Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.13826 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. BERTUZZI Mario – rel. est. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Z.G., rappresentato e difeso per procura alle liti in calce al ricorso dagli Avvocati Sandro Turini e Giorgio Vasi, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Sardegna n. 29.

– ricorrente –

contro

Z.E.A.L., rappresentata e difesa per procura alle liti a margine in calce al controricorso dall’Avvocato Giorgio Montironi, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato Francesco Rachetti in Roma, via Oslavia n. 12.

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1757 della Corte di appello di Bologna, pubblicata il 21 luglio 2014.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Con sentenza del 12.5.2007 il Tribunale di Rimini, decidendo sulla domanda proposta da Z.E.A. di scioglimento della comunione ereditaria intrattenuta con Z.G. avente ad oggetto un compendio immobiliare composto da tre distinte unità nel medesimo fabbricato, dispose l’assegnazione dei beni al convenuto, titolare della quota di due terzi, con obbligo di versamento all’altra parte a titolo di conguaglio dell’importo di Euro 343.931,78.

Propose appello Z.E.A. contestando, per quanto qui ancora interessa, la valutazione del Tribunale in ordine alla non comoda divisibilità degli immobili, che lo aveva portato ad assegnare l’intero compendio alla controparte, e chiedendo che le fossero assegnati i beni in conformità al secondo progetto di divisione redatto dal consulente tecnico d’ufficio.

Z.G. propose a sua volta appello incidentale sulla quantificazione del conguaglio, per non avere la sentenza tenuto conto che dal momento della loro stima da parte del consulente gli immobili si erano deprezzati.

Con sentenza n. 1757 del 21.7.2014 la Corte di appello di Bologna accolse in parte l’appello principale e rigettò quello incidentale. Quanto al primo la Corte, premesso che il compendio in comunione era formato da tre unità distinte presenti nel medesimo fabbricato costituite da un appartamento di due piani fuori terra, da due locali autonomi al piano terra adibiti a negozi e da una tettoia adibita a parcheggio sul retro del fabbricato regolarmente censita, nonchè dal diritto ad edificare ulteriormente utilizzabile in concreto soltanto per l’eventuale sopraelevazione della tettoia, affermò che, tenuto conto della relazione del consulente tecnico d’ufficio, che aveva proposto due progetti divisionali, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non sussisteva alcun ostacolo alla divisibilità dei beni, tanto con riferimento al primo progetto, che comportava il mantenimento dello stato attuale degli immobili, senza necessità di interventi edilizi onerosi, quanto al secondo. Osservò quindi che, tra i due, andava preferito il primo progetto divisionale, che prevedeva due lotti formati l’uno, di entità maggiore, dall’appartamento per intero e dal locale commerciale più piccolo al piano terra, oltre metà della tettoia e il diritto edificatorio su di essa, e l’altro dall’unità immobiliare al piano terra e l’altra metà della tettoia, tenuto conto che esso manteneva la disponibilità dell’appartamento in favore di Z.G., che già lo abitava e che lasciava le unità immobiliari nello stato attuale senza necessità di adeguamenti edilizi e senza decrementi di valore. Respinse invece l’appello incidentale rilevando che l’andamento del mercato immobiliare a partire dal 2004 alla data della decisione non sembrava avere subito oscillazioni di rilievo e che comunque le parti non avevano allegato specifiche ragioni per giustificare una diversa stima dei beni rispetto ala valutazione operata dal consulente tecnico. Dispose quindi lo scioglimento della comunione e la divisione del compendio ereditario in conformità al primo progetto divisionale, assegnando a Z.G. i beni del lotto maggiore, con condanna dello stesso al pagamento della somma di Euro 20.885,00 a titolo di conguaglio; dichiarò infine compensate per un quarto le spese di giudizio e quelle della consulenza tecnica d’ufficio, condannando l’appellante al pagamento dei restanti tre quarti.

Per la cassazione di questa decisione, con atto notificato il 14.10.2015 ricorre, sulla base di due motivi, illustrati anche da memoria, Z.G.. Resiste con controricorso e propone a sua volta ricorso incidentale Z.E.A..

