Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.13957 del 23/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25583/2015 proposto da:

S.L., domiciliata ex lege in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA PIA MECONCELLI giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINERVA SRL, in persona del legale rappresentante p.t., cessionaria del credito vantato da Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio Soc.

Coop. a r.l., in persona del legale rappresentante p.t., e per essa, quale mandataria F.B.S. SPA, in persona del suo procuratore speciale Avv. B.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DELLE MILIZIE 1, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO VOLANTI, che la rappresenta e difende giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 124/2015 del TRIBUNALE di SIENA, depositata il 28/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 05/02/2019 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO.

RILEVATO

che:

S.L. ricorre, con atto notificato il 23-27/10/2015 ed articolato su tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 124 del 28/05/2015 e notificatale a mezzo posta elettronica certificata il 24/08/2015, con cui il Tribunale di Siena ha dichiarato inammissibile, siccome qualificata opposizione agli atti esecutivi e definita tardivamente proposta, l’opposizione da lei dispiegata – basata sulla contestazione della legittimazione della creditrice, sull’inesistenza delle notifiche dei titoli esecutivi costituiti da due decreti ingiuntivi (del tribunale di Montepulciano, nn. 28 del 21/06/1999 e 50 del 06/07/1999) e sull’irritualità di quella del precetto, nonchè sulla prescrizione del credito – con ricorso dep. il 16/05/2012 avverso il pignoramento presso terzi ai suoi danni già intentato presso il poi soppresso Tribunale di Montepulciano da FBS spa quale mandataria di Minerva srl – nella postulata qualità di successore dell’originaria ingiungente Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio s.c. a r.l. – ed ivi iscritto al n. 446/2011 r.g.e.;

l’intimata resiste notificando controricorso.

CONSIDERATO

che:

la ricorrente si duole: col primo motivo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c., commi 1 e 2 e art. 617 c.p.c., commi 1 e 2, con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 3”; col secondo, di “violazione e falsa applicazione dell’art. 615 c.p.c., art. 617 c.p.c., commi 1 e 2 e art. 96 c.p.c., comma 3, con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”; col terzo, di “violazione di legge per inesistenza della motivazione con riferimento all’art. 111 Cost., comma 6 e art. 24 Cost.; art. 132 c.p.c. n. 4, art. 617 c.p.c., commi 1 e 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”);

in via preliminare e dirimente, peraltro, il ricorso è improcedibile ed è superflua la stessa illustrazione dei motivi e delle difese della controricorrente, mancando in atti la copia notificata della sentenza, benchè la stessa ricorrente ne abbia addotto l’intervenuta notifica;

infatti la ricorrente S. produce solo una copia autentica (estratta dal difensore della ricorrente e munita di asseverazione autografa di conformità della copia analogica al suo originale nel fascicolo telematico, ma – del resto, anche per questo – non anche riferibile alla relata di notifica), ma non appunto quella a lei notificata (per il caso in cui la notifica fosse avvenuta per via telematica, in violazione dei canoni fissati dalla legge e ricordati da Cass. 17450/17 e Cass. ord. 30918/17, non essendo applicabili le deroghe di cui a Cass. Sez. U. 22438/18, previste per la sola ipotesi della carenza di asseverazione autografa alla copia analogica del ricorso notificato e non della sentenza o quelle oggetto di rimessione alle SS.UU. con ord. 28844/18 e decise da Cass. S.U. 8312/19) e neppure risultando versata in atti altra copia notificata dalla controricorrente entro il termine previsto a tal fine dall’art. 369 c.p.c. (venti giorni dall’ultima notifica del ricorso);

la circostanza della carenza di una copia – non già soltanto autentica, ma soprattutto anche – notificata risulta dalla stessa nota di deposito della documentazione nella cancelleria di questa Corte, acquisita in copia dal Collegio, ove si menziona (contrariamente a quanto proclamato in ricorso) e si certifica (da parte della cancelleria) il deposito della sola copia autentica del provvedimento impugnato, ma non già della sua copia notificata, questa non risultandovi menzionata espressamente;

infine, nemmeno può giovare alla ricorrente il principio di Cass. 10/07/2013, n. 17066, per essere decorsi più di sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza gravata (28/05/2015) alla notifica del ricorso (23/10/2015);

al riguardo, è noto che, “in tema di ricorso per cassazione, quando la sentenza impugnata sia stata notificata e il ricorrente abbia depositato la sola copia autentica della stessa priva della relata di notifica, deve applicarsi la sanzione dell’improcedibilità, ex art. 369 c.p.c., comma 2, n. 2, a nulla rilevando che il ricorso sia stato notificato nel termine breve decorrente dalla data di notificazione della sentenza, ponendosi la procedibilità come verifica preliminare rispetto alla stessa ammissibilità” (tra le ultime: Cass. ord. 15/09/2017, n. 21386; Cass. 31/05/2018, n. 13751);

il ricorso va pertanto d,chiarato improcedibile, con condanna della ricorrente soccombente alle spese del giudizio di legittimità;

va infine dato atto – mancando ogni discrezionalità al riguardo (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra moltissime altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione e per il caso di reiezione integrale, in rito o nel merito.

P.Q.M.

dichiara improcedibile i ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di leclittimità, liquidate in Euro 2.200,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza deì presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 5 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2019

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