Corte di Cassazione, sez. Lavoro, Sentenza n.15167 del 04/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 1997-2015 proposto da:

CO.R.E.M. S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE PAOLO GUARINO;

– ricorrente –

contro

L.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato GIANNI PETRACCA;

– controricorrente –

e contro

UNIPOLSAI ASSICURAZIONI S.P.A. (già UNIPOL S.P.A., nuova denominazione di FONDIARIA-SAI S.P.A. quale incorporante di UNIPOL ASSICURAZIONI S.P.A., già UGF ASSICURAZIONI S.P.A.), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA MARGHERITA 278, presso lo studio dell’avvocato MARCO FERRARO, che la rappresenta e difende;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

e contro

– INAIL – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. *****;

– intimato –

avverso la sentenza n. 335/2014 della CORTE D’APPELLO di POTENZA, depositata il 26/06/2014, R.G.N. 349/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/03/2019 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO ALESSANDRO, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, per l’accoglimento del ricorso incidentale;

udito l’Avvocato GIANNI PETRACCA.

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Potenza aveva respinto il ricorso proposto da L.D., operaio specializzato della società CO.R.E.M. s.r.l. che si occupava di costruzione e manutenzione di impianti elettrici per la condanna della datrice di lavoro al pagamento del danno differenziale derivato da infortunio sul lavoro occorso al predetto l’8 agosto 2005 nel corso di lavori di manutenzione di una linea elettrica, quando, a seguito di folgorazione da alta tensione, aveva riportato ustioni da cui erano residuate invalidità temporanea e permanenti, quantificate dall’INAIL nella misura del 45%.

2. La decisione, fondata sulla ritenuta ascrivibilità dell’infortunio a condotta esclusiva del L., era riformata dalla Corte d’appello di Potenza, che, con sentenza del 26.6.2014, ritenuto il concorso di colpa del lavoratore nella misura del 10%, condannava la CO.R.E.M. s.r.l. al pagamento, in favore dell’appellante, della complessiva somma di Euro 181.221,91 a titolo di danno non patrimoniale e di Euro 1000,00 a titolo di danno patrimoniale, oltre accessori di legge, dichiarando la U.G.F. Ass.ni s.p.a. obbligata a tenere indenne la società di quanto da questa dovuto al L., nei limiti del massimale di polizza di Euro 258.228,44.

3. La Corte riteneva che all’origine dell’evento infortunistico si era posta soprattutto la condotta omissiva e negligente del capo-squadra S. – che, nell’occasione, esercitava il potere di controllo e direttivo del datore – il quale non aveva controllato che l’impianto di messa a terra fosse realizzato correttamente dal L. e dall’altro operaio La., che non aveva messo in funzione preventivamente il rilevatore di corrente sulla linea prima che il L. incominciasse la sua pericolosa arrampicata sul palo e non aveva ordinato al predetto, che pure si era accorto della presenza di un campo magnetico, di scendere dal traliccio, non disponendo colpevolmente una nuova verifica della messa in sicurezza di quel traliccio. In particolare, non veniva evidenziata alcuna iniziativa anomala nel contegno del L. tale da interrompere il nesso causale con le omissioni del datore di lavoro, se non un comportamento imprudente concausa dell’evento, con un concorso di colpa quantificato nella misura del 10%, ascrivibile alla decisione di continuare comunque la salita sul traliccio. Secondo le tabelle milanesi la misura del danno ascendeva ad Euro 265.384,35, per effetto della personalizzazione del 10% e della diminuzione per il concorso di colpa, somma dalla quale era detratto quanto corrisposto dall’INAIL a titolo di danno biologico (Euro 84.162,44), pervenendosi ad un danno differenziale di Euro 181.221,91, cui andava aggiunta quella di Euro 1000,00 a titolo di danno patrimoniale per spese mediche documentate e non rimborsate dell’INAIL. Nulla veniva riconosciuto a titolo di danno da perdita della capacità lavorativa specifica, danno di natura patrimoniale, non essendovi state allegazioni a supporto dello stesso.

4. Le eccezioni della U.G.F. erano ritenute infondate per essere risultato documentalmente che, al momento dell’infortunio, esisteva un contratto tra la compagnia e la Co.r.e.m., per l’assicurazione della responsabilità civile verso terzi e verso prestatori di lavoro assicurati a norma della legge sugli infortuni (stipulato il 12.6.1997 per la durata di 10 anni), non risolto per inadempimento dell’obbligo dell’assicurato di pagamento dei premi convenuti.

5. Di tale decisione domanda la cassazione la CO.R.E.M. s.r.l., affidando l’impugnazione a due motivi, cui resistono il L. e la UnipolSai Ass.ni s.p.a. (già UGF Ass.ni s.p.a.), la quale propone ricorso incidentale. L’INAIL è rimasto intimato.