La causa è stata avviata in decisione in adunanza camerale non partecipata. Il primo motivo del ricorso principale denunzia violazione e falsa applicazione dell’art. 720 c.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto divisibile il compendio immobiliare e quindi accolto il primo progetto divisionale elaborato dal consulente tecnico d’ufficio senza considerare la reale consistenza del diritto edificatorio in esso contemplato, stimato dal consulente in Euro 46.481,00, attribuito al ricorrente ma in relazione alla possibilità di sopraelevare su un bene, la tettoia, che invece è stato assegnato per metà ciascuna ai condividenti, assegnazione che comporta, sulla base dei rilievi della stessa consulenza tecnica d’ufficio, che tale diritto non sia autonomamente esercitabile dall’assegnatario, atteso che il suolo è comune e tenuto conto che sono necessari adeguamenti tecnici per la sua sopraelevazione, tali da richiedere necessariamente la collaborazione dell’altra parte anche per l’ottenimento della concessione edilizia. Ne discende, a giudizio del ricorrente, che la Corte di appello ha errato nel ritenere il bene divisibile, dal momento che ha attribuito alla parte un cespite inidoneo ad essere autonomamente sfruttato.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha in più occasioni avuto modo di affermare che il concetto di comoda divisibilità di un immobile presupposto dall’art. 720 c.c., postula, sotto l’aspetto strutturale, che il frazionamento del bene sia attuabile mediante determinazione di quote comprensive di beni suscettibili di autonomo e libero godimento, che possano formarsi senza dover fronteggiare problemi tecnici eccessivamente costosi e, sotto l’aspetto economico-funzionale, che la divisione non incida sull’originaria destinazione del bene e non comporti un sensibile deprezzamento del valore delle singole quote rapportate proporzionalmente al valore dell’intero, tenuto conto dell’usuale destinazione e della pregressa utilizzazione del bene stesso (Cass. n. 14577 del 2012; Cass. n. 12498 del 2007; Cass. n. 1738 del 2002; Cass. n. 3706 del 1988).

Il presupposto costituito dalla possibilità che il bene assegnato sia suscettibile di autonoma e libera utilizzabilità da parte del condividente non risulta correttamente apprezzato dalla sentenza impugnata. Tale condizione comporta infatti che laddove tra i beni oggetto di divisione sia compreso il diritto di edificare, oggetto di specifica valutazione nella sua consistenza economica ai fini della formazione dei lotti, venga altresì accertata la possibilità del suo sfruttamento in concreto in via autonoma da parte dell’assegnatario, potendo solo in tal caso attribuirsi ad esso una concreta valenza economica.

L’accertamento, più che omesso, sembra smentito dalla stessa sentenza impugnata.

La Corte territoriale ha invero dato atto che, sulla base della relazione del consulente tecnico d’ufficio, tra i beni da dividere esisteva il diritto di edificare ulteriormente l’area occupata dal fabbricato e che esso era utilizzabile soltanto per l’eventuale sopraelevazione della tettoia; nel disporre la divisione dei beni comuni ha quindi assegnato all’odierno ricorrente il diritto di edificare, mentre ha assegnato la tettoia in comune tra le parti, nella misura della metà ciascuna. La stessa Corte, peraltro, richiama gli accertamenti del consulente tecnico d’ufficio, secondo cui la sopraelevazione della tettoia richiede l’esecuzione di sottostanti strutture antisismiche, cioè lavori di adeguamento che, all’evidenza, necessariamente coinvolgono il bene nella sua interezza.

Tale ultima circostanza avrebbe dovuto portare il giudice a quo a dubitare della possibilità di enucleare il diritto di edificare sulla tettoia come diritto suscettibile di libero ed autonomo sfruttamento da parte del condividente assegnatario ovvero a conformare in maniera diversa l’assegnazione della tettoia, stante il fatto che il suo esercizio in concreto comportava la necessità di una modifica strutturale del bene rimasto comune, condizionata al consenso dell’altro condividente all’esecuzione dei lavori di modifica, anche con riguardo al rilascio della concessione a costruire.

Sul punto la Corte di merito ha osservato che la considerazione relativa alla presenza di diritti edificatori rappresenta un ” dato che rimane estraneo all’apprezzamento della comoda divisibilità del compendio (essendo lo stesso cespite suscettibile di rimanere in comproprietà o essere adeguatamente monetizzato, senza incidere in misura rilevante, dato il suo valore, sulle operazioni divisionali)”.

Il rilievo è senz’altro corretto in astratto, atteso che la presenza tra i beni in comunione del diritto di edificare, in quanto bene suscettibile di valutazione economica, non impedisce in sè la divisione, ma non condivisibile in relazione al regolamento concreto adottato in sede divisionale, atteso che, come già evidenziato, la divisibilità dei beni comuni, ai sensi dell’art. 720 c.c., ha come necessario presupposto che il bene oggetto di assegnazione sia costituito da un’entità suscettibile di autonomo e libero sfruttamento, condizione che invece nel caso di specie sembra impedita dall’assegnazione in comune della tettoia e dalla concomitante circostanza, di cui dà atto la stessa sentenza, che la sua sopraelevazione ne richiede una modifica strutturale. Ne discende la fondatezza del motivo che denunzia la falsa applicazione dell’art. 720 c.c., atteso che la mancanza del presupposto sopra evidenziato, da accertare in concreto in relazione al progetto di divisione accolto, interagisce sul requisito della divisibilità dei beni.

Il secondo motivo del ricorso principale, che investe la determinazione del valore degli immobili, ed il ricorso incidentale, che ha invece riguardo alla regolamentazione delle spese di lite, si dichiarano assorbiti.

La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna, che provvederà anche sulle spese di giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo ed il ricorso incidentale; cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per la liquidazione delle spese, ad altra Sezione della Corte di appello di Bologna.

Così deciso in Roma, il 19 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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