LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 1
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – Consigliere –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –
Dott. FALABELLA Massimo – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 21011-2018 proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
A.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato CRISTIAN BALATTI;
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 231/2018 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 17/01/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MASSIMO FALABEIIA.
FATTO E DIRITTO
OSSERVA LA CORTE:
1. – La Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado del Tribunale di quella stessa città, riconosceva a A.D. il diritto all’ottenimento del permesso di soggiorno per motivi umanitari. A tal fine osservava come nel paese di provenienza dell’istante, il Mali, fosse ancora in corso un processo di stabilizzazione a seguito del colpo di Stato nel marzo 2012 e come lo stesso richiedente si fosse positivamente attivato in un percorso di integrazione in Italia: evenienza, questa, che risultava dalla documentazione acquisita al giudizio.
2. – La pronuncia della Corte milanese, pubblicata il 17 gennaio 2018, è stata impugnata per cassazione dal Ministero dell’interno con un ricorso che si fonda su di un unico motivo. A.D., intimato, ha notificato controricorso in cui è spiegata una impugnazione incidentale pure basata su di un solo motivo.
3. – Il Ministero denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Deduce, in sintesi che, contrariamente a quanto presupposto nella sentenza impugnata, le condizioni di vulnerabilità del richiedente non possano essere accertate avendo riguardo alla sola situazione del paese di origine e che il processo di integrazione che abbia interessato lo straniero non possa giustificare l’acquisizione del di lui diritto al permesso per motivi umanitari, in assenza di un rischio effettivo, per l’interessato, di una lesione dei diritti fondamentali della persona.
D., col proprio ricorso incidentale, lamenta invece la violazione o falsa applicazione della Convenzione di Ginevra e del D.Lgs. n. 251 del 2007. Rileva, in sintesi, che la sentenza impugnata sia incorsa in errore di diritto negando ad esso istante il riconoscimento dello status di rifugiato e della protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14,lett. c). Menziona, in proposito, documenti che attesterebbero il buon fondamento della domanda svolta.
4. – Reputa il Collegio che la questione sollevata col ricorso principale meriti, per i diversi risvolti che la connotano, di essere trattata nella pubblica udienza della prima sezione.
P.Q.M.
La Corte rimette la causa alla pubblica udienza della prima sezione civile. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 6' Sezione Civile, il 26 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019