Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.14198 del 24/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. PENTA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26760/2015 proposto da:

ASCIT – Servizi Ambientali S.p.A., in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, Dott. G.G.M., con sede in ***** (C.F. e P. IVA *****), rappresentata e difesa nel giudizio dall’Avv. Gianluca Baldacci (C.F.: BLDGLC61P10D815) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso, in Roma alla Piazza dell’Emporio n. 16/A, come da procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

FLORY CART. DI G. S.R.L. in liquidazione e in concordato preventivo (già FLORY CART. DI G. & C. S.N.C.), in persona del Liquidatore Giudiziale Dott. M.G. (C.F.:

M.), e del legale rappresentante in carica G.S.

(C.F.: *****), con sede in ***** (P. IVA *****), rappresentata e difesa dall’Avv. Michele LAI (C.F.:

LAIMHL64C24D612S) del Foro di Firenze ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Firenze, al Viale Giovanni Amendola n. 20, come da mandato a margine del controricorso;

– controricorrente –

– avverso la sentenza n. 1893/9/2014 emessa dalla CTR di Firenze in data 02/10/2014 e non notificata;

udita la relazione della causa svolta all’udienza camerale dell’8/2/2019 dal Consigliere Dott. Andrea Penta;

udite le conclusioni rassegnate dal Procuratore Generale Dott. Ettore Pedicini nel senso del rigetto;

udite le conclusioni rassegnate dall’Avv. Giuseppe Guizzi, per delega dell’Avv. Gianluca Baldacci, per la ricorrente, nel senso dell’accoglimento, e dall’Avv. Michele Lai, per la resistente, nel senso del rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

La s.r.l. Autotecnica Lucchese proponeva ricorso in riassunzione a seguito della sentenza della Corte di Cassazione n. 2857/2012, che aveva cassato con rinvio ad altra sezione la sentenza n. 21/01/10 della Commissione Regionale di Firenze, per nuovo esame nel merito.

Il contenzioso ha ad oggetto l’impugnativa di avvisi di accertamento della tariffa di igiene ambientale relativi agli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005, con riferimento ad uno stabilimento ubicato in *****.

Con sentenza del 2.10.2014, la C.T.R. di Firenze, in accoglimento parziale dell’appello, dichiarava non dovute la parte variabile della TIA (nè le sanzioni e gli interessi), relativamente alle superfici produttive di rifiuti speciali non assimilabili, e l’IVA, sulla base, per quanto qui ancora rileva, delle seguenti considerazioni:

1) premesso che l’esonero dalla privativa comunale, previsto in caso di comprovato avviamento al recupero dal Decreto Ronchi, art. 21, comma 7, determina non già la riduzione della superficie tassabile, prevista dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 62, comma 3, per il solo caso di produzione di rifiuti speciali (non assimilabili o non assimilati), bensì il diritto ad una riduzione tariffaria determinata in concreto – a consuntivo – in base a criteri di proporzionalità rispetto alla quantità effettivamente avviata al recupero, la società appellante, aveva dimostrato di aver smaltito nell’anno in esame unicamente rifiuti speciali non assimilabili;

2) inoltre, dagli atti di causa risultava che la società aveva dichiarato e dimostrato per gli anni in esame (attraverso MUD prodotti, peraltro contestati solo genericamente dall’Ascit) di aver prodotto rifiuti speciali e di averne provveduto a propria cura allo smaltimento, così come previsto dalla legge;

3) pertanto per le aree suddette, posto che il ricorrente era tenuto in ogni caso al contributo fisso, ma solo a quello, non era obbligato a corrispondere, sulle superfici di riferimento, quello variabile;

4) per ciò che riguardava, invece, la debenza dell’IVA, il problema era stato recentemente risolto dalla Suprema Corte e dalla Corte costituzionale nel senso di escludere l’applicazione dell’IVA, avuto riguardo alla natura tributaria dell’IVA;

5) in definitiva, non erano dovuti l’Iva, nonchè le sanzioni applicate e gli interessi.

Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso la Ascit – Servizi Ambientali s.p.a., sulla base di sette motivi. La Autotecnica Lucchese s.r.l. ha resistito con controricorso.

In prossimità dell’udienza, la ricorrente ha depositato memorie illustrative ex art. 378 c.p.c..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 7, 21 e 49, della delib. del Comitato interministeriale 27 luglio 1984, delle delibere del Comune di Capannori 29.5.1998, n. 65, 20.2.2001, n. 11, 13.4.2004, n. 28, nonchè dei Regolamenti del medesimo Comune “in vigore tempo per tempo con riferimento ai distinti periodi di accertamento” (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR accolto il ricorso nonostante ASCIT avesse già escluso la parte variabile con riferimento agli avvisi di accertamento anteriori alla delibera di assimilazione dei rifiuti del 2004 e per aver, con riferimento agli avvisi successivi alla detta delibera di assimilazione, riconosciuto una esenzione totale delle superfici dalla quota variabile, nonostante i rifiuti prodotti dalla contribuente fossero tutti rifiuti speciali assimilati, basando peraltro la decisione su MUD prodotti dalla contribuente tardivamente solo con il ricorso in sede di riassunzione.

