Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.14647 del 29/05/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – rel. Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO Maria Giulia – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 15832/2013 proposto da:

Agenzia delle dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Volta Italia spa in liquidazione in persona del commissario liquidatore, rappresentata e difesa dall’avv. Enrico Bottai con domicilio eletto presso il di lui studio in Roma, via Domenico Barone n. 31;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana, n. 125/09/12 del 2 marzo 2012, depositata il 18 dicembre 2012;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 aprile 2019 dal Consigliere Manzon Enrico.

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 125/09/12 del 2 marzo 2012, depositata il 18 dicembre 2012, la Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva l’appello proposto dalla Volta Italia spa in liquidazione avverso la sentenza n. 12/01/11 della Commissione tributaria provinciale di Pisa che ne aveva respinto il ricorso contro la cartella esattoriale per sanzioni inerenti tributi doganali 2004.

La CTR osservava in particolare che, diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, era fondata l’eccezione di difetto di motivazione dell’atto riscossivo impugnato, proposta con il ricorso introduttivo della lite dalla società contribuente sanzionata, e ciò con particolare riferimento al ruolo posto in esecuzione.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle dogane e dei monopoli deducendo due motivi.

Resiste con controricorso la società contribuente.

CONSIDERATO

che:

In via preliminare deve rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla controricorrente.

Va infatti rilevato che la partecipazione al giudizio di appello di per sè sola legittima l’agenzia fiscale ricorrente a proporre impugnazione avverso la sentenza emessa all’esito del giudizio medesimo (e pluribus, Cass. n. 17234 del 29/07/2014).

Con il primo motivo la ricorrente – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – lamenta la violazione/falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 7, del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, poichè la CTR ha annullato la cartella di pagamento impugnata per difetto di motivazione.

Con il secondo motivo – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – la ricorrente si duole dell’omesso esame di un fatto decisivo discusso tra le parti, poichè la CTR non ha valutato la circostanza della conoscenza da parte della società contribuente dell’atto sanzionatorio presupposto della cartella esattoriale de qua.

Le censure, da esaminarsi congiuntamente per connessione, sono fondate.

Va ribadito che “In tema di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, per la validità del ruolo e della cartella esattoriale, non è indispensabile l’indicazione degli estremi identificativi o della data di notifica dell’accertamento precedentemente emesso, al quale detti atti facciano riferimento, essendo sufficiente l’indicazione di circostanze univoche che consentano l’individuazione di quell’atto, al fine di tutelare il diritto di difesa del contribuente rispetto alla verifica della procedura di riscossione promossa nei suoi confronti. (Nella specie, la S.C., in applicazione del principio, ha ritenuto adeguatamente motivate le cartelle di pagamento, che contenevano il richiamo ad accertamenti previamente notificati, divenuti definitivi per il minore importo derivante dal giudicato che li aveva in parte confermati, dei quali il contribuente era, dunque, pienamente a conoscenza)” (Cass., Ordinanza n. 25343 del 11/10/2018, Rv. 651432 – 01).

La CTR non si è attenuta a tale principio di diritto ed ha quindi falsamente applicato le norme evocate con la denuncia di legittimità in esame.

Nel caso di specie, infatti, non è controverso che la cartella facesse espresso ed adeguato riferimento all’atto sanzionatorio prodromico, che peraltro era perfettamente conosciuto dalla società contribuente, che lo aveva impugnato.

Nè poteva prestarsi ad alcun equivoco l’indicazione nella cartella della data di notifica (28 novembre 2008) del titolo esecutivo, trattandosi proprio del giorno nel quale alla società contribuente è stata notificata la sentenza di appello, ad essa sfavorevole, pronunciata nella controversia avente ad oggetto l’atto sanzionatorio presupposto.

Il ricorso va dunque accolto in relazione ad entrambi i motivi, la sentenza impugnata va cassata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidendosi nel merito, va rigettato il ricorso introduttivo della lite.

Le spese del giudizio di merito possono essere compensate per l’esito alterno dei due gradi.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della lite. Compensa le spese dei gradi di merito; condanna la controricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.600 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 17 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2019

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