Corte di Cassazione, sez. II Civile, Sentenza n.15183 del 04/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16264-2015 proposto da:

C.C., F.M., F.P. e F.F. (nella qualità di eredi di F.D.), rappresentati e difesi dall’Avvocato SIMONE CICCOTTI, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62;

– ricorrenti –

contro

F.F., F.G., FR.GL., F.A., FR.MA. e M.G., rappresentati e difesi dagli Avvocati SERENELLA CAFFARELLI e UMBERTO SEGARELLI e elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo in ROMA, VIA G.B. MORGAGNI 2/A;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 270/2014 della CORTE d’APPELLO di PERUGIA, depositata il 9/05/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/03/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del primo motivo, e per l’accoglimento del secondo, terzo e quarto e l’assorbimento dei rimanenti motivi;

udito l’Avv. SIMONE CICCOTTI per i ricorrenti, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso, nonchè l’Avv. UMBERTO SEGARELLI, che ha concluso per il rigetto.

FATTI DI CAUSA

F.D., proprietario di un terreno in agro di *****, censito con la particella n. ***** del foglio *****, conveniva in giudizio F.F., proprietario di un fondo confinante, nonchè F.A., G., GL. e MA. e M.G., proprietari di un terzo fondo. L’attore svolgeva: azione di negatoria servitutis al fine di far dichiarare l’insussistenza di diritti di passaggio dei convenuti su di una corte al primo piano della sua abitazione, nonchè su di una scala, ivi insistente, da lui costruita per collegare i due piani del proprio fabbricato; azione ex art. 950 c.c. per la determinazione dell’esatto tracciato di una strada “interpoderale” che attraversava il suo terreno, diramandosi poi verso una particella comune (n. 40) da un lato per proseguire al servizio di altri fondi, dall’altro proseguendo attraverso la proprietà dell’attore e più specificamente attraverso la corte oggetto della negatoria servitutis; azione risarcitoria per i danni determinati dal passaggio abusivo attraverso la corte e attraverso il terreno al di fuori del limite della strada.

Si costituiva in giudizio F.F., il quale proponeva domanda riconvenzionale per l’accertamento del maturarsi dell’usucapione del diritto di passaggio attraverso la corte e la scala.

Si costituivano anche gli altri convenuti, dichiarando di non essere interessati al passaggio oggetto di contestazione e chiedendo di dichiarare il loro difetto di legittimazione passiva.

Con sentenza n. 369/2011 dell’8.3.2011, il Tribunale di Terni respingeva la domanda di regolamento dei confini proposta dall’attore avverso tutti i convenuti e accoglieva la domanda riconvenzionale proposta da F.F., dichiarando che questi aveva acquisito per usucapione la servitù di passaggio sulla corte, insistente sulla particella n. ***** del foglio ***** del Catasto Terreni del Comune di ***** e sulla scala, insistente sulla medesima particella, costruita in adiacenza all’immobile di proprietà di F.D..

Contro questa sentenza proponeva appello F.D. nei confronti del solo F.F., chiamando le altre parti al solo scopo di ricostituire il contraddittorio tra tutte le parti presenti in primo grado.

Si costituivano in giudizio F.F. e le altre parti. F.F. svolgeva appello incidentale chiedendo il riconoscimento in suo favore della servitù di passaggio, oltre che sulla scala, sull’intera area destinata a corte incidente sulla particella n. 132 di F.D. e in specie sulla corte a valle della scala in questione e sulla corte a monte della stessa scala.

Con sentenza n. 270/2014, depositata in data 9.5.2014, la Corte d’Appello di Perugia dichiarava usucapita la servitù di passaggio sulla corte insistente sulla particella n. 132 del foglio 18 del Catasto Terreni del Comune di ***** e sulla scala insistente sulla stessa particella, costruita in adiacenza all’immobile di F.D., in favore del fabbricato eretto sulla particella n. ***** del foglio ***** del medesimo Catasto; dichiarava la nullità della pronuncia afferente l’azione di regolamento dei confini, per carenza del necessario contraddittorio e rimetteva le parti avanti al primo Giudice quanto a questa domanda; compensava le spese di lite del grado.

Avverso detta sentenza propongono ricorso per cassazione C.C., F.M., P. e F., in qualità di eredi di F.D., sulla base di sette motivi; resistono F.F., A., G., GL. e MA., nonchè M.G. con controricorso. Ricorrenti e controricorrenti hanno depositato rispettive memorie.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.1. – Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c. e art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, osservando che la Corte di merito ha dichiarato, d’ufficio, la nullità della domanda di identificazione dei confini sui quali insisteva la servitù di passaggio in questione, in quanto la domanda era stata proposta nei confronti del solo F.F., nonostante il passaggio su detta strada fosse esercitato da altri soggetti non evocati in giudizio. Così la Corte erroneamente si è ritenuta titolare del potere, officioso, di conoscere della questione.

