LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –
Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –
Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 19767/2016 R.G. proposto da:
G.A., rappresentato e difeso dall’Avv.ti Matteo Taverna e dall’Avv. Lidia Sgotto Ciabattini, con domicilio eletto in Roma, Piazzale Clodio, n. 32, presso lo Studio di quest’ultima;
– ricorrente –
contro
D.E., rappresentata e difesa dall’Avv. Maria Salafia e dall’Avv. Gian Paolo Sartirana, con domicilio ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 673/16 della Corte d’Appello di Torino, resa il 27/04/2016.
Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 12 marzo 2019 dal Consigliere Dott. Marilena Gorgoni.
FATTI DI CAUSA
G.A. propone ricorso per la cassazione della sentenza n. 673/16 della Corte d’Appello di Torino, pronunciata il 27/04/2016, formulando sette motivi.
Resiste con controricorso D.E..
L’odierno ricorrente, proprietario di un appartamento sito in *****, donatogli dalla madre, evocava in giudizio, dinanzi al Tribunale di Torino, i propri genitori, Ga.Al. ed D.E., perchè venissero condannati a rilasciare l’immobile, deducendo che ne avevano ottenuto la disponibilità in virtù di un contratto di comodato.
A sostegno della richiesta adduceva di averne “urgente ed impreveduto bisogno”, dopo aver lasciato la cascina di campagna con annesso terreno, di proprietà del padre, presso la quale aveva abitato fino a quel momento e servendosi della quale aveva esercitato un’azienda agricola.
Il Tribunale adito, accolta la domanda di G.A., condannava Ga.Al. ed D.E. al rilascio dell’immobile.
La Corte d’Appello di Torino, investita del gravame da D.E., dopo averne sospeso l’esecutorietà, riformava la sentenza di prime cure, ritenendo che: a) l’appartamento pervenuto a G.A. tramite donazione fosse già adibito a residenza dei genitori; b) l’eventuale intenzione dei genitori di trasferire la propria residenza nella cascina di campagna non assumesse rilevanza, non trovando alcun riscontro nelle pattuizioni intercorse tra le parti; c) secondo l’id quod plerumque accidit, la donazione al figlio da parte dei genitori di un immobile nel quale questi continuino ad abitare avviene allo scopo di garantire il soddisfacimento di esigenze familiari e fiscali; d) l’appellato non avesse dimostrato la propria urgente necessità di disporre dell’immobile per essere rimasto privo della propria abitazione, perchè solo per fatto proprio aveva smesso di condurre l’azienda agricola ed aveva lasciato la cascina di proprietà del padre.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3, il ricorrente deduce la nullità della sentenza e del procedimento per omessa integrità del contraddittorio e violazione degli artt. 102 e 113 c.p.c., per la mancata partecipazione al giudizio di secondo grado di Ga.Al., che insieme con D.E. aveva stipulato il contratto verbale di comodato e che codeteneva l’appartamento oggetto della controversia.
2. Con il secondo motivo il ricorrente, ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 3, denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per omessa integrità del contraddittorio e la violazione dell’art. 331 c.p.c.. Formatosi in primo grado il litisconsorzio processuale necessario, ad avviso del ricorrente, la Corte d’Appello avrebbe dovuto d’ufficio integrare il contraddittorio, al fine di evitare giudicati sostanziali contrastanti.
3. Con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente rimprovera al giudice a quo di aver violato o falsamente applicato l’art. 115 c.p.c., artt. 1809,1810,2697 c.c., art. 2729 c.c., comma 2, avendo ritenuto provata per presunzioni la sua volontà di concedere in comodato per uso familiare e senza termine l’appartamento.
4. Con il quarto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente imputa alla Corte territoriale la violazione dell’art. 115 c.p.c., artt. 1809,1810,2697 c.c. e art. 2729 c.c., comma 1, per aver fatto ricorso alla logica inferenziale in difetto di circostanze gravi, precise e concordanti da cui risalire alla prova della sua volontà di concedere il comodato per uso familiare e senza termine ai genitori.
5. Con il quinto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente assume, in via subordinata, la violazione o falsa applicazione degli artt. 416 e 115 c.p.c. e dell’art. 2697 c.c., per aver consentito all’appellante di provare tardivamente i fatti dedotti.
6. Con il sesto motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente denuncia l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla prova testimoniale di Z.S. che ricostruiva la volontà delle parti in contrasto con quanto ritenuto dal giudice a quo.
7. Con il settimo ed ultimo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, il ricorrente censura la sentenza gravata per omesso esame del verbale di conciliazione del 19/7/2012, che, a suo avviso, avrebbe accertato che egli era venuto a trovarsi in una situazione di imprevedibile ed urgente bisogno di servirsi dell’immobile concesso in comodato e del verbale di conciliazione n. 12/12 della Corte di Appello nella causa RG 898/12, da cui sarebbe stato possibile evincere che egli aveva lasciato la cascina paterna e cessato di condurre l’azienda agricola a seguito di domanda di rilascio da parte del padre.
8. Ritenuto opportuno rimettere alla Pubblica udienza la trattazione della questione del litisconsorzio processuale necessario in appello, la Corte rinvia la causa a nuovo ruolo.
P.Q.M.
La Corte rinvia la trattazione della causa alla Pubblica udienza.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 12 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2019
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