Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.14606 del 29/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege, dall’Avvocatura Generale dello Stato, ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro

Holding Prima S.r.l. in liquidazione, rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa a margine del controricorso, dagli Avv.ti Giuseppe Tinelli e Giovanni Contestabile, i quali hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dei nominati procuratori, alla via delle Quattro Fontane n. 15 in Roma;

– controricorrente –

Avverso la sentenza n. 311, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale di Roma l’11.11.2010, e pubblicata il 20.12.2010;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consiglier Paolo Di Marzio;

esaminata la memoria depositata dalla ricorrente;

la Corte osserva.

FATTI DI CAUSA

l’Agenzia delle Entrate di Roma notificava alla Holding Prima Srl, in data 03.10.2006, l’Avviso di accertamento n. *****, fondato sul Processo Verbale di Constatazione redatto il 05.07.2006 dalla Guardia di Finanza, in riferimento all’anno 2004, con il quale si contestavano sopravvenienze attive, integranti un maggior reddito imponibile pari ad Euro 28.746.595,19, cui corrispondeva un maggior importo a titolo di IRES nella misura di Euro 9.485.192,00 ed una maggiore IRAP per l’ammontare di Euro 1.221.388,38. A tale accertamento seguiva l’irrogazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, liquidata in Euro 10.706.580,00.

Avverso l’atto impositivo la società verificata proponeva ricorso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, eccependo l’illegittimità dell’accertamento per violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, in quanto l’Avviso era stato notificato prima dello spirare del termine previsto dal legislatore per la presentazione, da parte della contribuente, di osservazioni e richieste sull’esito delle operazioni di verifica fiscale. Lamentava, inoltre, la nullità dell’accertamento per carenza di motivazione, avendo posto l’Ente impositore, a fondamento della propria pretesa esclusivamente un integrale ed acritico rinvio al Processo Verbale di Constatazione redatto dai militari della Guardia di Finanza, i quali erano pervenuti alle loro conclusioni in base a dichiarazioni rese, nell’ambito di uno o più paralleli procedimenti penali, da terzi soggetti che avevano seguito a vario titolo le vicende da cui originava la pretesa impositiva. Nel merito, la Holding Prima Srl sosteneva l’infondatezza della pretesa erariale.

Spiegava la contribuente che l’accertamento traeva origine da un credito vantato dalla società Immobiliare Cometa Srl nei confronti del Comune di Roma, in relazione ad un terreno sito in località ***** (Roma), di circa 113.680 mq., sottoposto a procedura di espropriazione dall’Ente territoriale, il quale aveva poi occupato abusivamente l’area, costringendo la Immobiliare Cometa Srl a ricorrere per le vie giudiziarie, al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità dell’occupazione e la condanna alla riparazione del pregiudizio.

Nelle more del giudizio di appello, la società Cometa cedeva, nel 2000, parte del proprio credito alla Bolton Industries Limited per un importo di Lire 65.000.000.000. Il credito, tre mesi dopo, veniva ceduto dalla Bolton alla Calfin Partecipazioni e Gestioni Srl che, all’esito dell’operazione, risultava titolare di un credito di circa 65 miliardi di Lire nei confronti del Comune di Roma, e allo stesso tempo rimaneva debitrice verso la Bolton Industries Limited per una somma di pari ammontare, risultando pattuito che il debito sarebbe stato estinto nel successivo anno 2001.

Secondo la Holding Prima, la Calfin Srl, a sua volta, cedeva il credito acquistato alla Holding Genius One (capogruppo) che lo “metteva a disposizione” (controric., pp. 11, 12 e 13) della sua controllata Holding Prima, a sua volta controllante la Calfin Srl. Nella ricostruzione effettuata dalla CTR nella decisione impugnata, la Calfin, per poter pagare il prezzo dell’acquisto del credito ceduto dalla Bolton, aveva ottenuto un finanziamento dalla Holding Prima che, a sua volta, era stata finanziata dalla Holding Genius One.

La Calfin Srl, ottenuto in data 23.12.2003 un decreto ingiuntivo di condanna del Comune di Roma al pagamento della somma di Euro 29.881.699,42, incassata detta somma provvedeva, il giorno 22.04.2004, al trasferimento di tali fondi alla odierna controricorrente Holding Prima Srl, di cui risultava debitrice in virtù del finanziamento che le avrebbe concesso per acquistare il credito. Le somme erano poi destinate ad essere accreditate alla Holding Genius One BV, al fine di estinguere il finanziamento che risultava avere concesso alla sua controllata Holding Prima. Pertanto, secondo la Holding Prima odierna controricorrente, nessuna sopravvenienza attiva si era realizzata, dal momento che la posta passiva iscritta nel proprio bilancio era reale, e corrispondeva al debito a suo tempo contratto con la Holding Genius One.

