Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.15108 del 03/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21003/2014 proposto da:

Mosima Sas Di S. A & C, elettivamente domiciliata in Roma, Corso Vittorio Emanuele II 154, presso lo studio dell’avvocato Vincenzo Sparano, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Francesco Piromalli;

– ricorrente –

contro

Autostrade per l’Italia Spa, elettivamente domiciliata in Roma, Via Abruzzi N. 3, presso lo studio dell’avvocato Massimo Zaccheo, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1249/2012 della Corte D’appello Di Brescia, depositata il 05/11/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 21/06/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

RILEVATO IN FATTO

che:

– il presente giudizio di legittimità trae origine dal ricorso notificato il 5 settembre 2014 dalla società MO.SI.MA. s.a.s. di S. A. & C. (d’ora in poi MOSIMA) nei confronti della società Autostrade per l’Italia s.p.a. (d’ora in poi Autostrade) avverso la sentenza della corte d’appello di Brescia numero 1249 emessa il 10 ottobre 2012 depositata il 5 novembre 2012;

– il contenzioso insorto fra le parti riguarda il pagamento di lavori appaltati dalla società Autostrade alla MOSIMA per la riqualificazione delle barriere parapetto laterali;

– al fine di conseguirne il pagamento la società MOSIMA aveva chiesto l’emissione del decreto ingiuntivo e la società Autostrade aveva proposto opposizione ad esso;

– a seguito di ricorso proposto ex art. 647 c.p.c., da parte della società ingiungente, il Tribunale di Brescia, a conclusione del giudizio di opposizione, aveva con sentenza n. 7 del 2008 dichiarato inammissibile l’opposizione ed esecutivo il decreto ingiuntivo;

– proposto gravame da parte della società Autostrade, nella contumacia della MOSIMA la corte bresciana riformava la sentenza impugnata, accoglieva l’opposizione e revocava il decreto ingiuntivo condannando MOSIMA al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da MOSIMA con ricorso notificato ai sensi dell’art. 327 c.p.c., comma 2, ed articolata sulla base di tre motivi, illustrati da memoria ex art. 380 bis 1 c.p.c., cui resiste con controricorso la società Autostrade, pure illustrato da memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ..

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

– va preliminarmente esaminata l’ammissibilità del ricorso poichè parte ricorrente, consapevole di avere proceduto alla notifica del ricorso oltre il termine lungo di un anno previsto dall’art. 327 c.p.c., comma 1, allega di non avere avuto notizia sino al 18/6/2014 del fatto che Autostrade aveva impugnato con esito favorevole la sentenza n. 7/2008 pronunciata dal Tribunale di Brescia;

– a giustificazione dell’ammissibilità del ricorso deduce in particolare la nullità della notifica dell’atto di impugnazione effettuata dalla società Autostrade il 18/7/2008 a mezzo posta ex L. n. 890 del 1982, ed ai sensi della L. n. 53 del 1994, dal legale di detta società presso la sede della società MOSIMA e cioè in ***** in persona di S.R., figlia del titolare, dichiaratasi “familiare convivente”;

– secondo la società ricorrente la notifica sarebbe viziata perchè effettutata alla figlia non convivente ed in luogo diverso dalla sede legale;

– inoltre, essendo stata eseguita per posta e non consegnata personalmente al destinatario, l’agente postale non ne ha dato notizia al destinatario medesimo mediante comunicazione di avvenuta notificazione ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, al tempo vigente;

– la prospettazione del ricorrente è tuttavia infondata poichè la notifica non è nulla;

– appare correttamente individuate il luogo ove effettuarla e cioè la sede legale della società ai sensi dell’art. 145 c.p.c., e coincidente con la residenza del socio accomandatario e legale rappresentante in *****;

– la tesi della ricorrente secondo la quale la consegna sarebbe avvenuta in altro luogo ed a persona non convivente, non risulta dimostrata, poichè l’attestazione contenuta nella relata di notifica può essere contrastata solo con querela di falso, che, invece, non risulta utilmente esperita;

– infatti, è principio consolidato che in materia di notificazione eseguita dall’agente postale, la corrispondente relata fa fede, fino a querela di falso, per le attestazioni che riguardano l’attività svolta e le dichiarazioni ricevute dall’agente postale, sicchè la dichiarazione del ricevente (nella specie, di essere “familiare convivente”), secondo l’attestazione posta dall’agente sulla relazione di notificazione, legittima una presunzione semplice di conformità al vero di quanto dichiarato, che spetta al destinatario vincere allegando e provando il contrario. (cfr. Cass. 26134/2016; 14865/2012; 2421/2014; 11452/2003);

– allo stesso modo è infondata la nullità della notifica prospettata con riguardo alla dedotta mancata attestazione dell’adempimento previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 6, nel testo vigente alla data di effettuazione della notifica il 17/7/2008;

– la norma prevedeva che se il piego non viene consegnato personalmente al destinatario dell’atto, l’agente postale dà notizia al destinatario medesimo dell’avvenuta notifcazione dell’atto a mezzo di lettera raccomandata;

– si tratta di una previsione introdotta simmetricamente a quanto previsto dall’art. 139 c.p.c., comma 4, per il caso di notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario mediante consegna al portiere od al vicino, a soggetto cioè diverso dal destinatario;

– l’obbligo di invio della raccomandata opera perciò nel caso di notifica a mezzo posta allorchè l’agente postale consegni il plico al portiere (Cass. 1366/2010) ovvero al vicino (cfr. Cass. 19366/2013);

– non opera nel caso di notifica effettuata mediante consegna ad una persona di famiglia o addetta alla casa, all’ufficio o all’azienda ai sensi dell’art. 139 c.p.c., comma 2, e, analogamente, deve ritenersi non operare in quello di cui alla L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2;

– conseguentemente non opera nel caso di specie, essendo la consegna effettuata a favore di persona dichiaratasi figlia convivente e, pertanto, la notifica non è nulla e legittima la declaratoria di contumacia a suo tempo formulata dal giudice di appello;

– deriva da quanto sin qui considerato che non ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 327 c.p.c., comma 2, e che la notifica del ricorso in data 5/9/2014 è tardiva ed il ricorso inammissibile;

– in applicazione della soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente che liquida in Euro 7200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 21 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2019

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