Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza Interlocutoria n.13946 del 22/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – rel. Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 8454-2018 proposto da:

FONDAZIONE TEATRO ALLA SCALA DI MILANO, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 133, presso lo studio dell’avvocato AMEDEO RAMPOLLA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA GIUSSANI;

– ricorrente –

contro

M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio dell’avvocato ALBERTO BOER, rappresentato e difeso dall’avvocato TIZIANA LAMARINA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1418/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 13/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/02/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARGHERITA MARIA LEONE.

RILEVATO

CHE:

La Corte di appello di Milano con la sentenza n. 1418/57, parzialmente riformando la decisione del tribunale locale, aveva dichiarato la sussistenza tra la Fondazione Teatro alla Scala di Milano e M.F., di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato a partire dal 14.9.2014, ed aveva ordinato alla Fondazione la riammissione in servizio del M. con inquadramento nel livello IV Area artistica CCNL Enti Lirici e condanna della medesima a versare l’indennità pari a sei mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, sulla base del parametro mensile di Euro 4.420,00 oltre interessi di legge dalla data della sentenza al saldo.

La Corte territoriale aveva ritenuto che sulla base delle prove acquisite, soprattutto documentali, il rapporto in questione fosse qualificabile di natura subordinata, essendo presenti elementi chiaramente riferibili agli “indici” indicativi della subordinazione (carenza di autonomia ed eterodirezione, obbligo orario di lavoro prestabilito, retribuzione mensile, strumenti di lavoro del datore di lavoro..).

Avverso detta decisione la Fondazione aveva proposto ricorso affidato a 4 motivi cui aveva resistito il M. con controricorso, anche illustrato da successiva memoria, in cui preliminarmente eccepiva la nullità del ricorso per nullità della procura alle liti.

CONSIDERATO

CHE:

1) Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, artt. 1 e 7 (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3).

2) Con il secondo motivo è dedotta la violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 c.c.. Si duole della errata valutazione circa la esistenza degli elementi qualificativi della subordinazione.

3) Con il terzo motivo è denunciata la nullità della sentenza per motivazione apparente. Denuncia la contrapposizione tra accertamento della subordinazione e risultanze di segno opposto.

4) Omesso esame di un fatto decisivo. Denuncia l’omissione relativa al “fatto negativo” ovvero alla negazione da parte della Fondazione della esistenza degli indici di subordinazione, potere disciplinare.

5) Con riferimento al primo motivo parte ricorrente denuncia la violazione della disciplina in materia di contratto a termine e di legittima apposizione del termine, non avendo la corte territoriale preso in considerazione le deduzioni compiute dalla Fondazione circa la piena legittimità del termine.

In particolare, pur ribadendo che la natura del rapporto in questione fosse autonoma, rileva che, se pur accertata la esistenza di condizioni di subordinazione, da ciò non deve conseguire la illegittimità del termine apposto al contratto, ben potendo convivere la temporaneità del vincolo contrattuale con la natura subordinata dello stesso.

Il tema in esame riguarda la valutazione circa la conservazione del termine apposto al contratto autonomo pur successivamente alla accertata natura subordinata dello stesso e dunque alla declaratoria di illegittimità di quel contratto.

Attesa la valenza nomofilattica di siffatta decisione, si rimette la causa alla IV Sezione per la decisione alla pubblica udienza.

P.Q.M.

La Corte rimette la causa ala IV sezione per la trattazione alla pubblica udienza, come da ordinanza.

Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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