Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.14441 del 27/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17464-2015 proposto da:

GECOM MARKET SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI MONTE FIORE 22, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GATTAMELATA, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato RICCARDO RUFFO;

– ricorrente –

contro

CS WORKS SRL, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 77, presso lo studio dell’avvocato LUCIO LAURITA LONGO, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati MARTA TOGNON, FABRIZIA RUGGIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2538/2013 del TRIBUNALE di PADOVA, depositata il 30/10/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22/02/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI.

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d’Appello di Venezia, con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c. del 20.04.2015, pubblicata il 30.04.2015, dichiarava inammissibile l’appello avverso la sentenza n. 2538/2013 del Tribunale di Padova, che aveva rigettato l’opposizione proposta dalla Ge.Com. Market s.p.a., avverso il decreto ingiuntivo n. 554/2006, con il quale si ingiungeva alla Ge.Com. Market s.p.a. il pagamento della somma di Euro 96.000,00 in favore della C.S. Works s.r.l.

2. Come si ricava dalla sentenza di primo grado, il giudizio trae origine dal ricorso depositato dalla C.S. Works s.r.l., con cui si chiedeva al Tribunale di Padova l’emissione di un decreto ingiuntivo per ottenere il pagamento del corrispettivo delle prestazioni eseguite in favore della Ge.Com. Market s.p.a., aventi ad oggetto la consulenza e l’esecuzione delle procedure amministrative necessarie per ottenere l’autorizzazione per l’esercizio di una grande struttura di vendita commerciale di prodotti alimentari.

2.1 Nello specifico, il contratto di consulenza stipulato tra le due società prevedeva l’esecuzione di quattro fasi, ciascuna delle quali autonomamente retribuita. Deduceva la C.S. Works s.r.l. che la Ge.Com. Market si era resa inadempiente al pagamento della seconda fase del progetto, che prevedeva il corrispettivo in Euro 50,00 per ogni mq di vendita ottenuto.

3. Il Tribunale, interpretava l’art. 4 del contratto nel senso che il corrispettivo dovesse essere calcolato non sulla differenza tra i metri quadri destinati alla vendita previsti nella precedente licenza – pari a mq. 1.500 – e quelli ottenuti cioè mq. 1.600 – a seguito della prestazione professionale svolta.

Infatti, secondo il Tribunale, non solo la nuova licenza ottenuta si riferiva ad un settore merceologico diverso rispetto a quello dell’originaria licenza, ma anche il superamento dei mq 1.500 determinava il cambiamento della tipologia di autorizzazione, da media a grande struttura di vendita, e necessitava, quindi, di una nuova autorizzazione amministrativa.

4. Per la cassazione della sentenza di primo grado, ha proposto ricorso la Ge.Com. Market s.p.a. sulla base di un unico motivo.

4.1 Ha resistito con controricorso la C.S. Works s.r.l.

4.2 In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato le memorie illustrative.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile in quanto privo dell’esposizione, ancorchè sommaria, dei fatti di causa; esso quindi non soddisfa i requisiti di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

1.1 Esso va ascritto al genere dei c.d. ricorsi assemblati, ossia ai ricorsi nei quali l’esposizione dei fatti di causa avviene attraverso la testuale riproduzione degli atti dei gradi di merito. Tale modalità di confezionamento del ricorso non risponde ai requisiti di specificità richiesti dall’art. 366 c.p.c.

Infatti, il ricorso per cassazione redatto per assemblaggio, attraverso la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale, contenuto degli atti processuali, è carente del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., n. 3, che non può, a fronte dell’utilizzo di tale tecnica, neppure essere desunto, per estrapolazione, dall’illustrazione del o dei motivi (Sez. 6 – 3, Sentenza n. 3385 del 22/02/2016, Rv. 638771). Ciò in quanto la tecnica di redazione mediante integrale riproduzione di una serie di documenti si traduce in un’esposizione dei fatti non sommaria, in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, e comporta un mascheramento dei dati effettivamente rilevanti, tanto da risolversi in un difetto di autosufficienza (Sez. 5, Sentenza n. 18363 del 18/09/2015, Rv. 636551).

Il requisito della esposizione sommaria dei fatti consiste in una esposizione che deve garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass. civ. Sez. Unite, Sent., 28-112018, n. 30754).

2. Tale elaborazione giurisprudenziale è peraltro conforme a quanto già ritenuto dalle Sezioni unite, secondo cui, ai fini del requisito di cui all’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, la pedissequa riproduzione dell’intero, letterale contenuto degli atti processuali è, per un verso, del tutto superflua, non essendo affatto richiesto che si dia meticoloso conto di tutti i momenti nei quali la vicenda processuale si è articolata; per altro verso, inidonea a soddisfare la necessità della sintetica esposizione dei fatti, in quanto equivale ad affidare alla Corte, dopo averla costretta a leggere tutto (anche quello di cui non occorre sia informata), la scelta di quanto effettivamente rileva in ordine ai motivi di ricorso (Sez. U, Sentenza n. 5698 del 11/04/2012, Rv. 621813).

3. Nella specie, il ricorso presenta la pedissequa riproduzione del decreto ingiuntivo n. 554/2006; dell’atto di citazione in opposizione al decreto ingiuntivo, nonchè la comparsa di costituzione e risposta della C.S. Works; della sentenza del Tribunale di Padova n. 2538/2013; dell’atto di appello della Ge.Com. Market s.p.a. avverso la sentenza del Tribunale di Padova, nonchè la comparsa di costituzione e risposta della società appellata; ed infine, si riporta l’ordinanza della Corte di Appello di Venezia ex art. 348 bis c.p.c. n. 2487/2014.

La già criticata tecnica dell’assemblaggio è anche carente, in quanto, nonostante la sintesi della questione di diritto a pagina 77-78, non si riesce assolutamente a comprendere nè la vicenda nè le doglianze.

Nella sintesi, infatti, la parte ricorrente si limita a riportare l’esistenza di un contrasto interpretativo sorto attorno all’art. 4 del contratto stipulato tra le società Ge.Com. Market e C.S. Works, e, invece, sollecita alla Corte di Cassazione di procedere alla lettura degli atti del processo.

4. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

4.1 Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.

5. Ricorrono, altresì, i presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, sicchè va disposto il versamento, da parte dell’impugnante soccombente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione da lui proposta, senza spazio per valutazioni discrezionali (Sez. 3, Sentenza n. 5955 del 14/03/2014, Rv. 630550).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 e agli accessori di legge, oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1-quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di Cassazione, il 22 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019

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