Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.14191 del 24/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 4877/2013 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

– controricorrente incidentale –

contro

Sapi s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, viale Parioli n. 43, presso lo studio dell’avv. Francesco d’Ayala Valva, che la rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Alessandro Turchi e Massimo Turchi, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

– ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna n. 35/07/12, depositata il 27 giugno 2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2018 dal Cons. Giacomo Maria Nonno.

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza n. 35/07/12 del 27/06/2012, la CTR dell’Emilia Romagna ha respinto l’appello dell’Agenzia delle entrate ed accolto l’appello incidentale della Sapi s.p.a. avverso la sentenza n. 34/01/10 della CTP di Modena, che aveva accolto parzialmente il ricorso della società contribuente avverso l’avviso di accertamento a fini IRAP ed IRES relativo all’anno d’imposta 2004;

1.1. come si evince dalla sentenza della CTR e dagli atti delle parti: a) la vicenda trae origine da una verifica fiscale dell’Agenzia delle entrate che aveva proceduto a rettificare il reddito d’impresa della Sapi s.p.a. con riferimento a cinque rilievi: 1) interessi attivi su finanziamenti non contabilizzati (IRES); 2) costi non inerenti per affitto di ramo d’azienda (IRES e IRAP); 3) costi non inerenti per differenziale da derivati (IRES); 4) costi non inerenti per locazione di bene strumentale (IRES ed IRAP); 5) costi non inerenti per interessi passivi per scopi estranei (IRES); b) la CTP accoglieva il ricorso della società contribuente limitatamente alle riprese nn. 1-3, mentre lo rigettava con riferimento alle riprese 4 e 5; c) l’Agenzia delle entrate proponeva appello davanti alla CTR e la Sapi s.p.a. proponeva appello incidentale, entrambe al fine di ottenere la riforma dei capi della sentenza di prime cure in relazione ai quali erano rimaste soccombenti;

1.2. la CTR respingeva l’appello dell’Agenzia delle entrate e accoglieva l’appello incidentale della società contribuente, evidenziando, per quanto ancora interessa, che: a) con riferimento all’illegittima detrazione di imposta in relazione all’affitto di un ramo d’azienda, “alla luce di quanto dedotto in giudizio, anche in questa sede, e prodotto agli atti, questa Commissione ritiene di dover condividere la posizione del contribuente e quindi ritenere congruo il corrispettivo previsto contrattualmente, posto anche che dall’esame svolto il (presunto) valore del ramo d’azienda che è oggetto dell’affitto è da ritenersi tale da poter anche giustificare il canone pattuito”; b) non appariva condivisibile “quanto dedotto dall’Agenzia delle Entrate di Modena sull’illegittima detrazione dell’IVA per locazione di bene strumentale, non potendosi entrare nel merito imprenditoriale di scelte che se legittime da un punto di vista normativo civilistico e tributario, riconoscono la buona fede del contribuente nel proprio operato”, sussistendo, del resto, in atti documentazione in ordine alla giustificazione delle scelte operate dalla società contribuente; c) nel complesso, la Sapi s.p.a. aveva integralmente “replicato i singoli punti dedotti nell’avviso di accertamento impugnato e che tale buon diritto debba essere riconfermato in questa sede di gravame”;

2. avverso la menzionata sentenza, l’Agenzia delle entrate proponeva tempestivo ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;

3. la Sapi s.p.a. resisteva con controricorso, proponeva ricorso incidentale affidato ad un unico motivo e depositava memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c..

