichè le trattative non andarono a buon fine;

– il motivo è infondato;

– gli argomenti usati dalla sentenza evidenziano con assoluta chiarezza la consapevolezza della corte d’appello circa il mancato perfezionamento della transazione;

– nondimeno essa ha ritenuto che la CSC, in pendenza della trattativa, decise, “sulla scorta di una propria autonoma valutazione”, di addivenire a un accordo con la R. riguardo alla prestazione posta a carico di questa dal Tribunale di Taranto in favore del C.;

– tale statuizione della sentenza, costituente la ratio decidendi, non ha costituito oggetto di censura con il motivo in esame, che contiene una critica generica e globale della ricostruzione dei fatti operata dalla corte di merito, che non è sindacabile in cassazione come tale, ma solo sotto il profilo dell’omesso esame di un fatto decisivo, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (Cass., S.U., n. 8053/2014;

– resta da aggiungere che la nozione di “documento”, alla quale fanno riferimento i divieti stabiliti dagli artt. 2722 c.c. e ss., va intesa nel senso di atto scritto avente un contenuto convenzionale (Cass. n. 11597/2015): non si può quindi fare rientrare in tale nozione una sentenza;

– il secondo motivo, sempre in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, ripropone la medesima critica di cui al motivo precedente;

– si ribadisce che la trattativa non era sfociata in transazione, tant’è che la R. aveva avviato azione esecutiva per il recupero della somma oggetto di condanna nei confronti della CSC;

– si evidenzia ancora una volta che “non essendosi perfezionata la transazione, la CSC non aveva alcuna ragione di accollarsi l’obbligo di sostituire gratuitamente gli infissi al C.;

– assai più plausibile, secondo la ricorrente, che il C. si fosse autonomamente rivolto alla CSC confidando poi sul rimborso da parte della R.;

– il motivo è inammissibile;

– il fatto che la transazione non si era conclusa costituisce una delle premesse della decisione impugnata, come già chiarito;

– la corte ha riconosciuto però che il mancato perfezionamento della transazione non travolgeva la convenzione di accollo autonomamente conclusa in pendenza della trattativa;

– ha aggiunto che la convenzione era stata di fatto eseguita mediante la sostituzione degli infissi e che la CSC “non ha neppure prospettato l’invalidità o inefficacia del suddetto accordo in relazione al mancato perfezionamento della transazione”;

– anche tale motivo, pertanto, esaurendosi nel riproporre l’assunto del mancato perfezionamento delle trattative, non si misura con la ratio decidendi;

– il terzo motivo censura la mancata compensazione delle spese di lite e in ogni caso la eccessiva liquidazione dei compensi;

– ambedue i profili di censura sono infondati;

– la mancata compensazione non è censurabile in cassazione;

– “in tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi” (Cass. n 8421/2017);

-“la parte, la quale intenda impugnare per cassazione la liquidazione delle spese, dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, per pretesa violazione dei minimi tariffari, ha l’onere di specificare analiticamente le voci e gli importi considerati in ordine ai quali il giudice di merito sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che deve ritenersi inammissibile il ricorso che contenga il semplice riferimento a prestazioni che sarebbero state liquidate in eccesso rispetto alla tariffa massima” (Cass. n 30716/2017; n. 18086/2009);

– in contrasto con tale principio la censura si esaurisce nella generica denuncia di una sovra determinazione degli onorari “di Euro 1.300,00”, senza ulteriori precisazioni;

– in conclusione il ricorso deve essere rigettato con addebito di spese;

– ci sono le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti dell’obbligo del versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettaria nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge;

dichiara ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, il 6 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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