1.2. – Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 950 e 951 c.c., nonchè degli artt. 102 e 354 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, giacchè, in ogni caso, erroneamente la Corte d’Appello ha ritenuto che, in un’azione di regolamento dei confini di una servitù, la domanda proposta nei confronti di uno solo dei soggetti che esercitano la servitù di passaggio sia insuscettibile di vaglio senza la previa instaurazione del contraddittorio con tutti i soggetti che esercitano il passaggio.

1.3. – In considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica, i due motivi vanno esaminati e decisi congiuntamente.

1.4. – Il secondo motivo è fondato.

1.5. – Come affermato da questa Corte, nell’azione di regolamento di confini, diretta ad ottenere (come la presente) una sentenza meramente dichiarativa, se i fondi confinanti appartengono a più proprietari non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario e ciascuno dei comproprietari è legittimato ad agire o resistere senza l’intervento degli altri, a meno che, alla domanda di regolamento, si accompagni la richiesta di rilascio o di riduzione in pristino della parte di fondo che si ritiene usurpata in conseguenza dell’incertezza oggettiva o soggettiva dei confini (Cass. n. 3082 del 2006; conf. Cass. n. 27041 del 2013).

L’ipotesi del litisconsorzio necessario sostanziale, che imporrebbe l’integrazione del contraddittorio, si configura soltanto quando, in presenza di un rapporto per sua natura inscindibile esistente tra le parti, la mancata partecipazione al processo di tutti i soggetti della situazione sostanziale dedotta in giudizio comporterebbe la incièdoneità della sentenza a produrre un qualsiasi effetto giuridico, anche nei confronti di coloro che sono stati parte (Cass. n. 28423 del 2013, secondo la quale, peraltro, con particolare riferimento alla azione di regolamento dei confini, non può essere considerato litisconsorte necessario il terzo che sia titolare di servitù costituita da alcuno dei proprietari su una porzione dei fondi contigui non appartenente allo stesso, perchè il terzo non risulta essere titolare di un diritto autonomo rispetto al rapporto dedotto in giudizio, ma di una porzione dipendente e dunque meramente assoggettata all’efficacia riflessa del relativo giudicato).

Dunque, nell’azione di regolamento di confini, non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario ove il fondo o i fondi i cui confini debbono essere delimitati, appartengono a più proprietari essendo ciascun condomino legittimato attivamente e passivamente all’esercizio di tali azioni e di tutte le altre a tutela della proprietà della cosa comune, senza bisogno dell’intervento in giudizio degli altri condomini (Cass. n. 8689 del 2000), poichè la sentenza può spiegare i suoi effetti nei confronti di chi sia stato evocato in giudizio e non può pertanto considerarsi inutiliter data.

1.6. – Nella specie, la Corte territoriale (in contrasto con detti principi) ha erroneamente ritenuto che, poichè la strada vicinale, dopo aver attraversato il fondo dell’attore, proseguiva al sevizio di altre proprietà, per ciò stesso l’accertamento sull’azione di cui all’art. 950 c.c. che avesse limitato l’ampiezza del sedime comune, avrebbe pregiudicato in diritto dei terzi.

1.7. – La ritenuta illegittimità della affermata necessità, nella specie, di integrare il contraddittorio, che ha portato la Corte d’appello a dichiarare la nullità della sentenza di primo grado in parte qua, comporta l’assorbimento della questione di cui al primo motivo.

2.1. – Con il terzo motivo, i ricorrenti deducono la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 – Nullità della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4”, in quanto la valutazione della Corte d’Appello relativa alla ritenuta sussistenza di presunzione del possesso nonostante lo stesso fosse stato qualificato come tolleranza tra parenti prossimi, nonchè alla ritenuta sussistenza di opere visibili e permanenti, si atteggia ad affermazione pronunciata in carenza di domanda.

2.2. – Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano la “Violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 345 c.p.c., nonchè degli artt. 1144 e 2697 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”, in quanto il giudice d’appello, nonostante avesse riconosciuto che l’esercizio del passaggio fosse sorto in termini di tolleranza, non ha identificato il momento iniziale del termine ad usucapionem da correlare alla trasformazione della detenzione in possesso, imputando alla parte appellante (odierna ricorrente) di non avere assolto all’onere della dimostrazione del fatto che il passaggio non fosse idoneo a determinare l’usucapione, in quanto sussistente la tolleranza del proprietario del fondo.

2.3. – Anche i motivi terzo e quarto, in considerazione della loro stretta connessione logico-giuridica, nonchè dell’oggetto trattato (incidenza della tolleranza sul riparto dell’onere della prova), vanno esaminati e decisi congiuntamente.

