Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.14646 del 29/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

Agenzia delle dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Ital Tufo Riano;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 671/01/11 del 27/09/11, depositata il 26/10/11;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2019 dal Consigliere Manzon Enrico.

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 671/01/11 del 27/09/11, depositata il 26/10/11, la Commissione tributaria regionale del Lazio respingeva l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli, ufficio locale, avverso la sentenza n. 304/05/10 della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso della Ital Tufo Riano srl contro la revoca di agevolazioni di accisa oli minerali 2005.

La CTR osservava in particolare che erano state osservate tutte le prescrizioni procedurali previste dal documento di prassi relativo all’agevolazione fiscale de qua (aliquota ridotta dell’accisa gravante sugli oli minerali in relazione al consumo di gasolio utilizzato per gli spostamenti all’interno del luogo di lavoro del macchinario semovente, nel caso di specie, per l’estrazione di materiale di cava), sicchè ne derivava l’illegittimità del provvedimento di revoca della concessione originariamente emessa dall’agenzia fiscale.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli deducendo due motivi.

L’intimata società contribuente non si è difesa.

CONSIDERATO

che:

Con il primo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la ricorrente si duole della contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata su di un fatto decisivo controverso, poichè la CTR ha fatto applicazione di un documento di prassi successivo al provvedimento impugnato, con ciò omettendo di esaminare la sussistenza dei presupposti di legge (motori fissi o semoventi equiparati) per il mantenimento dell’agevolazione fiscale in oggetto.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la ricorrente lamenta l’omessa/insufficiente motivazione sul fatto decisivo e controverso della sussistenza dei presupposti che hanno indotto la revoca dell’agevolazione fiscale stessa.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per stretta connessione, sono inammissibili.

Va ribadito che “La deduzione di un vizio di motivazione della sentenza impugnata con ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità, non il potere di riesaminare il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico-formale, delle argomentazioni svolte dal giudice del merito, al quale spetta, in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge. Ne consegue che il preteso vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza, contraddittorietà della medesima, può legittimamente dirsi sussistente solo quando, nel ragionamento del giudice di merito, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili di ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. (Nella fattispecie, la S.C. ha ritenuto inammissibile il prospettato motivo di ricorso, evidenziando che i ricorrenti non avevano indicato alcun “fatto”, dedotto e non adeguatamente valutato nella sentenza impugnata, idoneo a giustificare una decisione diversa da quella assunta, limitandosi a denunciare in blocco la valutazione compiuta dai giudice e a proporne una diversa)” (Cass., n. 19547 del 04/08/2017, Rv. 645292 – 01).

Orbene, la CTR ha così argomentato la propria statuizione di conferma della sentenza appellata e quindi di accoglimento del ricorso introduttivo della lite: “Nella specie tutte queste attività (accertamenti istruttori ndr) erano state svolte in contraddittorio ed avevano portato all’emanazione del provvedimento concessivo poi annullato. Lo stesso era quindi del tutto conforme al quadro normativo e procedimentale (ancorchè ante litteram) con la conseguenza che l’annullamento disposto è del tutto illegittimo e va quindi confermata l’agevolazione nella misura in origine disposta dalla stessa Agenzia delle dogane”.

Tale motivazione, pur sintetica, esprime in modo chiaro e tutt’affatto contraddittorio la ragione della decisione di merito, sicchè, immune dai vizi denunciati, non può essere ulteriormente sindacata in questa sede.

In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Nulla per le spese stante la mancata difesa dell’intimata società contribuente.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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