Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.14432 del 27/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Sul ricorso 7840-2014 proposto da:

Complesso Residenziale *****, elettivamente domiciliato in Roma, Via Conca D’oro 378, presso lo studio dell’avvocato Carmelo Monaco, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M., elettivamente domiciliato in Roma, Viale Libia 167, presso lo studio dell’avvocato Giovanni Borrelli, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1250/2013 del Tribunale di Tivoli, depositata il 18/09/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/07/2018 dal Consigliere Dott. Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

-il giudizio trae origine dall’opposizione proposto da G.M. al decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di pace per il pagamento di oneri relativi alle spese di gestione del Complesso Residenziale ***** previste ed approvate con Delib. assembleare maggio 2009;

– l’opposizione veniva respinta e l’opponente impugnava la decisione avanti al Tribunale quale giudice di appello;

– il Tribunale con sentenza n. 1250 del 18 settembre 2013 accoglieva l’appello e revocava il decreto ingiuntivo;

– a fondamento della decisione il giudice del gravame sosteneva che l’ingiungente non abbia provato il titolo costitutivo della comunione sui beni facenti parte del complesso residenziale in cui sono collocati i lotti assegnati ai singoli soci;

– non rileverebbero nè l’originario atto di assegnazione, che non menziona le pertinenze, nè eventuali atti successivi di trasferimento;

– neppure potrebbe rilevare il Regolamento che presuppone un atto costitutivo della comunione, nè il disposto dell’art. 818 c.c. (come interpretato da Cass. n. 7655/1990, 19157/2005);

-la cassazione della sentenza d’appello è chiesta dal Complesso Residenziale ***** con ricorso notificato il 17/3/2014 e basato su due motivi, cui resiste con controricorso G.M.;

– entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 818,1100,1105,1106,1107,1109,117118,1137,1350 e 2644 c.c. e art. 61 e 62 disp. att. c.c. nonchè la nullità della sentenza impugnata e l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio per avere il Tribunale ritenuto che fosse necessario uno specifico atto di trasferimento delle aree comuni, che, invece, si erano trasferite agli assegnatari dei lotti per effetto del trasferimento della proprietà dei singoli lotti, in quanto aree legate da vincolo pertinenziale con gli stessi;

-con il secondo motivo parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 63 disp. att. c.c., artt. 1109 e 1137 c.c. per non avere il Tribunale quale giudice del gravame, correttamente applicato il principio secondo cui il condomino opponente a decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell’art. 63 disp. att. c.c. per il pagamento di contributi condominiali sulla base di una deliberazione assembleare oggetto di impugnativa ai sensi dell’art. 1137 c.c., non può contestare il titolo dell’avversa pretesa sulla base di eccezioni relative alla validità della delibera, essendo la condanna all’adempimento del debito ingiunto condizionata soltanto al perdurare dell’efficacia della medesima deliberazione;

– i motivi possono essere esaminati congiuntamente e vanno disattesi per le seguenti considerazioni;

-va ritenuto, in via di principio, che, qualora una cooperativa edilizia, dopo aver stipulato con il Comune una convenzione di lottizzazione su di un terreno al fine di costruirvi un complesso edilizio da destinare a civile abitazioni, abbia poi provveduto all’assegnazione degli alloggi realizzati ai soci, con conseguente formale trasferimento in loro favore della proprietà delle singole unità immobiliari ed insorgenza di un rapporto di condominio tra i soci assegnatari, deve ritenersi che oggetto dell’assegnazione sia pure la comproprietà dei beni che abbiano l’attitudine funzionale al servizio o al godimento collettivo, e, cioè, siano collegati strumentalmente, materialmente o funzionalmente, con le unità immobiliari assegnate in proprietà esclusiva ai soci, ovvero che siano in rapporto con queste da accessorio a principale, essendo il diritto dei soci assegnatari sulle parti di area non direttamente interessate dai fabbricati assimilabile a quello dei condomini sulle parti comuni;

– come già sostenuto da questa Corte (sentenza n. 6882/2014), deve rilevarsi che le cooperative edilizie perseguono lo scopo di costruire alloggi e di assegnarli dapprima in godimento e poi in proprietà individuale ai soci;

– nell’attuare tale oggetto sociale, la previsione di spazi deputati al godimento comune dei soci è più o meno necessitata dalla natura stessa del corpo di fabbrica realizzato e dall’applicazione ad esso dell’art. 1117 c.c. in tema di parti comuni dell’edificio;