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo di ricorso principale l’Agenzia delle entrate deduce omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 c.p.c., e in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, evidenziando che la sentenza della CTR statuisce unicamente in ordine alle riprese di cui in premessa (p. 1.1., sub a), ai nn. 2 e 4, non provvedendo in alcun modo sulle riprese di cui ai nn. 1, 3 e 5;

2. con il motivo di ricorso incidentale la Sapi s.p.a. contesta analoga omissione con riferimento alla ripresa di cui al n. 5;

3. i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati, vanno disattesi;

3.1. in realtà la sentenza della CTR, riportando per esteso le deduzioni delle parti sia in primo grado che in secondo grado, dimostra di prendere in considerazione le riprese in ordine alle quali si assume l’omessa pronuncia, provvedendo cumulativamente, ma espressamente, ad annullarle (“questo Organo Giudicante ritiene che integralmente nel merito parte contribuente abbia replicato i singoli punti dedotti nell’avviso di accertamento impugnato e che tale buon diritto debba essere riconfermato in questa sede di gravame”);

3.2. ne consegue che, da un lato, deve ritenersi che la CTR abbia pronunciato sulle riprese oggetto delle censure delle parti, sicchè i motivi proposti sono infondati e, dall’altro, che la Sapi s.p.a., essendo rimasta integralmente vincitrice, non ha alcun interesse ad impugnare la sentenza;

4. con il secondo motivo di ricorso principale ci si duole, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, della omessa o apparente motivazione su fatti controversi e decisivi per il giudizio, evidenziando che le modalità dell’annullamento delle riprese nn. 1, 3 e 5 da parte della CTR non consente di comprendere l’iter logico seguito dal giudice per arrivare alla decisione;

5. il motivo è fondato;

5.1. secondo la giurisprudenza di questa Corte, “ricorre il vizio di omessa motivazione della sentenza, denunziabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, quando il giudice di merito ometta di indicare, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento” (Cass. n. 9113 del 06/06/2012; Cass. n. 1756 del 27/01/2006; Cass. n. 2067 del 25/02/1998);

5.2. come si evince da quanto riportato al p. 3.1., la motivazione della sentenza della CTR sul punto è chiaramente apparente, perchè, pur volendosi ritenere che la stessa sia stata redatta con un rinvio per relationem a quanto dedotto dalla società contribuente, non si dà in alcun modo conto delle ragioni per le quali tali argomentazioni siano state ritenute preferibili a quelle, pure riportate in sentenza, dell’Agenzia delle entrate, così non dandosi conto dell’iter logico giuridico che sostiene la decisione;

6. con il terzo motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, evidenziandosi che la valutazione di inerenza del costo dedotto – nella specie il canone d’affitto di un ramo d’azienda da parte della società contribuente, ritenuto eccessivo dall’Agenzia delle entrate (e, quindi, antieconomico) – riguarda non solo l’imputabilità di tale costo all’attività di impresa, ma anche la sua adeguatezza sotto il profilo economico, nel senso che la sproporzione del costo legittima la presunzione di non inerenza, facendone venir meno la funzionalità all’attività economica;

7. il motivo è fondato nei limiti di cui appresso si dirà;

7.1. secondo un recente orientamento della S.C., che questo Collegio condivide, deve ritenersi che il principio di inerenza, unico per le imposte dei redditi e per l’IVA (Cass. n. 18904 del 17/07/2018), si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dal medesimo D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 109, comma 5, riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) (Cass. n. 450 del 11/01/2018) ed è espressione della necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’impresa (Cass. n. 13882 del 31/05/2018; Cass. n. 450 del 2018, cit.; Cass. n. 18904 del 2018, cit.);

7.1.1. lo stesso si traduce in un giudizio di carattere qualitativo, che prescinde, in sè, da valutazioni di tipo utilitaristico (o di vantaggio economico) ovvero quantitativo (Cass. n. 22938 del 26/09/2018; Cass. n. 18904 del 2018, cit.), sicchè “il costo attiene o non attiene all’attività d’impresa a prescindere dalla sua entità” (così espressamente, in motivazione, Cass. n. 18904 del 2018, cit.);

7.1.2. peraltro, secondo il medesimo orientamento (si veda sempre la motivazione di Cass. n. 18904 del 2018, cit.), il giudizio quantitativo o di congruità non è del tutto irrilevante, collocandosi, invece, su un diverso piano logico e strutturale rispetto al giudizio di inerenza;