2. Con il secondo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per non aver la CTR considerato che la società contribuente non aveva assolto l’onere di provare di aver prodotto rifiuti speciali non assimilabili e di aver nel periodo in esame smaltito gli stessi.

3. Con il terzo motivo la ricorrente si duole della radicale assenza di motivazione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR affermato, senza render conto del procedimento logico sottostante, che la contribuente aveva dimostrato di aver prodotto rifiuti speciali, nonostante la sua contestazione circa l’assenza di qualsiasi documentazione attestante la produzione di rifiuti non assimilati.

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 394 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57,58 e 63(in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per non aver la CTR considerato che la documentazione necessaria a dar diritto alla riduzione della quota variabile in presenza di rifiuti speciali assimilati (modelli MUD per gli anni 2001-2005 e “prospetto riepilogativo delle superfici”) era stata prodotta dalla contribuente solo nel corso del giudizio di riassunzione a seguito della pronuncia rescindente della Cassazione.

5. Si rivela preliminare l’analisi del primo motivo, con riferimento al profilo dell’avvenuta produzione dei MUD soltanto con il ricorso in sede di riassunzione (cfr. pag. 24 del ricorso; doglianza reiterata con il secondo motivo a pag. 27), e del quarto motivo, atteso che il loro eventuale accoglimento determinerebbe l’assorbimento dei restanti.

I motivi si rivelano fondati nei termini che seguono.

Avuto riguardo alla tardività con la quale la documentazione a sostegno della richiesta di esenzione parziale è stata prodotta, la linea difensiva della resistente, che sul punto si è limitata a sostenere la natura di atti muniti di pubblica fede dei modelli MUD (con la conseguente necessità che gli stessi, per essere contestati, vengano impugnati nell’ambito di un giudizio incidentale di falso; cfr. pag. 35 del ricorso), avalla la tesi della ricorrente.

La tardività con la quale i detti documenti sono stati prodotti è stata denunciata sotto un duplice profilo: a) il mancato rispetto del termine ultimo (entro il 30 aprile dell’anno successivo), prescritto dagli artt. 24 e 23, rispettivamente, del Regolamento comunale di Capannori per l’anno 2004 e per l’anno 2005, per beneficiare della riduzione (pagg. 23-24 del ricorso; primo motivo), b) la violazione dell’art. 394 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57,58 e 63 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; quarto motivo).

Orbene, rappresenta un principio consolidato di questa Corte quello secondo cui nel giudizio di rinvio, configurato dall’art. 394 c.p.c. quale giudizio ad istruzione sostanzialmente “chiusa”, è preclusa l’acquisizione di nuove prove, e segnatamente la produzione di nuovi documenti, anche se consistenti in una perizia d’ufficio disposta in altro giudizio, salvo che (ma non è il caso di specie) la loro produzione non sia giustificata da fatti sopravvenuti riguardanti la controversia in decisione, da esigenze istruttorie derivanti dalla sentenza di annullamento della Corte di cassazione o dall’impossibilità di produrli in precedenza per causa di forza maggiore (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26108 del 18/10/2018; Sez. 5, Sentenza n. 19424 del 30/09/2015).

Non è revocabile in dubbio, del resto, che i modelli MUD ciò nonostante analizzati dalla CTR siano stati decisivi, se solo si considera che è proprio sulla base degli stessi che la Commissione ha ritenuto dimostrati per gli anni in contestazione l’avvenuta produzione di rifiuti speciali (non assimilabili) ed il loro smaltimento a cura e spese della contribuente, vale a dire i due requisiti indefettibili al fine di conseguire, quanto alla quota variabile, l’esonero integrale sulla TIA 1.

5.1. L’accoglimento del primo motivo, per quanto di ragione, e del quarto determina l’assorbimento dei restanti due.

6. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR riconosciuto l’esonero dalla quota variabile in difetto di una specifica domanda sul punto, laddove la contribuente si era limitata a chiedere, peraltro in via subordinata, solo la riduzione proporzionale della stessa.

