Corte di Cassazione, sez. III Civile, Ordinanza n.13961 del 23/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – rel. Consigliere –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21565/2017 proposto da:

FONDAZIONE ENPAM ENTE NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA MEDICI E DEGLI ODONTOIATRI, in persona del Presidente p.t. Dott. O.A., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA ADRIANA 15, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIO DI PIETROPAOLO, che la rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE , ***** in persona del Direttore pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge;

– controricorrente –

e contro

PROCURATORE GENERALE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 5308/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 09/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 14/02/2019 dal Consigliere Dott. DANILO BESTINI.

RILEVATO

che:

con sentenza n. 574/13, il Tribunale di Roma accolse la querela di falso proposta (con atto di citazione notificato nel maggio 2009) dalla Cofer s.p.a. in liquidazione nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, dichiarando la falsità delle sottoscrizioni apposte su quattro avvisi postali di ricevimento depositati nell’ambito di un processo avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma;

nel giudizio di appello promosso dall’Agenzia delle Entrate si costituì la Fondazione ENPAM, che precisò di essere stata l’unico socio della Cofer s.p.a. e che quest’ultima era stata cancellata dal registro delle imprese in data 21.12.1993 ed eccepì, in limine, la inammissibilità dell’appello in quanto l’impugnazione non avrebbe dovuto essere indirizzata alla Cofer, ma al socio Fondazione ENPAM;

in sede di precisazione delle conclusioni, la difesa dell’Agenzia rilevò che la cancellazione della Cofer dal registro delle imprese era avvenuta in data antecedente all’instaurazione del giudizio di primo grado e che pertanto risultava inammissibile la stessa proposizione della querela;

la Corte di Appello, richiamati – fra gli altri – i principi espressi da Cass., S.U. n. 4060/2010 e da Cass., S.U. n. 6070/2013, ha affermato che “la società Cofer, cancellata nel 1993, si è dunque estinta in data 1.1.2004, pertanto determinandosi il difetto della sua capacità processuale ed il difetto di legittimazione a rappresentarla dell’ex liquidatore, è venuta meno ogni possibilità di valida introduzione dell’azione. La sentenza è nulla in quanto resa in carenza di detti presupposti processuali e ricorrendo un vizio insanabile originario del processo, che avrebbe dovuto condurre da subito ad una pronuncia declinatoria di merito”; la Corte ha inoltre osservato che non risultava “appropriato il richiamo di parte appellata ai principi della Suprema Corte in tema di overruling”, in quanto “l’overruling non può interessare norme sostanziali ma solo processuali” e, comunque, “anche volendo porre mente ai profili relativi alla capacità di agire in giudizio e di essere convenuta della parte colpita dall’evento estintivo”, non erano configurabili i presupposti dell’imprevedibile mutamento dell’orientamento giurisprudenziale e dell’incolpevole affidamento sulla persistenza di principi consolidati, atteso che il liquidatore della Cofer aveva agito “ben oltre l’entrata in vigore della riforma dell’art. 2945 c.c., ed in presenza di una giurisprudenza delle sezioni semplici della Corte di Cassazione che si orientava nel senso della estensione dell’effetto estintivo alle cancellazioni effettuate prima della riforma”; ha pertanto concluso nel senso della fondatezza dell’appello e della inammissibilità della querela di falso;

ha proposto ricorso per cassazione la Fondazione E.N.P.A.M., affidandosi a due motivi illustrati da memoria; ha resistito, con controricorso, l’Agenzia delle Entrate.

CONSIDERATO

che:

il primo motivo denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2945 c.c. e artt. 75 e 110 c.p.c. “e di ogni principio della Corte Suprema di Cassazione in tema di overruling”: la ricorrente sostiene che, “prima dell’intervento delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, la giurisprudenza, a differenza di quanto sostenuto dalla Corte di Appello, era concorde, anzi unanime, nell’affermare il principio secondo cui la cancellazione della società dal registro delle imprese non ne determinava l’estinzione sino alla definizione di tutti i rapporti processuali pendenti, riguardo ai quali la società sopravviveva alla cancellazione”, cosicchè “la Cofer, seppure cancellata dal registro delle imprese, era, pienamente legittimata a proporre innanzi al Tribunale (…) la querela di falso”, atteso che l’atto di citazione era stato notificato nel maggio 2009; evidenzia che la modifica dell’art. 2945 c.c., introdotta dal D.Lgs. n. 6 del 2003, “seppure incideva sulla formulazione della norma sostanziale, aveva effetti sulle collegate norme processuali quali la capacità processuale della società estinta e la conseguente legittimazione, attiva e passiva” e sottolinea che, in merito ai precedenti giurisprudenziali, “la Cofer nel 2009, ossia quando fu iniziato il processo innanzi al tribunale di Roma, aveva confidato sulla allora vigente giurisprudenza dominante che attribuiva alla cancellazione della società dal registro delle imprese solo una mera funzione dichiarativa di pubblicità”;

il motivo – che si incentra sulla ricorrenza delle condizioni per applicare i principi espressi da questa Corte in materia di overrulling – è infondato; deve, infatti, considerarsi che:

