LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Antonio – Presidente –
Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. DE MARINIS Nicola – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11529-2014 proposto da:
BANCA CASSA RISPARMIO FIRENZE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PO 24, presso lo studio dell’avvocato AURELIO GENTILI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato VITTORIO BECHI;
– ricorrente –
contro
B.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato MICHELE IACOVIELLO;
– controricorrente –
e contro
BA.LA., + ALTRI OMESSI;
– intimati –
e contro
A.E., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MICHELE IACOVIELLO;
– resistente con mandato –
avverso la sentenza n. 30/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 16/01/2014, R.G.N. 291/2012.
RILEVATO
che, con sentenza del 16 gennaio 2014, la Corte d’Appello di Firenze confermava la decisione resa dal Tribunale di Firenze e accoglieva la domanda proposta da A.E. + altri 502 ricorrenti, nei confronti della Banca Cassa di Risparmio di Firenze, della quale erano tutti ex dipendenti titolari, a carico del relativo Fondo di Previdenza Integrativo, di pensione complementare o di trattamento di reversibilità da dante causa ex dipendente della Banca medesima, dichiarando l’illegittimità del recesso dagli accordi regolativi del suddetto Fondo aziendale comunicato dalla Banca ai ricorrenti in questione il 27.9.2009 e delle pretese che ne discendevano da parte della Banca in termini di opponibilità ai predetti del nuovo accordo collettivo del 4.11.2009, di abolizione, con riguardo ai trattamenti a carico del FIP, dei meccanismi di perequazione automatica, di sospensione della reversibilità della pensione complementare, di trasferimento della posizione previdenziale dei medesimi al Fondo del Banco di Napoli;
che la decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto l’intervento di rideterminazione della disciplina delle prestazioni e del finanziamento del Fondo di Previdenza Complementare, ad opera della contrattazione collettiva, originaria fonte istitutiva, ammesso dal D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18, comma 7, a fronte di squilibri finanziari nella gestione del fondi preesistenti, insuscettibile di incidere negativamente sulla posizione di coloro che, come verificatosi nella specie, avendo maturato i requisiti ed esercitato il relativo diritto, abbiano conseguito il trattamento pensionistico, in adesione all’orientamento di questa Corte di cui alla sentenza resa a sezione unite n. 2995 del 28.9.1968, in base al quale, nell’ipotesi suddetta, il diritto a pensione deve considerarsi entrato nel patrimonio dell’interessato e sottratto ad atti dispositivi delle organizzazioni sindacali, anche per quel che riguarda le modalità di calcolo e di adeguamento del trattamento pensionistico;
che per la cassazione di tale decisione ricorre la Banca Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A., affidando l’impugnazione a tre motivi, cui resiste, con controricorso, il solo B.R., essendo tutti gli altri originari ricorrenti rimasti qui intimati;
che, nelle more dell’udienza di trattazione, la Banca notificava a tutte le controparti e depositava presso questa Corte, ano di rinuncia al ricorso per cassazione relativamente alla parte corrispondente a quanto definito tra le parti con atto transattivo sottoscritto il 16.11.2017, rinunzia, accettata dalle controparti, di cui, all’odierna udienza, il Collegio dà atto, consentendo alla limitazione dei motivi di ricorso e del thema decidendum come ridefinito d’intesa tra le parti e relativo all’accertamento del diritto, richiesto dai pensionati, all’applicazione del trattamento perequativo sulla rendita percepita dal FIP ai sensi del regolamento che ne disciplina le prestazioni nonchè del diritto alla reversibilità per i superstiti che subentrino dopo l’accordo sindacale del 2009;
che entrambe le parti hanno poi presentato memoria.
CONSIDERATO
che, con il residuo motivo di impugnazione corrispondente al secondo dell’originario ricorso, la Banca Cassa di Risparmio di Firenze ricorrente censura la pronunzia resa dalla Corte territoriale ove la stessa potesse ritenersi fondata su principi generali del diritto da cui scaturirebbe, con riferimento all’intervenuta maturazione del diritto al trattamento pensionistico, la configurabilità quale diritto quesito tanto del meccanismo perequativo, quanto della reversibilità come disciplinati nell’originario regolamento;
che il motivo risulta infondato, dovendo ritenersi, alla stregua dei principi generali del diritto, i soli che all’epoca dei fatti valevano a regolare la fattispecie, essendo venuta meno alla data dell’1.1.2007 per l’abrogazione disposta dal D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 21, comma 8, la norma speciale di cui al D.Lgs. n. 124 del 1993, art. 18, comma 7, e non essendo ancora entrata in vigore l’analoga norma di cui al D.Lgs. n. 252 del 2005, art. 7, comma 2 bis introdotta dal D.L. n. 76 del 2013, art. 10, comma 2, a far data dal 28 giugno di quell’anno, qualificabile quale diritto soggettivo perfetto acquisito al patrimonio dell’interessato non solo il diritto al trattamento pensionistico conseguito per effetto della maturazione dei requisiti quali previsti dalla disciplina in vigore all’atto della cessazione del rapporto, ma altresì il diritto a fruire delle modalità di adeguamento di quel trattamento (il meccanismo di perequazione) e delle prestazioni accessorie al medesimo (la reversibilità) quali risultanti dalla disciplina in vigore all’atto della maturazione del diritto principale e ciò in conformità con il principio enunciato da questa Corte nella sentenza resa a sezioni unite n. 2995/1968, citata in motivazione;
che, pertanto, il ricorso va rigettato;
che le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo, in favore del solo controricorrente B., con loro attribuzione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 10.000,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge, con distrazione in favore dell’avv. Michele Iacoviello, dichiaratosi antistatario.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 6 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019