2.4. – Le doglianze sono fondate.

2.5. – Questa Corte ha chiarito che la tolleranza è caratterizzata dalla condiscendenza del dominus, derivante dai rapporti di buon vicinato, di parentela, di amicizia, di cortesia, manifestata al destinatario, in modo che quest’ultimo ne abbia consapevolezza e nell’usufruire del bene abbia sempre presente l’eventualità e la legittimità del sopravveniente divieto. Costituisce, peraltro, principio consolidato quello secondo cui, per la sussistenza del possesso utile per usucapire occorre, oltre al riscontro di un comportamento continuo e non interrotto, inteso inequivocabilmente ad esercitare sulla cosa, per tutto il tempo prescritto dalla legge, l’esercizio di un potere corrispondente a quello del proprietario, non riconducibile però alla mera tolleranza del proprietario (v. Cass. n. 15446 del 2007).

Peraltro, al fine di stabilire se la relazione di fatto con il bene costituisca una situazione di possesso ovvero di semplice detenzione dovuta a mera tolleranza di chi potrebbe opporvisi (come tale inidonea, ai sensi dell’art. 1144 c.c., a fondare la domanda di usucapione), la circostanza che l’attività svolta sul bene abbia avuto durata non transitoria e sia stata di non modesta entità, cui normalmente può attribuirsi il valore di elemento presuntivo per escludere che vi sia stata tolleranza, è destinata a perdere tale efficacia nel caso in cui i rapporti tra le parti siano caratterizzati da vincoli particolari, quali quelli di parentela o di società (Cass. 1219 del 2019; conf. Cass. n. 11277 del 2015; Cass. n. 8817 del 2015; Cass. n. 9661 del 2006).

Dunque, la lunga durata dell’attività corrispondente all’esercizio di un diritto di proprietà o altro diritto reale non è di per sè sufficiente ad escludere la tolleranza nel caso dei rapporti di parentela (Cass. n. 11315 del 2018; Cass. n. 4327 del 2008).

2.6. – Viceversa, la Corte distrattuale ha testualmente richiamato, a sostegno della decisione, il principio (affatto diverso poichè non basato sulla menzionata peculiarità della incidenza della tolleranza nei rapporti tra parenti) secondo cui, in materia di acquisto per usucapione di diritti reali immobiliari, poichè l’uso prolungato nel tempo di un bene non è normalmente compatibile con la mera tolleranza, essendo quest’ultima configurabile, di regola, nei casi di transitorietà ed occasionalità, in presenza di un esercizio sistematico e reiterato di un potere di fatto sulla cosa, “spetta a chi lo abbia subito l’onere di dimostrare che lo stesso è stato dovuto a mera tolleranza” (Cass. n. 3404 del 2009; conf. Cass. 9275 del 2018).

La Corte di merito (con malgoverno delle regole di riparto dell’onere della prova) ha dunque erroneamente imputato alla parte appellante di non avere tenuto conto del menzionato orientamento per cui la parte che rivendica la costituzione per usucapione di una servitù di passaggio sul fondo del prossimo congiunto (diversamente da quanto accade nei rapporti tra estranei) non può limitarsi ad accreditare il verificarsi del passaggio per il periodo ultraventennale per soddisfare l’onere probatorio circa la sussistenza di un possesso ad usucapionem; dovendosi invece far carico di distinguere il passaggio esercitato in forza di tolleranza da quello esercitato uti dominus, onde valorizzare solo il secondo al fine di verificare la maturazione del termine minimo per conseguire la maturazione del diritto.

3.1. – Con il quinto, sesto e settimo motivo, i ricorrenti (sempre con riferimento al profilo della contestata sussistenza dei requisiti della opposta usucapione) lamentano nell’ordine la “Nullità della sentenza per omessa pronuncia su un motivo di appello con il quale si lamentava la violazione dell’art. 1051 c.c. in relazione al disposto dell’art. 360 c.p.c., n. 4”; la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1061 c.c. e dell’art. 329 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3”; e la “Omessa valutazione di una circostanza dedotta alla cognizione della Corte di merito e decisiva ai fini del decidere in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5”.

3.2. – Tali motivi sono assorbiti dalla pronuncia sul terzo e quarto motivo.

4. – In considerazione di quanto dedotto, il ricorso va dunque accolto per quanto di ragione, ed in relazione a ciò la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa per nuovo esame alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, che provvederà anche a regolamentare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, per quanto di ragione; cassa in relazione a ciò la sentenza impugnata, con rinvio della causa per nuovo esame alla Corte d’Appello di Perugia, in diversa composizione, che regolamenterà anche le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 15 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019

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