L’Agenzia delle Entrate di Roma, nel costituirsi in giudizio, sosteneva invece che l’importo accreditato dalla Calfin Srl nel 2004, in favore della controllante Holding Prima, aveva dato origine, in tale anno, ad una sopravvenienza attiva del TUIR, ex art. 88, in favore della medesima società, sul presupposto che la passività, relativa al debito nei confronti della Holding Genius One, evidenziata dalla contribuente nel bilancio chiuso il 31 dicembre 2000, era insussistente posto che, di fatto, l’erogazione del finanziamento pattuito non si era mai verificata. L’Ufficio sosteneva, inoltre, la contraddittorietà e il carattere confusionario della ricostruzione dei fatti operata dalla ricorrente società. In definitiva, sulla sopravvenienza attiva costituita dall’erogazione di somme miliardarie da parte del Comune di Roma, il tributo non era stato pagato da nessuno.

La Commissione Tributaria Provinciale di Roma, con sentenza n. 474 del 15.10.2008, accoglieva integralmente il ricorso introdotto dalla Holding Prima ed annullava l’avviso di accertamento, ritenendo sussistente sia la violazione dello Statuto dei diritti del contribuente, art. 12, comma 7, sia il vizio della motivazione, redatta esclusivamente per relationem.

L’Ente impositore spiegava pertanto appello, criticando l’impugnata Commissione per aver ritenuto che, nel caso in esame, il termine dilatorio prescritto dalla norma fosse soggetto all’invocato periodo di sospensione previsto dalla L. n. 742 del 1969, trattandosi di norma procedimentale e non processuale, e che dal mancato rispetto di tale termine discendesse la nullità dell’Avviso di accertamento notificato prima del decorso dei 60 giorni dalla verifica. Sosteneva, inoltre, che la motivazione per relationem era legittima, alla luce della costante giurisprudenza di legittimità.

Riaffermava, quindi, la fondatezza nel merito dell’impugnato accertamento. L’Amministrazione finanziaria, recependo quanto rilevato dalla Guardia di Finanza dall’esame della documentazione contabile della società verificata, tenuto conto della natura dei contratti di finanziamento, delle modalità di estinzione del debito contratto, dell’assenza di qualsiasi trasferimento di fondi, asseriva infatti che il debito per la restituzione del finanziamento, iscritto in bilancio tra le passività dello stato patrimoniale della Holding Prima, aveva quale unico scopo quello di consentire il flusso finanziario in uscita verso la controllante estera, rendendo in tal modo “neutro” e quindi non suscettibile di assoggettamento a tributo, l’accredito in favore della Holding Prima operato dalla Calfin Srl.

La Commissione Tributaria Regionale capitolina, con sentenza n. 311, depositata il 20.12.10, confermava negli esiti la sentenza della Commissione Provinciale. Riteneva invero infondate le prime due doglianze sollevate dalla contribuente in primo grado, pur accolte dalla CTP e relative alla violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, comma 7, ed alla redazione della motivazione per relationem dell’Avviso di accertamento. Tuttavia, nel merito, la Commissione Tributaria Regionale reputava infondato l’appello proposto dall’Ufficio ritenendo, innanzitutto, non sufficienti a dimostrare la legittimità dell’accertamento “gli indizi costituiti dalle dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza nell’ambito dei processi penali i cui atti e i cui esiti, peraltro, nemmeno sono stati resi noti a questi giudici” (sent. CTR, p. 6). Dava atto, quindi, della “sufficiente linearità dei comportamenti tenuti dal gruppo societario nell’acquisizione, nella gestione e nella contabilizzazione del credito di Lire 65.000.000.000”, nonchè dell’adeguatezza delle scritture contabili, “come descritte in entrambi i gradi di giudizio”, rispetto alla “realtà giuridica e fattuale dei rapporti intercorsi tra le diverse società del gruppo”, non suscettibili di critiche neppure “sotto l’aspetto della razionalità” (sent. CTR., p. 6). “Infatti, per consentire alla Calfin s.r.l. di acquisire il credito sono stati previsti corrispondenti accolli da parte della società Holding Prima e, da ultimo, dalla capogruppo olandese Holding Genius One. Trattandosi di accolli, non c’era bisogno di veri e propri movimenti finanziari” (sent. CTR., p. 6, evidenza aggiunta).

