Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.14422 del 27/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 995-2014 proposto da:

FONDO PENSIONE COMPLEMENTARE PERSONALE BANCO DI NAPOLI, *****, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE DE LUCA TAMAJO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANGELO PANDOLFO;

– ricorrente –

contro

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ANGELICO 70, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMA, rappresentato e difeso dall’avvocato PASQUALE PACIFICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4671/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 27/06/2013 R.G.N. 5749/2009.

RILEVATO

che:

1. I.A. – ex dipendente del Banco di Napoli s.p.a. – convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Napoli in funzione di giudice del lavoro il Fondo Pensione Complementare per il Personale del Banco di Napoli (d’ora in avanti, Fondo) deducendo: di essere stato iscritto d’ufficio alla Sezione A) del Fondo il quale, in data 30 luglio 2002, gli aveva formulato l’offerta (prevista dall’art. 47; comma 1, lett. B) dello Statuto) di una somma una tantum (denominata “zainetto”) per consentirgli il trasferimento di tale somma alla Sezione B) rinunziando ai diritti di previdenza integrativa nascenti dalla iscrizione alla Sezione A; che, però, la somma offerta con la menzionata del 30 luglio 2002 era risultata errata, sicchè era stata nuovamente quantificata, con nota del 5 luglio 2004 e successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro avvenuta il 31.3.2004, in Euro 308.854,00 con la precisazione che, a titolo risarcitorio, la predetta somma sarebbe andata ad incrementare la posizione individuale intrattenuta presso la Sezione B), con valuta 1.1.2003; che tale impegno non era stato mantenuto essendo stata trasferita alla Sezione B) solo la somma di Euro 308.854,00 senza riconoscere la valuta dal 1.1.2003; che, quindi, con nota del 20 aprile 2005, il Fondo aveva proceduto alla definitiva liquidazione della posizione di esso ricorrente accesa alla Sezione B) calcolata in Euro 359.543,54 nei quali, però, non erano stati ricompresi i rendimenti conseguiti dalla gestione del patrimonio del cd. “zainetto” dall’1.1.2003 al 2.5.2005. Tanto esposto, chiese la condanna del Fondo al pagamento dell’importo di Euro 23.933,23 oltre interessi e rivalutazione monetaria dal 1.5.2005 al soddisfo;

2. l’adito giudice, all’esito dell’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio, condannò il Fondo al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 22.951,54 oltre accessori di legge;

3. tale decisione, con sentenza del 27 giugno 2013, veniva confermata dalla Corte d’appello di Napoli che rigettava l’appello del Fondo sulla scorta delle seguenti argomentazioni: era infondata la censura secondo la quale nella missiva inoltrata dall’Izzo al Fondo in data 9 giugno 2005 quest’ultimo avrebbe riconosciuto la correttezza delle somme a lui attribuite a titolo di rendimenti con valuta dal 1.1.2003 in quanto in essa il predetto si era limitato solo a rilevare che, ad un primo esame del prospetto di liquidazione, l’importo riportato sotto la voce “rendimenti” esponeva dei valori troppo bassi per rappresentare il reale rendimento conseguito nella sua posizione individuale alla luce dei rendimenti netti pubblicati nei bilanci del Fondo per gli anni 2003 – 2005, prospettando anche un possibile pregiudizio di natura fiscale; che l’ I. non avesse riconosciuto di aver percepito quanto spettantegli emergeva anche dal contenuto della successiva missiva inviata al Fondo del 19.12.2005; che, in sostanza, l’appellato si era limitato a chiedere chiarimenti in ordine alla imputazione delle somme corrisposte – se a titolo di contributi ovvero di rendimento anche per le possibili rilevanti ricadute fiscali conseguenti all’ascrivibilità all’uno o all’altro titolo; che, comunque, dovendo essere il debitore a provare il fatto estintivo dell’obbligazione, nel caso in esame tale prova non era stata fornita dal Fondo; che, correttamente, il primo giudice aveva accertato che dai prospetti di liquidazione non si evinceva la individuazione delle somme versate a titolo di rendimento sullo “zainetto” dal 1.1.2003 al 1.5.2005 essendo l’importo complessivo di Euro 353.528,76 comprensivo dello “zainetto” (ovvero Euro 308.854,00) cui si era aggiunto un ulteriore importo a titolo di “contributo a carico; dell’azienda” ed in modo “impeccabile” aveva determinato la misura degli interessi spettanti al creditore, calcolo solo genericamente contestato dall’appellante;