“affinchè si possa parlare di “prospective overruling”, devono ricorrere cumulativamente i seguenti presupposti: che si verta in materia di mutamento della giurisprudenza su di una regola del processo; che tale mutamento sia stato imprevedibile in ragione del carattere lungamente consolidato nel tempo del pregresso indirizzo, tale, cioè, da indurre la parte a un ragionevole affidamento su di esso; che il suddetto “overruling” comporti un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa della parte” (Cass. n. 28967/2011);

nel caso in esame, non ricorre il primo presupposto, atteso che le pronunce emesse da questa Corte in materia di effetto estintivo immediato conseguente alla cancellazione della società dal registro delle imprese non riguardano direttamente regole del processo, ma attengono ad un profilo sostanziale che incide solo in via mediata sul processo, in conseguenza del venir meno della capacità processuale della società estinta;

quand’anche si volesse valorizzare tale riflesso processuale della pronuncia su una questione sostanziale, difetterebbe comunque il secondo presupposto, atteso che – come osservato dalla Corte territoriale – la modifica dell’art. 2945 c.c., risaliva all’anno 2003 (con effetti dal 1 gennaio 2004) e già a partire dal 2006 si era formato un indirizzo di legittimità nel senso che “la cancellazione dal registro delle imprese produce l’effetto costitutivo dell’estinzione irreversibile della società anche in presenza di crediti insoddisfatti e di rapporti di altro tipo non definiti” (Cass. n. 18618/2006; conforme Cass. n. 19347/2007), con “applicazione anche in ordine alle cancellazioni intervenute anteriormente al 1 gennaio 2004” (Cass. n. 25192/2008); di tali precedenti ha espressamente dato conto Cass., S.U. n. 4060/2010 (a pagg. 7 e 8), che ha risolto il contrasto giurisprudenziale nel senso dell’efficacia estintiva immediata della cancellazione (precisando che “per le società cancellate in epoca anteriore al 1 gennaio 2004 l’estinzione opera solo a partire dalla predetta data”);

deve pertanto ritenersi che la sentenza impugnata abbia correttamente affermato che la Cofer era estinta, e pertanto priva della capacità di stare in giudizio (Cass., S.U. n. 6070/2013), già al momento dell’introduzione della causa (con conseguente inammissibilità della querela di falso), senza riconoscere sussistenti i presupposti dell’overruling al fine di predicare la persistente capacità processuale della società attrice;

col secondo motivo (che denuncia la “violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4”), la ricorrente si duole che la Corte di merito abbia “omesso l’esame dell’eccezione sollevata dalla difesa della Fondazione nella comparsa di costituzione dell’appello (…) ossia che l’atto dell’Agenzia delle Entrate doveva essere notificato alla Fondazione Enpam e non alla Cofer”; richiamata Cass. n. 6070/2013, la ricorrente assume che l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto notificare l’atto di appello alla Fondazione anzichè alla Cofer, “con la conseguenza che ad essere dichiarato inammissibile doveva essere l’appello”;

il motivo è inammissibile in quanto “l’omesso esame di una questione puramente processuale non integra il vizio di omessa pronuncia, configurabile soltanto con riferimento alle domande ed eccezioni di merito” (Cass. n. 6174/2018), mentre “può configurare un vizio della decisione per violazione di norme diverse dall’art. 112 c.p.c., se, ed in quanto, si riveli erronea e censurabile, oltrechè utilmente censurata, la soluzione implicitamente data dal giudice alla problematica prospettata dalla parte” (Cass. n. 321/2016);

nella specie, la ricorrente non ha utilmente censurato la sentenza sul punto giacchè non ha contestato l’affermazione dell’esistenza di “un vizio insanabile originario del processo” (tale, evidentemente, da assorbire ogni altro profilo), ma si è limitata a sostenere che l’Agenzia delle Entrate era a conoscenza della circostanza che la Cofer era stata cancellata dal registro delle imprese prima dell’instaurazione del giudizio di appello “proprio perchè dalla stessa dichiarato a verbale nell’udienza di precisazione delle conclusioni del giudizio di appello”, senza tuttavia trascrivere il contenuto di tale dichiarazione (in ossequio alla previsione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) onde consentire a questa Corte di apprezzarne gli effettivi termini e la eventuale rilevanza in relazione alla denunciata inammissibilità dell’appello;

le spese di lite seguono la soccombenza;

sussistono le condizioni per l’applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 4.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, al rimborso degli esborsi (liquidati in Euro 200,00) e agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 14 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 23 maggio 2019

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