Corte di Cassazione, sez. I Civile, Ordinanza n.13924 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Presidente –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. PARISE Clotilde – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19208/2014 proposto da:

T.L., C.C., T.T., L.R.M., nella qualità di tutore provvisorio della madre T.A.A., elettivamente domiciliati in Roma, Via Germanico n. 107, presso lo studio dell’avvocato Bultrini Nicola, rappresentati e difesi dall’avvocato Marciano Raffaele, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

Rete Ferroviaria Italiana S.p.a.;

– intimato –

contro

Consorzio Iricav Uno, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Barberini n. 12, presso lo studio dell’avvocato Sanalitro Jacopo, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato Damone Luigi Valentino, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 711/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 17/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 28/03/2019 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Napoli, con sentenza n. 711/2014, depositata in data 17/02/2014, – in controversia concernente una domanda, promossa T.L., C.C., T.T., L.R.M., nella qualità di tutrice provvisoria di T.A.A., comproprietari (ed il T.L. anche conduttore) di un fondo, sito nel Comune di *****, occupato nel 2002 ed espropriato, con decreto dell’agosto 2007, per l’esecuzione dei lavori di realizzazione della linea ad alta velocità *****, nei confronti della T.A.V. spa e del Consorzio IRICAV UNO, per sentirli condannare al pagamento delle indennità di occupazione e di espropriazione, nonchè delle indennità per manufatti distrutti, diminuzione di valore delle aree residue e di colonia, – ha dichiarato la convenuta T.A.V. – R.F.I. carente di legittimazione passiva e, determinata, all’esito di consulenza tecnica, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 181/2011, sull’illegittimità costituzionale della L. n. 865 del 1971, art. 15, comma 1 e art. 16, commi 5 e 6, l’indennità di espropriazione dei terreni in oggetto (agricoli al momento del decreto di esproprio) in Euro 7.296,00 e l’indennità di occupazione legittima in Euro 1.063,00, ha condannato il Consorzio IRICAV (che aveva avviato il procedimento di esproprio nella sua veste di generai contractor e di procuratore speciale per le attività espropriative del concessionario T.A.V.) a depositare presso la Cassa Depositi e Prestiti gli importi predetti.

In particolare, i giudici della Corte territoriale hanno utilizzato, in difetto di altri elementi di comparazione offerti dagli attori, i dati emergenti da un accordo tra le stesse parti, dello stesso periodo, relativo ad altro terreno, adiacente, pure espropriato, rilevando, peraltro, che tale accordo del 2007 prevedeva il pagamento di un importo globale, comprensivo sia dell’indennità di espropriazione sia di quella di occupazione legittima per la durata di cinque anni; i giudici hanno, poi, respinto le ulteriori richieste di risarcimento del danno da deprezzamento del suolo residuo, per insussistenza del danno, ed in relazione ad altre voci indennitarie, in difetto di prova.

Avverso la suddetta pronuncia, T.L., C.C., T.T., L.R.M., nella qualità di tutrice provvisoria di T.A.A., propongono ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Consorzio IRICAV UNO (che resiste con controricorso) e della RFI – Rete Ferroviaria Italiana spa, quale incorporante la TAV – Treno Alta Velocità spa (che non svolge attività difensiva). Il Consorzio controricorrente ha depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. I ricorrenti lamentano:1) con il primo motivo, l’omessa e/o contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, in riferimento alla mancata remissione della causa sul ruolo per espletamento di nuova consulenza tecnica, malgrado la Corte d’appello abbia rilevato la non correttezza dell’elaborato peritale e sia addivenuta ad una semplicistica determinazione dell’indennità dovuta sulla base del metodo comparativo-sintetico; 2) con il secondo motivo, sempre l’omessa e/o contraddittoria motivazione, ex art. 360 c.p.c., n. 5, per avere la Corte d’appello, prima, affermato che gli attori non avevano offerto elementi di comparazione e, poi, precisato che, in citazione, essi avevano invocato un accordo intervenuto con lo stesso Consorzio relativo a terreni adiacenti, nonchè per avere, peraltro, senza alcuna motivazione, neppure condiviso il suddetto parametro di quantificazione dell’indennità, ivi riconosciuto in Euro 80,00 al mq, abbattendolo ad Euro 57 al mq, senza poi tener conto del fatto che i terreni in oggetto avevano una maggiore estensione; 3) infine, con il terzo motivo, sia l’omessa motivazione su fatto decisivo controverso, ex art. 360 c.p.c., n. 5, sia l’omessa pronuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in riferimento al rigetto della domanda di risarcimento del danno da deprezzamento del suolo residuo e della richiesta di indennità aggiuntiva per il pregiudizio patito dal coltivatore diretto.