Avverso la pronuncia della Commissione Tributaria Regionale di Roma ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi ad un unico, articolato, motivo di ricorso. Resiste con controricorso, la contribuente, Holding Prima Srl. La ricorrente ha pure depositato memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il suo motivo di ricorso l’Ente impositore lamenta, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il vizio di motivazione in ordine ad un fatto decisivo e controverso del giudizio, non avendo la Commissione Tributaria Regionale esplicitato le ragioni logico-giuridiche poste alla base della propria decisione di annullare la pretesa tributaria.

2.1. – L’Agenzia delle Entrate, mediante il suo unico motivo d’impugnazione, censura “la gravissima insufficienza” motivazionale della decisione, a fronte della complessità della vicenda in esame.

Occorre preliminarmente esaminare la contestazione di inammissibilità del ricorso proposta dalla controricorrente. La Holding Prima, infatti, sostiene che la impugnata pronuncia della Commissione Tributaria Regionale sarebbe fondata su due distinte ragioni, ognuna sufficiente a fondare la decisione. La prima di esse sarebbe costituita dall’affermazione secondo cui “il Collegio ritiene che non sono sufficienti a dimostrare la legittimità dell’accertamento gli indizi costituiti dalle dichiarazioni rese alla Guardia di Finanza nell’ambito dei processi penali i cui atti ed i cui esiti, peraltro, nemmeno sono stati resi noti a questo giudice”. In conseguenza, non essendo stata sottoposta ad impugnazione questa specifica ratio decidendi, il ricorso risulterebbe inammissibile. Il rilievo appare infondato. Secondo la valutazione di questa Corte, il passaggio motivazionale invocato dalla controricorrente non integra una autonoma ratio decidendi, costituendo piuttosto la premessa della motivazione adottata. La CTR ha inteso chiarire che, come è del resto ampiamente scontato, non avrebbe potuto fondare il proprio giudizio su elementi non acquisiti al processo.

Tanto premesso, secondo l’Ente accertatore, la Commissione capitolina si sarebbe limitata a fornire “poche e scarne considerazioni del tutto apodittiche e autoreferenziali, incentrate su giudizi vaghi e imprecisi quali “la sufficiente linearità dei comportamenti tenuti dal gruppo societario”, “scritture contabili…. adeguate alla realtà giuridica e fattuale dei rapporti”, senza aver cura di “considerare che questi assunti (giudizi di sintesi del tutto astratti e avulsi dalla fattispecie concreta) avrebbero dovuto collocarsi come conclusione di un ragionamento e non come contenuto motivazionale dello stesso” (ric. p. 14). Del tutto criptico e contraddittorio risulta, ad avviso dell’odierna ricorrente, anche l’argomento utilizzato dal Giudicante per sostenere la non decisività dell’assenza di movimenti finanziari, in quanto l’impugnata Commissione si sarebbe limitata ad asserire, sulla presunta fittizietà del finanziamento, che “per consentire alla CALFIN s.r.l. di acquisire il credito sono stati previsti corrispondenti accolli da parte della società Holding Prima e, da ultimo, dalla capogruppo olandese Holding Genius One. Trattandosi di accolli, non c’era bisogno di veri e propri movimenti finanziari”. Con queste scarne parole, però, la CTR non dà conto dell’iter logico seguito per pervenire alla valutazione di illegittimità della pretesa erariale, nonchè delle specifiche ragioni e dei fatti che l’hanno determinata a disattendere quanto rilevato dall’Ente impositore.

La doglianza si appalesa fondata, essendo riscontrabile, nel caso di specie, la contestata deficienza motivazionale. In merito non occorre certo smentire il tradizionale e rigoroso orientamento di questa Corte, secondo cui “il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione denunciabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione”, Cass. sez. L, 11.07.2007, n. 15489. Invero, la Commissione Tributaria Regionale si limita ad affermare, con formula sintetica ed apodittica, che “le scritture contabili (…) appaiono adeguate alla realtà giuridica e fattuale dei rapporti intercorsi tra le diverse società del gruppo e non si prestano a critiche nemmeno sotto l’aspetto della razionalità”, mancando di indicare analiticamente le ragioni per cui la condotta fiscale posta in essere dalla contribuente dovrebbe ritenersi corretta, nonchè di evidenziare le risultanze istruttorie, idonee a dimostrare i fatti in discussione, alle quali ha ritenuto di dover assicurare prevalenza rispetto ad altre.

