LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –
Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –
Dott. FANTICINI Giovanni – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27030-2014 proposto da:
HOLIDAY VILLAGE SRL, elettivamente domiciliato in ROMA VIA AURORA 31, presso lo studio dell’avvocato PATRIZIA GHIANI, rappresentato e difeso dall’avvocato ALESSANDRO BERTOLINI;
– ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 136/2013 della COMM. TRIB. REG. della TOSCANA, depositata il 30/09/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17/12/2018 dal Consigliere Dott. GIOVANNI FANTICINI.
RILEVATO
CHE:
– la Holiday Village S.r.l. impugnava l’avviso di accertamento emesso ai fini IRPEG e IRAP 2005, notificato il 18/10/2007;
– successivamente alla notifica del ricorso e prima dell’udienza di trattazione decedeva (il 13/3/2009) uno dei difensori della società ricorrente;
– la C.T.P. di Grosseto, senza dichiarare l’interruzione del processo, respingeva il ricorso della contribuente con sentenza n. 203/04/09 del 19/10/2009;
– avverso tale decisione la Holiday Village S.r.l., premettendo di essere venuta a conoscenza della sentenza solo a seguito della notifica della cartella di pagamento, proponeva appello – in data 12/4/2011 – alla C.T.R. della Toscana che, con la sentenza n. 136/29/13 del 30/9/2013, dichiarava inammissibile l’impugnazione in quanto tardiva;
– avverso tale decisione la Holiday Village S.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
– l’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
CONSIDERATO
CHE:
1. Col primo motivo la Holiday Village censura la motivazione della sentenza impugnata (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per aver omesso di dare compiuta spiegazione della ritenuta inammissibilità dell’appello sebbene la parte avesse invocato – per giustificare l’ammissibilità del gravame – l’applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, secondo periodo (“Tale disposizione non si applica se la parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione d’udienza”).
2. Il motivo è infondato.
Come rilevato dalla C.T.R, l’appello è stato proposto ben oltre il termine di un anno (fissato dall’art. 327 c.p.c., comma 1, nella formulazione ratione temporis applicabile, norma richiamata dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, primo periodo), maggiorato di 46 giorni per la cosiddetta “sospensione feriale” (all’epoca disciplinata per tale durata).
Il giudice d’appello ha elencato le circostanze fattuali per le quali non può ravvisarsi, nella fattispecie, l'”ignoranza del processo” che, a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, secondo periodo, giustifica l’ammissibilità dell’impugnazione oltre il termine “lungo” dalla pubblicazione della sentenza: costituiscono circostanze espressamente considerate nella motivazione la presentazione di istanza di trattazione in pubblica udienza (successivamente al decesso dell’avvocato Tozzi), la partecipazione del co-difensore all’udienza del 25/9/2009 e la richiesta di copia della sentenza poi impugnata dieci giorni dopo il suo deposito.
Mediante l’elencazione la C.T.R. ha dato conto della propria affermazione secondo cui è “temeraria l’impugnazione”, così sufficientemente spiegando il rigetto della richiesta applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 38, comma 3, secondo periodo, norma alla quale il giudice di appello ha fatto implicitamente (ma inequivocamente) riferimento.
3. Col secondo motivo la ricorrente denuncia la nullità della sentenza (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) per avere il giudice d’appello omesso di pronunciarsi sull’istanza di rimessione in termini avanzata (ex art. 184-bis c.p.c., oggi art. 153 c.p.c., comma 2) per la proposizione dell’appello.
4. Il motivo è infondato.
Il giudizio di temerarietà dell’impugnazione formulato dalla C.T.R. – e fondato sulla già menzionata elencazione delle circostanze che escludono l’ignoranza del processo – vale a costituire inequivoca ragione del rigetto della domanda di rimessione in termini per proporre l’appello, la quale, sebbene non esplicitamente menzionata nella parte in “diritto” della sentenza, è chiaramente riportata (e considerata) nell’esposizione della parte in “fatto” della motivazione.
Del resto, il giudice d’appello ha individuato plurimi elementi che avrebbero consentito alla parte di proporre una tempestiva impugnazione e con ciò ha inteso evidenziare che la maturata decadenza non poteva essere reputata incolpevole.
5. In conclusione, il ricorso è respinto.
Alla decisione fa seguito la condanna della ricorrente alla rifusione, in favore della controricorrente Agenzia, delle spese di questo giudizio di cassazione, le quali sono liquidate nella misura indicata nel dispositivo secondo i parametri del D.M. Giustizia 8 marzo 2018, n. 37 (in proposito, e con riguardo all’applicabilità dei parametri fissati dal previgente D.M. n. 55 del 2014, Cass., Sez. 6-2, Sentenza n. 21205 del 19/10/2016, Rv. 641672-01).
6. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si deve dare atto, infine, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Quinta Sezione Civile, il 17 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019