Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Ordinanza n.14424 del 27/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 23587-2014 proposto da:

C.M., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato FRANCESCO PIZZUTO;

– ricorrente –

contro

SICILCASSA S.P.A. IN LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO PESSI, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1470/2013 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 05/10/2013 R.G.N. 1574/2009.

RILEVATO

che:

1. con sentenza del 5 ottobre 2013, la Corte di appello di Palermo confermava la decisione del Tribunale in sede nella parte in cui aveva rigettato l’opposizione al passivo della Liquidazione Coatta Amministrativa di Sicilcassa proposta da C.M. a seguito della reiezione della domanda di ammissione in via privilegiata al passivo della procedura del credito di Lire 120.860.704; derivante dal riscatto della integrale contribuzione al Fondo Integrativo Pensione (FIP) complementare, quale ex dipendente della Sicilcassa s.p.a.; la riformava in punto di regolamentazione delle spese, disponendone la compensazione per entrambi i gradi di giudizio;

2. ad avviso della Corte territoriale e per quanto ancora di rilievo in questa sede: correttamente il Tribunale aveva respinto la domanda sul rilievo che la documentazione sulla quale avrebbe dovuto fondarsi la decisione e costituita dai regolamenti FIP succedutisi nel tempo e dagli accordi sindacali in materia era stata prodotta tardivamente, solo in sede di precisazione delle conclusioni, e, quindi, era inammissibile ed inutilizzabile; la norma di cui all’art. 421 c.p.c. era inapplicabile al giudizio di opposizione allo stato passivo, disciplinato dal rito ordinario e non da quello del lavoro; comunque, neppure ricorrevano i presupposti per invocare il citato art. 421 c.p.c. non essendo stati indicati detti documenti nel ricorso introduttivo e neppure allegati e non potendo essere invocata la citata norma per colmare integralmente lacune probatorie imputabili alla parte presupponendo la stessa l’esistenza di mezzi istruttori ritualmente dedotti ed acquisiti e meritevoli di approfondimento; neppure poteva trovare applicazione il disposto dell’art. 425 c.p.c.attinente al processo del lavoro; il C. non aveva fornito alcun elemento in ordine al quantum preteso omettendo qualsiasi allegazione sull’ammontare dello stipendio in costanza di rapporto, sulla quota dello stipendio versata al FIP dal gennaio 1983, su quella versata dalla Sicilcassa con conseguente inammissibilità di una consulenza tecnica d’ufficio che avrebbe avuto un carattere del tutto esplorativo; la natura di credito di lavoro relativamente alla somma di Lire 811.765 ammessa in chirografo al passivo era stata allegata per la prima volta solo in appello;

3. per la cassazione di tale decisione propone ricorso il C. affidato a quattro motivi cui resiste con controricorso Sicilcassa in LCA illustrato da memoria.

CONSIDERATO

che:

4. con il primo motivo di ricorso viene dedotta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. 1 settembre 1993, n. 385, artt. 87 e 88 (Testo Unico Bancario), artt. 421,425 e 437 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo la Corte territoriale erroneamente escluso l’applicazione dell’art. 421 c.p.c. nonostante il rinvio contenuto nel D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 88, comma 4, alle norme del codice di procedura civile sul processo di cognizione tra le quali rientrava anche l’art. 421 cit. e, dunque, i documenti prodotti solo in sede di precisazione delle conclusioni ben avrebbero potuto essere ammessi dal Tribunale o anche, ex art. 345 o 437 c.p.c., dalla Corte d’appello la quale avrebbe potuto anche chiedere informazioni ai sensi dell’art. 435 c.p.c., comma 4, alle associazioni sindacali trattandosi di contratti ed accordi collettivi. Con il secondo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 87 (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) non avendo il Tribunale di Palermo proceduto alla riunione delle varie cause di opposizione allo stato passivo proposte dai lavoratori e concernenti tutte il FIP ed alla nomina di un solo giudice istruttore. Con il terzo motivo si lamenta violazione e/o falsa applicazione degli artt. 61,421 e 437 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto il ricorso introduttivo privo delle necessarie allegazioni laddove, invece: l’ammontare della somma finale determinata dalla quota degli stipendi mensili versata al FIP dal lavoratore era nota essendo stata già ammessa al passivo incrementata, in accoglimento della domanda subordinata proposta dal lavoratore, anche degli interessi legali; i dati riguardanti la somma imputata dalla Sicilacassa al FIP quale quota dello stipendio mensile del lavoratore così come l’importo computato dalla Sicilcassa alla voce FIP quale quota annuale giammai potevano emergere da specifici documenti in possesso del lavoratore ma solo dalla documentazione in possesso della banca, acquisibile anche ex art. 213 c.p.c., ed essendo la risultante di complesse operazioni contabili la cui verifica avrebbe dovuto essere affidata ad un consulente tecnico d’ufficio. Con il quarto motivo viene denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 429,345 e 437 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) in quanto la Corte territoriale, giudicando sulla domanda proposta in via subordinata dal C., aveva ammesso in via privilegiata solo gli interessi legali pur trattandosi di credito da lavoro;

5. il primo ed il terzo motivo, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono fondati. Ricorre la violazione dell’art. 345 c.p.c. – applicandosi al giudizio di opposizione allo stato passivo il rito ordinario e non quello del lavoro (Cass. n. 9163 del 03/05/2005; Cass. n. 19596 del 30/09/2016; Cass. n. 11856 del 19/05/2006) – in ossequio al principio secondo cui “Nel giudizio di appello, costituisce prova nuova indispensabile, ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 3, nel testo previgente rispetto alla novella di cui al D.L. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, quella di per sè idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto indimostrato o non sufficientemente provato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado.” (Cass. n. 10790 del 04/05/2017, ribadito poi anche da Cass. n. 24129 del 03/10/2018 e, con riferimento all’opposizione allo stato passivo, da Cass. n. 24164 del 13/10/2017). Ed infatti, la Corte territoriale ha ritenuto inammissibile la documentazione prodotta nuovamente in appello dal C. senza valutarne la indispensabilità, anche in considerazione della circostanza che l’ammontare della pretesa era nota essendo stata già ammessa al passivo incrementata, in accoglimento della domanda subordinata proposta dal lavoratore, an;che degli interessi legali. La rilevata violazione dell’art. 345 c.p.c. assorbe le altre denunciate violazioni di legge;

6. il secondo motivo è, invece, infondato in quanto la violazione del D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 87 nella parte in cui dispone che per le varie opposizioni allo stato passivo debbano essere assegnate ad un’unica sezione ed ad un unico giudice istruttore non comporta alcuna sanzione, nè può spiegare alcuna influenza sull’attività istruttoria delle singole cause nè, tantomeno, giustificare l’utilizzo di poteri istruttori ufficiosi;

7. l’accoglimento del primo e del terzo motivo assorbe il quarto essendo ancora sub iudice la domanda principale;

8. alla luce di quanto esposto vanno accolti il primo ed il terzo motivo di ricorso, va rigettato il secondo e dichiarato assorbito il quarto, l’impugnata sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d’appello di Palermo in diversa composilione che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il primo ed il terzo motivo, rigettato il secondo ed assorbito il quarto, cassa l’impugnata sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte d’appello di Palermo in diversa composizione anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019

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