7.1.3. quest’ultimo implica che la prova debba investire l’fatti costitutivi del costo, sicchè, per quanto riguarda il contribuente, egli è tenuto a provare (e documentare) l’imponibile maturato e, dunque, l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, ovvero che esso è in realtà un atto d’impresa perchè in correlazione con l’attività d’impresa; prova che è tanto più complessa quanto complessa, atipica e originale è l’operazione posta in essere;

7.1.4. a sua volta, l’Amministrazione finanziaria, ove ritenga gli elementi dedotti dal contribuente mancanti, insufficienti od inadeguati ovvero riscontri ulteriori circostanze di fatto tali da inficiare la validità e/o la rilevanza di quelli allegati a fondamento dell’imputazione del costo alla determinazione del reddito, può contestare la valutazione di inerenza;

7.1.5. ciò si traduce: a) in tema di imposte dirette, nella possibilità che l’Amministrazione finanziaria, nel negare l’inerenza di un costo, contesti anche l’incongruità e l’antieconomicità della spesa, che assumono rilievo, sul piano probatorio, come indici sintomatici della carenza di inerenza pur non identificandosi in essa; b) in tema di IVA, nella possibilità per l’Amministrazione finanziaria di dimostrare la macroscopica antieconomicità del costo, rilevando questa quale indizio dell’assenza di connessione tra costo ed attività d’impresa;

7.1.6. in tali ipotesi, è ovviamente onere del contribuente dimostrare la regolarità delle operazioni in relazione allo svolgimento dell’attività d’impresa e alle scelte imprenditoriali;

7.2. nel caso di specie, a fronte della contestazione, da parte dell’Agenzia delle entrate, di una evidente antieconomicità della gestione, essendo stato ritenuto il canone di affitto del tutto sproporzionato rispetto alla tipologia e al valore dell’azienda affittata, e gravando sul contribuente l’onere della dimostrazione dell’inerenza del costo, la CTR avrebbe dovuto specificare: a) che gli elementi indiziari forniti dall’Agenzia delle entrate in ordine alla antieconomicità del costo non siano indizi sintomatici di assenza di inerenza; b) sulla base di quali specifici elementi ha ritenuto di prestare adesione alla posizione del contribuente, ritenendo altresì congruo il corrispettivo dell’affitto di azienda previsto contrattualmente in relazione al valore del ramo d’azienda oggetto dell’affitto medesimo;

7.3. la motivazione della CTR è, dunque, palesemente insufficiente e la sentenza va, sul punto, cassata;

8. con il quarto motivo di ricorso si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, omessa e/o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, evidenziandosi che: a) da un lato, la ripresa riguarda una illegittima deduzione ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP, non già un’illegittima detrazione IVA; b) dall’altro, la valutazione di inerenza, certezza e congruità del costo dedotto – nella specie il canone di locazione di un bene strumentale ritenuto antieconomico dall’Agenzia delle entrate, avendo la SAPI sostenuto in soli sei anni una spesa pari a tre volte e mezzo il valore del bene locato – non è stata affatto compiuta dalla CTR;

9. il motivo è fondato, dovendo integralmente ribadirsi quanto già ampiamente dedotto con riferimento al terzo motivo;

9.1. in primo luogo, va evìdenziata l’ultroneità della motivazione della CTR, che discute di detrazione dell’IVA quando l’avviso di accertamento riguarda le sole imposte dirette e l’IRAP;

9.2. in secondo luogo (e in ogni caso), la valutazione della CTR è gravemente insufficiente laddove non chiarisce perchè gli elementi indiziari forniti dall’Agenzia delle entrate in ordine alla antieconomicità del costo dedotto non siano indizi sintomatici di assenza di inerenza e per quali ragioni si sia aderito alla tesi sostenuta dalla società contribuente, non essendosi indicato su quali elementi probatori si fonda la verosimiglianza delle giustificazioni della scelta imprenditoriale fornita dalla Sapi s.p.a.;

9.3. la sentenza della CTR va, dunque, cassata anche in parte qua;

4. in conclusione, vanno accolti il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale, rigettati il primo motivo e il motivo di ricorso incidentale, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, per nuovo esame e per le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso principale e rigetta il primo motivo e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, il 15 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2019

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