Corte di Cassazione, sez. I Civile, Sentenza n.13927 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 22344/2017 proposto da:

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;

– ricorrenti –

e contro

Area Scom S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Piazzale Clodio n. 22, presso lo studio dell’avvocato Raponi Romina, che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende ope legis;

– controricorrenti al ricorso incidentale –

avverso la sentenza n. 4052/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 16/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 01/04/2019 dal Cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto con assorbimento del ricorso incidentale e rigetto della domanda avversaria del risarcimento del danno;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato Bachetti che si riporta;

udito, per la controricorrente e ricorrente incidentale, l’Avvocato Raponi che si riporta.

FATTO E DIRITTO

La Corte d’appello di Roma con sentenza del 16 giugno 2017 ha dichiarato estinto il giudizio di impugnazione avverso il lodo del 13 settembre 2013, il quale, su istanza della Area Scom s.r.l., ha condannato gli odierni ricorrenti al risarcimento del danno, con ulteriori pronunce connesse, in controversia afferente il ritardo nell’esecuzione di bando per nuove concessioni mediante gara pubblica.

La corte territoriale ha rilevato che nessuna delle parti è comparsa all’udienza del 3 luglio 2015, onde la causa è stata rinviata ai sensi dell’art. 309 c.p.c., all’udienza del 2 ottobre 2015 e poi d’ufficio a quella del 29 gennaio 2016, quando la causa era stata cancellata dal ruolo, non essendo le parti comparse.

Quindi, ha ritenuto che: a) i rinvii sono stati tutti comunicati, con conseguente applicabilità del disposto dell’art. 309 c.p.c.; b) in ogni caso, anche ove l’ordinanza di cancellazione fosse stata nulla per omessa comunicazione del rinvio ad opera della cancelleria, era onere riassumere la causa tempestivamente, mentre l’istanza di riassunzione è stata presentata oltre un anno dall’ordinanza di cancellazione.

Hanno proposto ricorso il Ministero dell’economia, il Ministero delle politiche agricole e l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, sulla base di un motivo.

La Area Scom s.r.l. ha depositato controricorso, proponendo ricorso incidentale.

I ricorrenti hanno deposito la memoria ex art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo, i ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 181,307 e 827 c.p.c. e segg., perchè la prima norma menzionata non si applica al procedimento di impugnazione di lodo arbitrale, dotato di caratteri suoi propri e speciali, nè al procedimento camerale, mentre la natura in sostanza privata dell’arbitrato implica la necessità di un controllo giurisdizionale, onde il giudizio di impugnazione del lodo, una volta avviato, deve comunque proseguire, anche con impulso officioso, salva solo la rinuncia da parte dell’impugnante.

Il ricorso incidentale censura, a sua volta, la sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 181,307 e 309 c.p.c., in quanto non era neanche possibile prevedere la riassunzione del giudizio, sebbene poi la sentenza abbia affermato essere essa tardiva.

2. – L’unico motivo del ricorso principale è infondato.

Nel giudizio di impugnazione di lodo arbitrale, la corte d’appello è giudice di unico grado sull’impugnazione del lodo medesimo.

Ciò non toglie che, come in altre evenienze analoghe, il procedimento innanzi alla stessa segua le regole del processo ordinario di cognizione in appello: invero, va riaffermato il principio per cui nel giudizio di impugnazione di lodo arbitrale disciplinato dal codice di rito valgono gli istituti ordinari, laddove manchi una diversa disciplina del mezzo d’impugnazione di cui si tratta.

La regola è stata ribadita costantemente da questa Corte: vuoi in tema di impugnazione incidentale (Cass. 1 marzo 2012, n. 3229; 12 luglio 1990, n. 7214), di domanda riconvenzionale e di composizione del giudice (Cass. 7 febbraio 2001, n. 1731), come in tema di intervento di terzo (Cass. 30 novembre 2017, n. 28827), con riguardo al regime delle prove (Cass. 22 maggio 2013, n. 12544; 24 aprile 2003, n. 6517) o all’effetto espansivo interno ex art. 336 c.p.c. (Cass. 4 giugno 2012, n. 8919; 10 agosto 2007, n. 17631).

A ciò va aggiunto che, al riguardo, l’art. 348 c.p.c., comma 2, prevede la sanzione di improcedibilità dell’appello, se l’appellante non compare alla prima udienza, benchè si sia anteriormente costituito ed egli non compare neppure alla udienza successiva, di cui al medesimo sia stata data comunicazione: donde l’infondatezza della tesi dell’impulso d’ufficio del procedimento di impugnazione del lodo, sostenuta nel motivo.

3. – Il ricorso incidentale è assorbito.

4. – In ragione della particolarità della vicenda processuale, si compensano per intero le spese di lite, attesa la mancanza di precedenti in termini.

Da ciò deriva, altresì, il rigetto della domanda di condanna per lite temeraria, della quale non sussistono i presupposti ex art. 96 c.p.c., atteso che la stessa compensazione delle spese implica l’assenza dei medesimi (cfr. Cass. 2 dicembre 2011, n. 25854; Cass. 30 marzo 2000, n. 3876).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale; compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Dichiara che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, non sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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