Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.14642 del 29/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – rel. Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16073/2015 R.G. proposto da:

P.A., rappresentato e difeso dall’Avv.to Umberto Verdacchi presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, alla via catalani n. 31, come da procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del legale rappresentante pro tempre, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;

– intimata –

avverso la sentenza n. 26150/20/14 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, sez. XX, resa all’esito del giudizio di ottemperanza r.g. 20996/14;

Udita la relazione del Consigliere D’Angiolella Rosita nella camera di consiglio dell’11 aprile 2019.

RITENUTO

che:

Con sentenza n. 217/20/12 del 18 aprile 2012, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma (di seguito, per brevità CTP) accoglieva integralmente il ricorso proposto dal contribuente P.A., riconoscendo il diritto al rimborso dell’Irpef versata in eccesso sull’indennità di buonuscita in ragione dei servizi ammissione al riscatto.

Dopo il passaggio in giudicato di detta sentenza per non interposto appello e notifica in forma esecutiva in data 4 giugno 2013, il contribuente, in data 22 maggio 2014, notificava atto di diffida D.Lgs. n. 546 del 1992 ex art. 70, comma 2, concedendo all’Agenzia delle entrate il termine di 30 giorni per il pagamento dell’importo riconosciuto in sentenza (pari ad Euro 15.339,19).

In data 19 settembre 2014, persistendo l’inerzia dell’Amministrazione, il contribuente iscriveva presso la CTP ricorso per ottemperanza, nel quale rilevava che, con comportamento a suo dire elusivo del giudicato, l’Agenzia delle entrate aveva richiesto all’Inps chiarimenti in merito ai contributi versati al contribuente; l’Inps non rispondeva asserendo l’esattezza della liquidazione della buonuscita e delle ritenute Irpef basandosi su di un’interpretazione del D.P.R. n. 917 del 1986, di segno opposto a quella compiuta dal giudice di merito nella sentenza di primo grado.

L’Agenzia delle entrate si costituiva nel giudizio di ottemperanza sostenendo di aver integralmente rimborsato il contribuente con il versamento dell’importo minore di Euro 1.603,52.

Con la sentenza n. 26150/20/14 del 15.12.2014, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma dichiarava cessata materia contendere così motivando: “…l’Ufficio con note del 25/11/14 chiedeva la cessazione della materia del contendere facendo presente che gli importi, dovuti a seguito di sentenza del giudice tributario, erano stati liquidati secondo il prospetto (che veniva allegato) redatto dall’Inps con invio di assegno relativo importo contribuente. Il Collegio pertanto stante la comunicazione di cui sopra, ed avendo l’Ufficio ottemperato a quanto statuito dalla predetta sentenza, ritiene debba essere dichiarata l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere”.

Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione P.A. affidandosi a tre motivi.

L’Agenzia delle entrate non si costituisce nei termini di legge mediante controricorso, ma deposita atto al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione della causa.

Il ricorrente deposita memorie ex art. 380 bis 1 c.p.c..

CONSIDERATO

che:

P.A. propone tre motivi di ricorso con i quali denuncia la nullità della sentenza per errores in procedendo, asserendo di aver la CTR violato il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, nella parte in cui non avrebbe dato piena attuazione al giudicato formatosi con la sentenza della CTP n. 217/20/12 che riconosceva il diritto al rimborso di Euro 15.339,19 (primo motivo); per omessa pronuncia su una domanda sollevata in giudizio, avendo il P. precisato che il pagamento parziale effettuato dall’Amministrazione non era satisfattorio (secondo motivo) e per vizio di ultra petizione avendo superato i limiti del giudicato nella parte in cui ha riconosciuto una somma inferiore al rimborso liquidato dalla sentenza passata in giudicato (terzo motivo).

I tre motivi vengono esaminati congiuntamente in quanto strettamente connessi denunciandosi con tutti e tre la nullità della sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza per errores in procedendo.

Questa Corte ha avuto modo di chiarire, con giurisprudenza costante, che “il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 – a mente del quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per “violazione delle norme del procedimento” – deve essere interpretato nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro “error in procedendo” nel quale sia incorso il giudice dell’ottemperanza ed, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di interpretare ed eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede.” (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 23487 del 28/09/2018 (Rv. 650511 – 01).

Sotto tale profilo, tutti e i tre motivi di ricorso sono ammissibili, dolendosi il ricorrente del mancato e difettoso esercizio da parte del giudice dell’ottemperanza del potere dovere di interpretare il diritto costituito dal giudicato cui l’Amministrazione non si sia adeguata. Ciò posto, le censure sono fondate.

Va all’uopo evidenziato che, nell’ambito del giudizio d’ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie, è interpretazione unanime di questa Corte che il potere del giudice sul comando definitivo inevaso, va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato (c.d. carattere chiuso del giudizio di ottemperanza), di tal che il giudice dell’ottemperanza può, si, enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendone il reale significato e rendendolo quindi “effettivo”, ma nel limite invalicabile del non poter attribuire un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire (cfr. Cass. n. 13681 del 2005), nè dal poter negare il diritto riconosciuto dal dictum azionato (cfr. Cass. n. 8830 del 2014 Rv. 630773 – 01). Orbene è evidente che la gravata sentenza ha abbondantemente travalicato il limite del giudizio di ottemperanza e, quindi, dell’oggetto della controversia definita col giudicato, negando il diritto ivi riconosciuto, appellandosi ad una supposta cessazione della materia del contendere, mai venuta ad esistenza come peraltro era logico dedurre dai motivi che avevano indotto il contribuente ad azionare il giudizio D.Lgs. n. 546 del 1992 ex art. 70.

In altri termini, la CTP ha fatto mal governo del suo potere di ottemperanza del comando inevaso in quanto, anzichè dare attuazione al giudicato (che aveva integralmente accolto il ricorso proposto dal P. riconoscendo il rimborso di Euro 15.339,19, salvo quanto medio tempore erogato), ha negato il diritto al rimborso consacrato dalla sentenza, limitando il contenuto dell’obbligo dell’Amministrazione ad un importo di cui non è dato risalire al titolo (se cioè costituente, oppur no, la somma derivante dalla detrazione degli importi medio tempore erogati), affidandosi ad un prospetto dell’Inps del tutto irrilevante rispetto al comando da eseguire e supponendo la cessazione della materia del contendere pur a fronte della domanda e delle reiterate richieste di ottemperanza del giudicato avanzate dal contribuente.

Il ricorso va pertanto accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla CTP di Roma, in diversa composizione, affinchè proceda a nuovo giudizio di ottemperanza in base ai principi su esposti, nonchè provveda alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio alla CTP di Roma, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione civile della Corte di Cassazione, il 11 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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