LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE T
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –
Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –
Dott. LA TORRE Maria Enza – rel. Consigliere –
Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – Consigliere –
Dott. CAPOZZI Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso 17408-2018 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE *****, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –
contro
W.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato HUBERT GAPP;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 18/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA DI II GRADO di BOLZANO, depositata il 26/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA ENZA LA TORRE.
RITENUTO
che:
L’Agenzia delle entrate ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria di secondo grado di Bolzano, n. 18/2018 dep. 26.3.2018, che in controversia su impugnazione, da parte di W.R., di cartella esattoriale, preceduta da avviso di liquidazione del 5.2.2015 – non impugnato – per imposta di successione di M.A. (deceduta il 14.10.2013, in relazione alla quale aveva effettuato dichiarazione di successione in data 10.10.2014 e rinunciato all’eredità in data 6.6.2015), ha accolto l’appello del contribuente, in riforma della sentenza di primo grado.
La Commissione tributaria di secondo grado ha ritenuto che la rinuncia all’eredità, avente valore retroattivo, faccia venir meno lo stesso presupposto del tributo, con conseguente inefficacia degli atti tributari.
Con l’unico motivo del ricorso l’Agenzia delle entrate deduce violazione di legge, ex art. 360 c.p.c., n. 3, del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 28 e 31, dei principi generali in materia di successioni, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, dell’art. 521 c.c., dell’art. 115 c.p.c., in combinato disposto. Deduce che la mancata impugnazione dell’avviso di liquidazione che ha preceduto la cartella impugnata ha reso definitiva la pretesa, con conseguente inefficacia della successiva rinuncia.
Il contribuente si costituisce con controricorso.
PREMESSO che:
1. Secondo l’orientamento consolidato di questa Suprema Corte (Cass. n. 19030/2018, Cass. n. 2820 del 11/02/2005, Cass. n. 6479/2002), “la delazione che segue l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sè sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, perchè a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione”.
2. Con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 346 del 1990 (all’art. 36, comma 3, secondo cui “fino a quando l’eredità non sia stata accettata, o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all’eredità, o quelli che non hanno ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti”), il chiamato può presentare la dichiarazione di successione e pagare la relativa imposta, trattandosi di atto che può essere compiuto anche solo dal chiamato non erede, attribuendosi alla dichiarazione di successione mero scopo conservativo (Cass. n. 22017/2016), senza che ciò implichi accettazione dell’eredità.
3. Quanto agli effetti della rinuncia, è stato statuito che non può ritenersi obbligato a rispondere dei debiti del de cuius nè dell’imposta di successione (nemmeno a titolo provvisorio) il chiamato che abbia rinunciato all’eredità ai sensi dell’art. 519 c.c.. Cass. n. 8053 del 29/03/2017, ha precisato che “una eventuale rinuncia, anche se tardivamente proposta, esclude che possa essere chiamato a rispondere dei debiti tributari il rinunciatario, sempre che egli non abbia posto in essere comportamenti dai quali desumere una accettazione implicita dell’eredità (art. 476 c.c.)”, del cui onere probatorio è onerata l’Amministrazione finanziaria e che non può fondarsi sulla mera presentazione della denuncia di successione, che “non ha alcun rilievo ai fini dell’accettazione dell’eredità”.
Considerato che:
in relazione alla fattispecie in esame non sussistono precedenti specifici in ordine agli effetti di una rinuncia all’eredità sopravvenuta alla mancata impugnazione – e quindi alla definitività – di un avviso di liquidazione ritualmente notificato;
ritenuto pertanto che non sussistono i presupposti di cui all’art. 375 c.p.c..
P.Q.M.
Rimette gli atti alla pubblica udienza della Quinta sezione civile.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 3 giugno 2019
Codice Civile > Articolo 476 - Accettazione tacita | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 519 - Dichiarazione di rinunzia | Codice Civile
Codice Civile > Articolo 521 - Retroattivita' della rinunzia | Codice Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 3 - (Omissis) | Codice Procedura Civile
Codice Procedura Civile > Articolo 115 - Disponibilita' delle prove | Codice Procedura Civile