4. per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso il Fondo affidato a due motivi cui resiste con controricorso l’ I.; il Fondo ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

5. con il primo motivo di ricorso si deduce omesso esame circa in fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) non avendo la Corte territoriale tenuto conto di quanto sostenuto dal Fondo e cioè che la somma di Euro 23.933,23 pretesa a titolo di rendimenti dall’ I. era stata già calcolata nella voce “contributo a carico dell’azienda” e corrisposta all’ex dipendente, fatto rimasto del tutto inesplorato tanto in primo che in secondo grado. Con il secondo motivo viene dedotta violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116,112,420,424,437 c.p.c., art. 2697 c.c. e art. 24 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3): per essersi il giudice del gravame supinamente adeguato all’operato del Tribunale che, non avendo compreso quale fosse il punto centrale della controversia, non aveva tenuto in alcuna considerazione la missiva inoltrata dall’ I. nel giugno 2005 e neppure aveva utilizzato i poteri istruttori ufficiosi omettendo si ammettere la prova testimoniale articolata dal Fondo e formulando al consulente tecnico nominato un quesito inadeguato a risolvere il vero nodo della questione; per. avere concentrato l’attenzione sulla problematica di natura fiscale del tutto estranea, invece, al thema decidendum, continuando a svalutare la portata della missiva del giugno 2005 e dando un’interpretazione assolutamente non condivisibile di quella successiva del dicembre 2005 laddove, in entrambe, ciò che veniva contestata era solo la diversa imputazione delle somme e non il “quantum” corrisposto dal Fondo; per avere ingiustamente avallato le risultanze della consulenza espletata in primo grado, laddove l’ausiliare non aveva chiarito quello che era il punto centrale della causa;

6. il primo motivo è inammissibile in quanto non presenta alcuno dei requisiti di ammissibilità richiesti dall’art. 360, comma 1, n. 5 così come novellato nella interpretazione fornitane dalle Sezioni unite di questa Corte (SU n. 8053 del;7 aprile 2014) finendo con il denunciare non l’omesso esame di un fatto, bensì un’errata interpretazione della domanda da parte tanto del Tribunale che della Corte territoriale, interpretazione che è attività riservata al giudice di merito integrando un tipico accertamento di fatto censurabile in questa sede solo dal punto di vista della correttezza della motivazione che lo sorregge (Cass. n. 30684 del 21/12/2017, di recente e per tutte); senza considerare che, dalla lettura dell’impugnata sentenza, emerge come la Corte d’appello avesse ben compreso il tenore delle difese del Fondo ed il “thema decidendum” della causa;

7. del pari da rigettare è il secondo motivo perchè sollecita una rivisitazione del merito della controversia non consentita in questa sede.

Invero, è stato in più occasioni affermato dalla giurisprudenza di questa Corte che la valutazione delle emergenze probatorie, come la scelta, tra le varie risultanze, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive (cfr., e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003). Denuncia, infatti: un errato scrutinio del contenuto di documenti acquisiti al processo proponendone una diversa e più appagante interpretazione; la mancata ammissione di una prova testimoniale che, però, per come articolata, è priva del caratterè di decisività; genericamente il contenuto del quesito posto dal Tribunale all’ausiliare senza,neppure precisare se ne fosse stata richiesta la riformulazione in sede di affidamento dell’incarico;

8. pertanto, il ricorso va rigettato;

9. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura di cui al dispositivo con attribuzione all’avv. Pasquale Pacifico per dichiarato anticipo fattone.

10. sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013) trovando tale disposizione applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame (Cass. n. 22035 del 17/10/2014; Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014e numerose successive conformi).

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%, con attribuzione.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto del sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019

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