LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GRECO Antonio – Presidente –
Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – Consigliere –
Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –
Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14589/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. *****, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrente –
contro
G.L.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 3483/03/2016 della Commissione tributaria regionale della CALABRIA, depositata il 25/01/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.
RILEVATO
che:
1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replica l’intimato, avverso la sentenza in epigrafe indicata con cui la Commissione tributaria regionale della Calabria, rilevato l’omesso deposito da parte dell’amministrazione finanziaria della ricevuta postale di spedizione dell’atto di appello, dichiarava, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 2, e art. 22, l’inammissibilità dell’impugnazione proposta avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cosenza che aveva accolto il ricorso con cui il contribuente aveva impugnato una cartella di pagamento recante l’iscrizione a ruolo di maggiori imposte con riferimento al periodo 2007.
2. A seguito dell’acquisizione del fascicolo di merito, disposta con ordinanza di questa Corte n. 22309 del 13/09/2018, sulla rinnovata proposta ex art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.
CONSIDERATO
che:
1. Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1 e art. 53, e dell’art. 156 c.p.c., è fondato e va accolto.
2. Al riguardo deve osservarsi in diritto che la statuizione impugnata, là dove la CTR sostiene che il mancato deposito della ricevuta postale di spedizione dell’appello entro trenta giorni da tale data costituisce ragione di inammissibilità dell’appello in quanto non consentirebbe la verifica della tempestività della costituzione in giudizio dell’appellante, non è conforme ai principi recentemente enunciati dal Supremo consesso di questa Corte nelle sentenze n. 13452 e n. 13453 del 2017, in cui si è affermato, con riguardo alla notificazione dell’appello, nel processo tributario, a mezzo del servizio postale (come nel caso di specie), che: 1) “il termine di trenta giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente o dell’appellante, che si avvalga per la per la notificazione del servizio postale universale, decorre non dalla data della spedizione diretta del ricorso a mezzo di raccomandata con avviso di ricevimento, ma dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario (o dall’evento che la legge considera equipollente alla ricezione)”; 2) “non costituisce motivo d’inammissibilità del ricorso o dell’appello, che sia stato notificato direttamente a mezzo del servizio postale universale, il fatto che il ricorrente o l’appellante, al momento della costituzione entro il termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata da parte del destinatario, depositi l’avviso di ricevimento del plico e non la ricevuta di spedizione, purchè nell’avviso di ricevimento medesimo la data di spedizione sia asseverata dall’ufficio postale con stampigliatura meccanografica ovvero con proprio timbro datario, solo in tal caso, essendo l’avviso di ricevimento idoneo ad assolvere la medesima funzione probatoria che la legge assegna alla ricevuta di spedizione, laddove, in mancanza, la non idoneità della mera scritturazione manuale o comunemente dattilografica della data di spedizione sull’avviso di ricevimento può essere superata, ai fini della tempestività della notifica del ricorso o dell’appello, unicamente se la ricezione del plico sia certificata dall’agente postale come avvenuta entro il termine di decadenza per l’impugnazione dell’atto o della sentenza”.
3.1. Tale ultima affermazione è espressione della c.d. “prova di resistenza” evocata dalle Sezioni unite di questa Corte nelle citate pronunce con riferimento al tema della decorrenza del termine di costituzione dell’appellante che notifichi a mezzo del servizio postale, in base alla quale l’inammissibilità non può essere dichiarata “se la data di ricezione del ricorso, essendo asseverata dall’agente postale addetto al recapito in giorno anteriore alla scadenza del termine per impugnare l’atto o appellare la sentenza, dia obiettiva certezza pubblica della tempestiva consegna del plico all’ufficio postale da parte del notificante per l’inoltro al destinatario” (Cass. Sez. U., citate; conf. Cass. n. 25237, 25400 e n. 25495 del 2017).
3.2. Inoltre, la CTR, là dove nega valore probatorio alla distinta delle raccomandate riportante il solo timbro a secco di accettazione dell’ufficio postale, si pone in contrasto con il principio giurisprudenziale in base al quale “Nel giudizio tributario, la prova del perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto d’appello per il notificante nel termine di cui all’art. 327 c.p.c., è validamente fornita dall’elenco di trasmissione delle raccomandate recante il timbro datario delle Poste, non potendosi attribuire all’apposizione di quest’ultimo su detta distinta cumulativa altro significato se non quello di attestarne la consegna all’ufficio postale” (Cass. n. 22878 del 2017; v. anche Cass. n. 24568 del 2014 e n. 7312 del 2016). Peraltro, “La giurisprudenza chiarisce, sul punto, che la veridicità dell’apposizione della data mediante il timbro postale a calendario è presidiata dal reato di falso ideologico in atto pubblico, poichè si riferisce all’attestazione di attività compiute dal pubblico agente nell’esercizio delle sue funzioni in relazioni alla ricezione (Cass. pen., 14.4.1994 – Cass. pen. 1996, 93, s.m.). Infatti, riguardo al timbro postale mancante di firma si ritiene che si ha atto pubblico in senso tecnico giuridico pur in difetto di sottoscrizione dell’atto stesso, esistendo la possibilità d’identificarne la provenienza e non richiedendone la legge la sottoscrizione ad substantiam (Cass. pen., 10.1.1989 – Cass. pen. 1991, I, 418, s.m.; conf. 1.3.1985 – Cass. pen. 1986, 1083, s.m.; 27.5.1982 – Cass. pen. 1983, 1980, s.m.; v. sull’accettazione del plico Cass. peri., 27.1.1987 -Cass. pen. 1988, 826, s.m.)” (Cass., Sez. U., n. 13452 del 2017, p. 5.9, v. anche p. 5.10).
5. Da quanto detto consegue l’accoglimento del primo motivo di ricorso e l’assorbimento del secondo, con cui la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 101 c.p.c., comma 2, essendo del tutto superfluo l’esame dello stesso.
6. La sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio, per nuovo esame nel merito della vicenda processuale, alla competente CTR, in diversa composizione, che provvederà a regolamentare anche le spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Calabria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 5 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019