All’uopo, la Commissione Tributaria Regionale ha trascurato pressochè integralmente il presupposto dell’accertamento, ovvero i rilievi svolti dai militari della Guardia di Finanza, nel Processo Verbale di Costatazione, circa l’assenza di movimentazione dei flussi finanziari tra le società coinvolte, appartenenti al medesimo gruppo, nonchè le dichiarazioni rese dai rappresentanti delle stesse società, omettendo pure di esaminare, come era invece suo compito, gran parte di quanto emergeva dal Pvc, incluse la dichiarazioni rese da consulenti societari e riportate nel verbale. La Commissione Tributaria Regionale, in particolare, ha omesso di chiarire per quale ragione risulti infondata la prospettazione della ricorrente secondo cui, mediante una serie di movimenti intercorsi tra società appartenenti ad un unico gruppo, un accredito miliardario non sia stato affatto assoggettato a tributo.

Invero il richiamo alla tesi secondo cui potrebbero non esservi sopravvenienze attive, in presenza dell’accreditamento di cifre miliardarie, in conseguenza di accolli operati da più società all’interno di un gruppo risulta suggestiva, ma non chiarita nel suo fondamento dalla CTR. Non si trascuri che la CTR, dopo aver valutato infondate le ragioni della pronuncia di primo grado, ha ritenuto comunque fondate le ragioni della contribuente. Si osservi però che, a quanto è dato comprendere, la ricostruzione della CTR è nel senso che il credito (parziale) nei confronti del Comune di Roma, originariamente vantato dalla società Cometa, viene ceduto alla società Bolton, che a sua volta lo trasferisce alla società Carfin, che potrebbe onorare l’impegno di acquisto grazie ad un finanziamento ottenuto dall’odierna controricorrente, la Holding Prima Srl, acquirente del credito, che a sua volta cederebbe il credito alla Holding Genius capogruppo, in cambio di un finanziamento pari al valore del credito. Diversamente, nella ricostruzione della Holding Prima, l’acquirente del credito dalla società Carfin sarebbe direttamente la Holding Genius, che “metterebbe a disposizione” il credito in favore della Holding Prima. A questo punto, però, se la Holding Prima non diviene titolare del credito, occorrerebbe spiegare perchè, pacificamente, nel suo bilancio fosse appostata una passività corrispondente al valore del finanziamento concessole dalla Holding Genius proprio per l’acquisto di quel credito.

Merita pure di essere ricordato che costituisce orientamento giurisprudenziale ormai consolidato di questa Corte, al quale si intende pertanto assicurare continuità, quello secondo cui “le dichiarazioni rilasciate da terzi, le risultanze delle indagini condotte nei confronti di altre società, gli atti trasmessi dalla Guardia di finanza, risultanti dall’attività di polizia giudiziaria, senza esclusione dei verbali redatti a seguito d’intercettazioni telefoniche disposte in sede penale, se contenuti negli atti (come il processo verbale di constatazione) allegati all’avviso di rettifica notificato o trascritti essenzialmente nella motivazione dello stesso, costituiscono parte integrante del materiale indiziario e probatorio, che il giudice tributario di merito è tenuto a valutare dandone adeguato conto nella motivazione della sentenza”, Cass. sez. V, 23.02.2010, n. 4306 (evidenza aggiunta). Pertanto, “le dichiarazioni dei terzi raccolte dai verificatori, quand’anche nell’ambito di un procedimento penale, e inserite nel processo verbale di constatazione, hanno natura di mere informazioni acquisite nell’ambito di indagini amministrative e sono, pertanto, pienamente utilizzabili quali elementi di prova” (cfr. Cass. sez. V, 30.09.2011, n. 20032).

Nel caso di specie, sembra opportuno ribadire, ciò che difetta nella motivazione della decisione adottata dalla CTR impugnata è la valutazione adeguatamente analitica di quanto era stato legittimamente acquisito al fascicolo processuale, in particolare il Pvc, competendo anche alla CTR valutare, in ragione della complessità e problematicità della vicenda trattata, se vi fosse una situazione di oggettiva incertezza, che avrebbe richiesto l’attivazione di poteri officiosi.

Per le ragioni esposte, il motivo di ricorso appare fondato e deve essere pertanto accolto.

Alla luce delle osservazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto. L’impugnata sentenza deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale capitolina che, in diversa composizione, procederà a nuovo giudizio uniformandosi ai principi innanzi esposti. Lo stesso Giudice provvederà pure a regolare fra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale di Roma che, in diversa composizione, provvederà anche a disciplinare anche le spese di lite del presente giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 14 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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