6. Sono state depositate memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., dal L. e dall’UnipoSai Assicurazioni s.p.a..

RAGIONI DELLA DECISIONE

Ricorso principale:

1. Con il primo motivo, è denunziata violazione degli artt. 342 e 434 c.p.c., per avere la stessa Corte di appello evidenziato che l’unica ragione in cui si sostanziava il gravame era circoscritta alla mancata ammissione di un mezzo istruttorio (acquisizione di un fonogramma inviato dalla Corem all’Enel l’8.8.2005 di disattivazione di una linea elettrica di media tensione diversa da quella sulla quale il L. era stato inviato ad operare), richiesta ritenuta abbandonata per il comportamento dell’appellante, e per essere stati i motivi dedotti in primo grado pedissequamente riproposti in appello, senza soddisfare il prescritto obbligo di specificità delle ragioni dell’impugnazione.

2. Con il secondo motivo, si lamentano violazione dell’art. 112 c.p.c. e violazione degli artt. 24 e 111 Cost., dell’art. 101c.p.c., nullità della sentenza per violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa delle parti, assumendosi che la Corte ha individuato d’ufficio petitum e causa petendi, in quanto la qualificazione della domanda è avvenuta ad opera del giudice del gravame, che ha qualificato la domanda come diretta ad ottenere il risarcimento del danno differenziale, laddove nè il datore di lavoro, nè il lavoratore avevano mai prospettato in giudizio una procedura operativa per la messa in sicurezza che prevedesse l’obbligatorio e preventivo uso del rilevatore di tensione; si assume che quindi era stata introdotta una questione di fatto officiosamente rilevata e risolta senza alcun contributo delle parti e con violazione dei principi invocati in rubrica. Si sostiene che il L. aveva da sempre indicato la causa esclusiva del suo infortunio nell’errore commesso dalla COREM, che aveva richiesto all’ENEL la disattivazione di una linea elettrica di media tensione diversa da quella sulla quale egli era poi stato mandato ad operare.

3. La ricorrente riporta le doglianze svolte dal L. in appello come descritte dal giudice del gravame e fondate, oltre che sulla mancata acquisizione del fonogramma, anche sulla circostanza che il lavoratore non poteva immaginare che le operazioni di controllo della tensione sul traliccio ispezionato fossero state invece eseguite su una linea diversa, per errore nella richiesta avanzata dalla Co.r.e.m. all’ENEL.

4. Non è sufficiente tale richiamo al contenuto della sentenza per soddisfare gli oneri di specificità del ricorso in relazione alla doglianza riferita alla violazione delle norme procedurali. Anche quando vengano denunciati, con il ricorso per cassazione, errores in procedendo, in relazione ai quali la Corte di cassazione è giudice del fatto, resta preliminare la questione di ammissibilità del motivo, dovendo lo stesso rispettare i criteri di cui all’art. 366 c.p.c., n. 6 e art. 369 c.p.c., n. 4; nel caso di specie, la ricorrente ha omesso di riportare le parti essenziali (recte i motivi) dell’atto di appello in relazione alle quali denuncia la inesatta formulazione; in mancanza di tale specificazione è precluso al Collegio l’esame dei mossi rilievi (cfr., ex plurimis, Cass. n. 7406 del 2017, Cass. n. 24481 del 2014, Cass. n. 8008 del 2014, Cass. n. 896 del 2014, Cass. Sez. Un. 8077 del 2012, cit.), in quanto, in dispregio dei richiamati canoni di autosufficienza, nel primo motivo di ricorso non vengono trascritti i passaggi della sentenza di primo grado gravata con riferimento al contenuto del ricorso in appello che si assume erroneamente accolto. Da ultimo è stato affermato che gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla L. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (cfr. Cass. s.u. 16.11.2017 n. 27199).

5. Quanto al secondo motivo, è sufficiente osservare che l’accertamento sulla riferibilità causale dell’infortunio non era vincolato ad una precisa prospettazione del lavoratore, che non è neanche richiamata nei termini in cui era stata delineata nel ricorso introduttivo, e che, comunque, ciò non attiene nè al petitum nè alla causa petendi, essendo il quadro fattuale invariato.

6. La decisione è in linea con i principi della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’obbligo di prevenzione di cui all’art. 2087 c.c. impone al datore di lavoro di adottare non solo le particolari misure tassativamente imposte dalla legge in relazione allo specifico tipo di attività esercitata e quelle generiche dettate dalla comune prudenza, ma anche tutte le altre misure che in concreto si rendano necessarie per la tutela del lavoro in base all’esperienza ed alla tecnica, pur non potendo da detta norma desumersi la prescrizione di un obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata diretta ad evitare qualsiasi danno, con la conseguenza di ritenere automatica la responsabilità del datore di lavoro ogni volta che il danno si sia verificato, occorrendo invece che l’evento sia riferibile a sua colpa, per violazione di obblighi di comportamento imposti da fonti legali o suggeriti dalla tecnica, ma concretamente individuati (cfr., tra le tante, Cass. 12.7.2004 n. 12863 e, da ultimo, Cass. 8.10.2018 n. 24742). Più specificamente, per la peculiarità della vicenda di causa, vanno richiamati i principi espressi da Cass. 4.2.2016 n. 2209 sull’obbligo di vigilanza circa l’effettivo uso degli strumenti di cautela forniti al dipendente, non potendo essere ragione di esonero totale da responsabilità l’eventuale concorso di colpa di altri dipendenti, se non quando la loro condotta rappresenti la causa esclusiva dell’evento.

