Corte di Cassazione, sez. V Civile, Ordinanza n.15185 del 04/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8879-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.G., EQUITALIA GERIT SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 251/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ.DIST. di LATINA, depositata il 28/02/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2018 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.

RILEVATO

CHE:

– con sentenza n. 294/08/07, la C.T.P. di Latina accoglieva il ricorso di P.G. avverso la cartella di pagamento n. *****; recante, tra l’altro, somme liquidate a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, per imposte dichiarate, ma non versate, relative all’anno 2003; in particolare, il contribuente si doleva dell’omissione di avvisi o comunicazioni, all’esito del controllo formale, del difetto di indicazione – nella cartella – dell’ufficio di riferimento e del nominativo del responsabile del procedimento, dell’omessa sottoscrizione della cartella e della mancanza di motivazione della stessa;

– il giudice di primo grado riteneva fondati i rilievi riguardanti la mancanza di invito L. n. 212 del 2000, ex art. 6, comma 5, o di comunicazione D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis, comma 3, e la nullità della cartella per mancata indicazione del responsabile del procedimento (L. n. 212 del 2000, ex art. 7, comma 2);

– la C.T.R. del Lazio – Sezione staccata di Latina, con la sentenza n. 251/39/11 del 12 gennaio 2011, respingeva l’appello dell’Agenzia delle Entrate con la seguente motivazione: “Il Collegio rileva che, nel caso di specie, l’iscrizione a ruolo operata è illegittima per mancato preventivo invio al contribuente di un avviso di pagamento bonario nonchè per mancanza di motivazione e omessa sottoscrizione della cartella da parte del responsabile del procedimento.”;

– avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;

– l’intimato P.G. non ha svolto difese in questo grado.

CONSIDERATO

CHE:

1. Col primo motivo l’Agenzia delle Entrate censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3, e della L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, per avere la Commissione Tributaria Regionale condizionato la validità dell’iscrizione a ruolo e del recupero del credito tributario all’invio al contribuente di un avviso bonario o di un invito al contraddittorio, atti ritenuti superflui in caso di omesso versamento delle imposte indicate nelle dichiarazioni fiscali dallo stesso contribuente.

2. Il motivo è fondato.

Sul punto va ribadito il principio più volte espresso da questa Suprema Corte secondo cui, in materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità.

Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36-bis, comma 3, dunque, va interpretato nel senso che solo per il caso in cui il controllo automatico della dichiarazione riveli “un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione”, ossia un errore del contribuente, v’è la necessità dell’avviso bonario, non anche per il diverso caso dell’omesso o tardivo versamento, nel quale il riscontro di irregolarità non investe “incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, come appunto richiesto dalla L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 5, in quanto i dati contabili utilizzati dall’Amministrazione finanziaria si considerano a tutti gli effetti come dichiarati dal contribuente (art. 54-bis) o dal sostituto d’imposta (art. 36-bis, comma 4, e art. 54-bis), per cui risulterebbe del tutto inutile dare comunicazione al dichiarante su quanto dal medesimo allegato (da ultimo, ex multis, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 29309 del 14/11/2018).

3. Col secondo motivo la ricorrente censura la decisione per violazione e falsa applicazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) della L. n. 212 del 2000, art. 7, comma 2, e del D.L. n. 248 del 2007, art. 46, comma 4-ter, per avere il giudice d’appello confermato la nullità della cartella per omessa indicazione del responsabile del procedimento e mancata sottoscrizione della cartella da parte del medesimo in assenza di una norma ratione temporis applicabile che sanzionasse con la nullità tale difetto.

4. Il motivo è fondato.

La cartella impugnata dal P. è stata notificata prima dell’entrata in vigore del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248, di talchè deve darsi continuità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui “L’indicazione del responsabile del procedimento negli atti dell’Amministrazione finanziaria non è richiesta, dalla L. n. 212 del 2000, art. 7, a pena di nullità, in quanto tale sanzione è stata introdotta per le cartelle di pagamento dal D.L. n. 248 del 2007, art. 36, comma 4-ter, conv., con modif., dalla L. n. 31 del 2008, applicabile soltanto alle cartelle riferite ai ruoli consegnati agli agenti della riscossione a decorrere dal 1 giugno 2008. (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 11856 del 12/05/2017, Rv. 644115-01; Cass., Sez. U., Sentenza n. 11722 del 14/05/2010, Rv. 613232-01).

5. Col terzo motivo l’Agenzia deduce la nullità della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere il giudice d’appello – in violazione del divieto di ultrapetizione confermato la pronuncia di primo grado adducendo, quale ulteriore ratio decidendi, la mancanza di motivazione della cartella, motivo non accolto dal giudice di prime cure e non riproposto dall’appellato P..

6. Il motivo è fondato.

Infatti, “la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, non ha l’onere di proporre appello incidentale per richiamare in discussione le proprie domande o eccezioni non accolte nella pronuncia, da intendersi come quelle che risultino superate o non esaminate perchè assorbite; in tal caso la parte è soltanto tenuta a riproporle espressamente nel giudizio di appello o nel giudizio di cassazione in modo tale da manifestare la sua volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinunzia derivante da un comportamento omissivo.” (Cass., Sez. U., Sentenza n. 13195 del 25/05/2018, Rv. 648680-01).

Non avendo il contribuente P., vittorioso in primo grado, riproposto in appello, ex art. 346 c.p.c., la propria contestazione riguardante il difetto di motivazione della cartella, era precluso alla C.T.R. l’esame della predetta censura.

7. Il quarto motivo, volto a censurare la decisione d’appello per mancanza di motivazione, resta assorbito.

8. In conclusione, il ricorso è accolto e la sentenza cassata con rinvio alla C.T.R. del Lazio – Sez. staccata di Latina, in diversa composizione, per l’ulteriore esame e anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte:

accoglie il ricorso;

cassa la decisione impugnata con rinvio alla C.T.R. del Lazio -Sez. staccata di Latina, in diversa composizione, anche per la statuizione sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 17 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019

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