6.1. Il motivo è infondato.

In termini generali, il principio della corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato, la cui violazione determina il vizio di ultrapetizione, implica unicamente il divieto, per il giudice, di attribuire alla parte un bene non richiesto o, comunque, di emettere una statuizione che non trovi corrispondenza nella domanda, ma non osta a che il giudice renda la pronuncia richiesta in base ad una ricostruzione dei fatti di causa autonoma rispetto a quella prospettata dalle parti. Tale principio deve quindi ritenersi violato ogni qual volta il giudice, interferendo nel potere dispositivo delle parti, alteri alcuno degli elementi obiettivi di identificazione dell’azione (petitum e causa petendi), attribuendo o negando ad alcuno dei contendenti un bene diverso da quello richiesto e non compreso, nemmeno implicitamente o virtualmente, nella domanda, ovvero, pur mantenendosi nell’ambito del petitum, rilevi d’ufficio un’eccezione in senso stretto che, essendo diretta ad impugnare il diritto fatto valere in giudizio dall’attore, può essere sollevata soltanto dall’interessato, oppure ponga a fondamento della decisione fatti e situazioni estranei alla materia del contendere, introducendo nel processo un titolo (causa petendi) nuovo e diverso da quello enunciato dalla parte a sostegno della domanda.

Alla stregua dei passaggi degli atti introduttivi del giudizio di primo grado e di quello di rinvio trascritti dalla ricorrente (cfr. pagg. 31-32 del ricorso), la domanda di esonero integrale dalla quota variabile (e, quindi, di riduzione della superficie tassabile), per essersi in presenza di rifiuti non assimilabili a quelli urbani, è implicitamente ricompresa in quella (proposta incontestabilmente sin dal primo grado di giudizio), subordinata (rispetto alla principale richiesta di annullamento degli atti di accertamento impugnati), finalizzata ad ottenere la rideterminazione dell’importo della TIA dovuta “in base all’area effettivamente assoggettabile”.

7. Con il sesto motivo la ricorrente denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 3 D.P.R. n. 633 del 1972 e 6, comma 13, L. n. 133/1999 e del D.M. n. 24.10.2000, n. 370 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per aver la CTR escluso che la TIA 1 fosse assoggettabile ad IVA.

7.1. Il motivo è infondato.

Anche di recente questa Corte, con argomentazioni condivise e non suscettibili di revisione critica, ha ribadito che la tariffa di igiene ambientale (TIA), per il periodo antecedente all’entrata in vigore del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (nel caso di specie, gli atti di accertamento si riferiscono agli anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005), ha natura tributaria, attesa l’assenza di un rapporto di corrispettività, proprio del meccanismo di commisurazione del tributo secondo la disciplina prevista dal D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, sicchè non è assoggettabile ad IVA, che mira a colpire la capacità contributiva e si manifesta – in linea con la previsione di cui al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 3, quando si acquisiscono beni o servizi versando un corrispettivo quale controvalore effettivo del servizio prestato (Sez. 6 – 5, Sentenza n. 4723 del 10/03/2015). L’orientamento è stato definitivamente consacrato nella pronuncia a Sezioni Unite n. 5078 del 15/03/2016, a tenore della quale la tariffa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, istituita dal D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 49, oggi abrogato, avendo natura tributaria, non è assoggettabile all’IVA, che mira a colpire la capacità contributiva insita nel pagamento del corrispettivo per l’acquisto di beni o servizi e non in quello di un’imposta, sia pure destinata a finanziare un servizio da cui trae beneficio il medesimo contribuente.

Del resto, già in precedenza, come evidenziato anche dall’ordinanza della Corte Cost. n. 64 del 2010 ed avallato da questa Corte con la sentenza a Sezioni Unite n. 25929 del 05/12/2011 (che superava la precedenza impostazione avallata da SU n. 13894/2009) e con pronuncia di questa Sezione n. 3756 del 09/03/2012, si era escluso che tale tariffa costituisse una entrata patrimoniale di diritto privato, reputandola, invece, una mera variante della TARSU, disciplinata dal D.P.R. 15 novembre 1993, n. 507, di cui conservava la qualifica di tributo.

8. Con il settimo ed ultimo motivo la ricorrente deduce la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), per aver la CTR posto a suo carico integralmente le spese di lite, nonostante nella fattispecie fosse configurabile una soccombenza ripartita.

8.1. Il motivo resta assorbito nell’accoglimento del primo e del quarto.

9. In conclusione, il ricorso merita di essere accolto con riferimento al primo, nei termini di cui in motivazione, ed al quarto motivo, laddove il secondo, il terzo ed il settimo motivo restano assorbiti nell’accoglimento degli altri due ed il quinto e sesto motivo vanno rigettati.

L’accoglimento dei predetti motivi determina la cassazione della sentenza impugnata, con rinvio della causa, anche ai fini delle spese del presente grado di giudizio, alla CTR Toscana in diversa composizione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo, nei limiti di cui in motivazione, ed il quarto motivo, dichiara assorbiti il secondo, il terzo ed il settimo motivo, rigetta il quinto ed il sesto motivo, cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per le spese del presente grado di giudizio, alla CTR Toscana in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della V Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 8 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 24 maggio 2019

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