Ricorso incidentale UNIPOL:

7. Si denunziano l’omessa pronuncia su domanda sollevata nel giudizio e violazione dell’art. 112 c.p.c., ex art. 360 c.p.c., n. 4, per essere stata dedotta non solo l’inoperatività della polizza per mancata regolarizzazione del premio, ma anche l’esclusione dell’indennizzo delle somme dovute a titolo di risarcimento dei danni subiti dal L. e la limitazione dell’obbligazione in relazione al massimale di polizza. In particolare, si assume che l’art. 13 b) delle Condizioni generali di contratto (all. 8 del controricorso e ricorso incidentale e doc. 4 del fascicolo di parte di primo grado) limitava la R.C.O. “a tenere indenne l’assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare (capitale interessi e spese) quale civilmente responsabile, ai sensi del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, artt. 10 e 11 verso prestatori di lavoro da lui dipendenti per gli infortuni (escluse le malattie professionali) da loro sofferti. L’assicurazione è efficace alla condizione che, al momento del sinistro l’Assicurato sia in regola con gli obblighi per l’assicurazione di legge. Tanto l’assicurazione RCT quanto l’assicurazione RCO valgono anche per le azioni di rivalsa esperite dall’INPS ai sensi della L. 12 giugno 1984, n. 222, art. 14”.

8. Si assume che era stata sollevata eccezione dalla U.G.F. di limitazione alla copertura assicurativa per la responsabilità civile verso prestatori di lavoro alle somme dovute dall’assicurata INAIL, in quanto la responsabilità datoriale prevista dal D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 10 e 11 ratione temporis, con riferimento all’epoca di stipulazione del contratto, era limitata al danno patrimoniale collegato alla riduzione dell’attività lavorativa, oggetto dell’assicurazione sociale.

9. Effettivamente Cass. 15793/2010, in un’ipotesi sovrapponibile, ha affermato che, ove l’assicurazione obbligatoria per gli infortuni e le malattie professionali dei lavoratori dipendenti non coprisse all’epoca del contratto il cd. danno biologico (che vi è stato inserito solo con il D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13 con esclusivo riguardo agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali verificatisi o denunciati a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale relativo alle tabelle delle menomazioni – luglio 2000), l’assicurazione riguardava quanto la società fosse tenuta a pagare, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del 1965, art. 11, in via di regresso all’INAIL nell’ipotesi in cui, nonostante l’assicurazione obbligatoria, il datore di lavoro non fosse esonerato dalla responsabilità civile a norma del precedente art. 10 del D.P.R. citato, con esclusione dall’ambito della copertura assicurativa sia del danno biologico, che del danno morale.

10. Nella specie, tuttavia, in dispregio del principio di specificità, non è riprodotta nè la difesa dell’UGF in primo grado, nè la riproposizione delle stesse deduzioni in sede di gravame, con riguardo alla specifica eccezione sollevata relativamente alla limitazione della copertura assicurativa alle somme dovute dall’assicurata all’INAIL secondo la normativa vigente ratione temporis all’epoca della stipula della polizza.

11. Alle svolte considerazioni consegue la declaratoria di inammissibilità sia del ricorso principale, che di quello incidentale.

12. Si ritiene di compensare tra Corem srl e UnipolSai Assicurazioni s.p.a. le spese del presente giudizio di legittimità, in ragione della reciproca soccombenza, laddove, per il principio della piena soccombenza, vanno poste a carico della Corem quelle sostenute per il presente giudizio dal L. nella misura indicata in dispositivo e con attribuzione al difensore dichiaratosi antistatario. Nulla va statuito nei confronti dell’INAIL, che non ha svolto attività difensiva.

13. Sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, sia per la ricorrente principale che per la ricorrente incidentale.

P.Q.M.

La Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso principale e del ricorso incidentale; compensa le spese del presente giudizio di legittimità tra la Co.r.e.m. s.r.l. e la UnipolSai Assicurazioni s.p.a e condanna la Co.r.e.m. s.r.l. al pagamento, in favore di L.D., delle spese del presente giudizio liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 5,500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%, con attribuzione all’avv. Gianni Petracca.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale e da parte della ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019

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