2. La prima censura è inammissibile.

Non ricorre un vizio di omesso esame di un fatto storico, alla luce della nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4 e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. S.U. 8053/2014; Cass. 23940/2017).

Peraltro, costituisce principio consolidato di questo giudice di legittimità quello secondo il quale “in tema di consulenza tecnica d’ufficio, il giudice di merito non è tenuto, anche a fronte di una esplicita richiesta di parte, a disporre una nuova consulenza d’ufficio, atteso che il rinnovo dell’indagine tecnica rientra tra i poteri discrezionali del giudice di merito, sicchè non è neppure necessaria una espressa pronunzia sul punto” (Cass. 17693/2013; Cass. 22799/2017).

3. La seconda censura è infondata.

La Corte d’appello ha rilevato che l’accordo del 2007, riguardante terreni limitrofi con una differenza minima di superficie, aveva previsto il pagamento dell’importo complessivo di Euro 7.040,00 comprensivi però dell’indennità di espropriazione e dell’indennità di occupazione legittima per la durata di cinque anni, cosicchè, correttamente, il valore unitario concordato nel 2007 per la sola indennità di esproprio era pari ad Euro 57,00 al mq.

Peraltro, i ricorrenti non spiegano perchè la differente estensione dell’area dovrebbe incidere sulla stima.

4. Il terzo motivo è inammissibile. La censura, sotto l’apparente rubrica di vizio di omessa pronuncia, in violazione dell’art. 112 c.p.c., in ordine alla richiesta di risarcimento del danno da deprezzamento delle parti residue del fondo ed al riconoscimento dell’indennità aggiuntiva a favore di T.L., per coltivazione diretta dei fondi, è volto a sollecitare un nuovo esame delle risultanze fattuali accertate dal giudice di merito, che ha escluso tali voci indennitarie, per difetto di prova.

La Corte d’appello ha rilevato che, quanto al danno da deprezzamento del suolo residuo, come rilevato dalla consulenza tecnica espletata, non era emerso alcun danno, in considerazione della minima superficie ablata e della sua assoluta marginalità, e che, quanto all’indennità aggiuntiva L. n. 865 del 1971, ex art. 17, non era stata dimostrata la ricorrenza dei suoi presupposti, non risultando dal verbale di consistenza che il T. coltivasse personalmente il fondo, nè emergendo dagli atti che egli traesse i mezzi di sostentamento dalla coltivazione del suolo da almeno un anno prima dell’inizio della procedura ablatoria.

Orbene, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sè coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011; Cass. 9097/2017; Cass. 29404/2017).

La doglianza, peraltro, risulta del tutto generica.

4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso. Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, nel rapporto ricorrenti/Consorzio IRICAV UNO controricorrente; non v’è luogo a provvedere sulle spese processuali, nel rapporto ricorrenti/RFI, non avendo l’intimata svolto attività difensiva. Trattandosi di processo esente, non trova applicazione il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al rimborso delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, liquidate, in favore del Consorzio controricorrente, in complessivi Euro 5.000,00, a titolo di compensi, oltre 200,00 per esborsi, nonchè al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 28 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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