Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.14461 del 27/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26235-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGhesi 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

O.M., B.M.P., elettivamente domiciliati in Roma, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPA MICIELI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 2086/6/2017 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della SICILIA SEZIONE DISTACCATA di CATANIA, depositata l’08/06/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/11/2018 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE CRICENTI.

FATTO E DIRITTO

1.- I coniugi B. ed O., a seguito dell’entrata in vigore della L. n. 289 del 2002, che ha previsto il diritto al rimborso dell’Irpef corrisposta dai lavoratori di zone colpite dal sisma siciliano, hanno, per l’appunto, presentato istanza di restituzione delle somme versate a quel titolo, ed oggetto del beneficio di legge.

Agenzia delle Entrate ha respinto la richiesta di rimborso, che i ricorrenti hanno di conseguenza impugnato, ottenendo un riconoscimento parziale (quanto all’ammontare del dovuto) sia in primo che in secondo grado.

Nei giudizi di merito è stata ritenuta la sussistenza dei presupposti del rimborso, attesa, tra l’altro, la qualifica di lavoratori dipendenti di entrambi i contribuenti.

Avverso la decisione di appello ha proposto ricorso per Cassazione Agenzia delle Entrate lamentando erronea interpretazione della L. n. 289 del 2002, la quale, per via delle successive decisioni comunitarie deve ritenersi limitata ai lavoratori dipendenti, con esclusione dal beneficio degli imprenditori (la Ue infatti ha sospettato che il rimborso a favore di imprenditori ed autonomi possa costituire aiuto di Stato).

Secondo Agenzia delle Entrate i giudici di secondo grado avrebbero riconosciuto il rimborso a favore dei contribuenti, nonostante l’attività svolta alla stregua di lavoratori autonomi, contravvenendo, in questo secondo caso, al disposto legislativo.

Si sono costituti i contribuenti, ed hanno, da un lato, eccepito l’infondatezza del motivo di ricorso, e per altro verso, proposto ricorso incidentale, con due motivi.

Con il primo si lamenta omessa pronuncia sul motivo di appello autonomamente presentato dai contribuenti, quanto all’ammontare dovuto; con il secondo difetto assoluto di motivazione in ordine al rigetto di tale motivo di appello.

Il ricorso principale è infondato, mentre il ricorso incidentale è inammissibile.

2.- Il ricorso principale presuppone che la sentenza impugnata abbia riconosciuto ai contribuenti il rimborso sia per la loro attività di lavoro dipendente che per quella di lavoro autonomo. Riconoscendo il diritto anche per le imposte pagate a quest’ultimo titolo, i giudici di merito avrebbero errato nella interpretazione della norma, che limita invece, a seguito della giurisprudenza comunitaria, il diritto al beneficio al solo lavoro dipendente.

In realtà, questa censura non coglie la ratio della decisione. Il riconoscimento è avvenuto solo quanto al rimborso dovuto per il lavoro dipendente. Il giudice di secondo grado, infatti, dopo aver premesso che sono esclusi coloro che esercitano attività di impresa e precisa che: “non si può dubitare che il soggetto richiedente il rimborso non esercita attività d’impresa, come si rileva dalla documentazione prodotta in primo grado”.

Con la conseguenza che, al contrario di quanto assunto dalla ricorrente, la decisione impugnata ha inteso correttamente l’ambito della norma in questione.

Quanto al ricorso incidentale, esso è inammissibile per le ragioni che seguono.

I contribuenti hanno ottenuto in primo grado un riconoscimento parziale del loro credito al rimborso. Con autonomo atto avevano proposto appello, per ottenere invece l’intera somma rivendicata.

La decisione di secondo grado sul punto statuisce che: ” L’importo richiesto non è stato, nel suo ammontare, contestato, ma in ordine alle somme di cui è stato denegato il rimborso, si è formato il giudicato. Sicchè la somma indicata in sentenza va confermata integralmente”.

A fronte di questa statuizione i contribuenti propongono due motivi di ricorso incidentale: con il primo lamentano omessa pronuncia, con il secondo motivazione apparente. Si tratta di motivi subordinati l’uno all’altro.

Ma sono inammissibili, in quanto, come si deduce dalla motivazione riportata, la corte di secondo grado, non ha omesso di pronunciare sul motivo di appello, ma ha erroneamente ritenuto clic si sia formato giudicato sul suo oggetto, ossia sul capo di sentenza relativo alle somme dovute. Si tratta di un errore su un fatto processuale più che una omessa pronuncia, che, invero, v’è stata, ma è censurabile come erronea in fatto.

Entrambi i ricorsi, dunque, sia il principale che l’incidentale vanno dichiarati inammissibili. Le spese pertanto vanno compensate.

P.Q.M La Corte dichiara inammissibili sia il ricorso principale che quello incidentale.

Compensa le spese. Doppio contributo per il ricorrente incidentale. Così deciso in Roma, il 7 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2019

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