– il Tribunale di Tivoli aveva ritenuto decisiva, al fine di escludere la comproprietà in capo ai soci assegnatari delle aree degli impianti di pertinenza degli alloggi (pozzi, depuratore, terreni destinati a verde, impianti di urbanizzazione secondaria), e quindi di negare il conseguente obbligo di partecipare alle relative spese, la mera mancata menzione di tali beni all’interno dell’atto di assegnazione;

– in realtà, va osservato, applicando, al caso di specie, l’art. 1117 c.c., si sarebbe, peraltro, configurata, piuttosto, una presunzione di comunione che abbraccia quelle aree quegli impianti i quali (all’esito di indagine di fatto riservata al giudice del merito) denotino una relazione strumentale necessaria con l’uso comune;

– inoltre, tale presunzione non potrebbe essere vinta dalla pura e semplice omessa menzione nell’atto di assegnazione di dette aree o impianti, occorrendo, invece, una formale espressione in questa direzione contenuta nel contratto sociale;

– nonostante queste considerazioni, risulta decisiva la circostanza che con la memoria ex art. 380 parte controricorrente ha dedotto l’esistenza di un giudicato esterno formatosi inter partes dopo la notifica del ricorso per cassazione in forza della sentenza del Tribunale di Tivoli n. 1493 del 2014 dep. il 23/6/2014 corredata di idonea certificazione ai sensi dell’art. 124 delle disp. att. c.p.c. che ha prodotto ritualmente il relativo documento;

– la menzionata sentenza, avente ad oggetto l’impugnativa delle deliberazioni assembleari relativa ai bilanci consuntivo 2011 e 2012 proposta da vari proprietari fra cui il sig. G., accertava che gli atti di assegnazione dei singoli lotti agli attori non avessero alcun riferimento alle pertinenze ad esse relative, sicchè non sussisteva alcuna comunione al riguardo dei detti beni;

– l’accertamento contenuto nella sentenza del Tribunale di Tivoli;

– come già osservato nelle precedenti pronunce di questa Corte richiamate dalla controricorrente n. 328/2017, 327/2017, 767/2017, 10058/2018, 9540/2018 e n. 9279/2018 – della insussistenza di una situazione di contitolarità in capo alla controricorrente delle aree pertinenziali del Complesso *****, presupposto di fatto dell’obbligo della stessa di contribuire alle spese della relativa comunione, inerisce ad una connotazione, di fatto e di diritto, del rapporto inter partes, idonea a produrre effetti destinati a durare per tutto il protrarsi di tale rapporto a situazione normativa e fattuale immutata;

– ne consegue che la situazione ivi accertata non può più formare oggetto di valutazione diversa nel presente giudizio (cfr. Cass. 11572/2016), nè ai fini del primo motivo, nè ai fini del secondo motivo, in quanto i limiti della cognizione del giudice del procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di oneri condominiali dipendono comunque dalla preventiva configurabilità di una deliberazione che abbia approvato la ripartizione delle spese tra i condomini relative a parti ad essi comuni, essendo tale situazione di comunione smentita dall’intervenuto giudicato esterno (arg. Cass. 305/2016);

– consegue che il ricorso per cassazione, poichè finalizzato a porre in discussione la questione relativa alla contitolarità delle aree pertinenziali del Complesso Residenziale *****, che risulta coperta dal contrario giudicato esterno dedotto da parte controricorrente, deve essere rigettato (Cass. 13916/2006);

– la rilevanza del giudicato esterno non è inficiata dalla deduzione di parte ricorrente svolta nella memoria ex art. 380 bis c.p.c. in relazione alla natura incidentale dell’accertamento oggetto del giudicato, perchè esso non riguarda la natura esclusiva di beni ritenuti condominiali;

– esso concerne l’insussistenza dell’obbligo di concorrere alle spese ed il suo antecedente logico rappresentato dall’esclusione del rapporto di condominialità nei confronti del G., accertamento rispetto al quale il contraddittorio è integro e la decisione idonea ad assurgere all’efficacia di giudicato esterno ed ad impedire la riapertura della questione, in difetto di elementi sopravvenuti (Cass.11572/2016);

– la sopravvenienza del giudicato esterno rispetto al momento di proposizione del ricorso, giustifica la compensazione delle spese del giudizio di cassazione;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 18 luglio 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019

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