LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANZON Enrico – Presidente –
Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –
Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 27836/2014 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– ricorrente –
contro
SMURFIT KAPPA ITALIA SPA (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Prof.
MASSIMO BASILAVECCHIA e dall’Avv. Prof. PIERO SANDULLI, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via F. Paolucci dè Calboli, 9;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 3877/35/14 depositata in data 3 giugno 2014;
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 marzo 2019 dal Consigliere Dott. D’Aquino Filippo;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale SORRENTINO FEDERICO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avv. ROBERTO PALASCIANO dell’Avvocatura Generale per parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso e l’Avv. MASSIMO BASILAVECCHIA per il controricorrente, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
La società contribuente ha impugnato davanti alla CTP di Como il diniego di rimborso della somma corrispondente alle addizionali sulle accise corrisposte sui consumi di energia elettrica tra il maggio 2010 e il dicembre 2011.
La CTP di Milano ha rigettato il ricorso della contribuente e la CTR della Lombardia, con sentenza in data 3 giugno 2014, ha accolto l’appello, ritenendo che le addizionali sulle accise costituiscono tributo autonomo rispetto alle accise e si pongono in contrasto con la Direttiva 2008/118/CE, la quale all’art. 1, par. 2 esclude la possibilità per gli Stati membri di introdurre imposte indirette sulla produzione di prodotti già sottoposti ad accise comunitarie. Il giudice di appello non ha ritenuto che la applicazione delle addizionali risponda a finalità specifiche, se non quella di incrementare le entrate di bilancio dell’Ente locale Provincia. Dalla dedotta incompatibilità dell’imposta il giudice di appello ha affermato l’esistenza della legittimazione della società contribuente a richiedere il rimborso dell’imposta addizionale, in quanto tributo corrisposto prima dell’abolizione delle suddette addizionali provinciali avvenuta (per le Regioni a statuto ordinario) con il D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, art. 18, comma 5, a decorrere dall’anno 2012.
Propone ricorso l’Agenzia delle Dogane con un unico e pluriarticolato motivo di ricorso cui resiste con controricorso la società contribuente, la quale ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 – Con l’unico motivo di ricorso l’Ufficio deduce cumulativamente violazione del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 506, art. 14, nonchè del D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48 (attuazione della direttiva 2008/118/CE relativa al regime generale delle accise), nonchè del D.Lgs. n. 68 del 2011, art. 18, comma 5. Il ricorrente rileva come il giudice di appello abbia statuito implicitamente circa la natura self executing della Direttiva 2008/118/CE, deducendo che erroneamente la CTR abbia ritenuto trattarsi di un tributo autonomo, asserendo che l’addizionale va qualificata quale mero inasprimento del tributo principale (accisa), in quanto volta ad incidere unicamente sulla modulazione dell’aliquota. Deduce l’Ufficio ricorrente che l’addizionale ha natura unitaria rispetto all’accisa quanto al procedimento di accertamento e riscossione e ha, diversamente, natura autonoma rispetto al regime delle esenzioni; deduce che, ove l’addizionale fosse tributo autonomo, incorrerebbe nel divieto di doppia imposizione. Richiama, a tal fine, l’interpretazione letterale del termine “addizionale”, nonchè le finalità del tributo, avente lo scopo di assicurare le risorse agli enti locali. Contesta, infine, la parte di motivazione con la quale il giudice di appello ha negato l’esistenza di finalità specifiche dell’addizionale, ritenendo tali finalità specifiche nel finanziamento delle attività istituzionalmente curate dall’Ente Locale Provincia.
2 – Il motivo è in parte inammissibile, in parte infondato.
2.1 – Inammissibile è la censura relativa alla violazione di legge della sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la natura autonoma del tributo.
Il ricorrente non ha individuato specificamente e puntualmente quali disposizioni del D.Lgs. 29 marzo 2010, n. 48 – testo normativo non attinente, peraltro, alla disciplina delle addizionali all’accisa sull’energia elettrica (già disciplinate dal D.L. 28 novembre 1988, n. 511, art. 6 conv. con L. 27 gennaio 1989, n. 20, dal D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 52, 56 e 60 come modificati dal D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, art. 1 e abrogate dal D.Lgs. 6 maggio 2011, n. 68, art. 18, comma 5, il che renderebbe inammissibile già sotto tale profilo la censura di tali disposizioni, in quanto non congruenti rispetto alla fattispecie concreta: Cass., Sez. III, 16 settembre 2013, n. 21099) – sarebbero state mal interpretate dal giudice di appello, rendendo inammissibile la censura per violazione di legge articolata dal ricorrente (Cass., Sez. VI, 15 gennaio 2015, n. 635), posto che si onererebbe il giudice di legittimità di quali sarebbero le norme oggetto di censura in violazione dell’onere di allegazione di cui all’art. 112 c.p.c..
Va, ad ogni modo, osservato che le disposizioni indicate dal ricorrente non danno specifiche indicazioni circa il regime autonomo ovvero accessorio (rispetto alla accisa) delle suddette addizionali, essendo il D.Lgs. n. 504 del 1995, art. 14relativo al solo diritto al rimborso dell’accisa, mentre il D.Lgs. n. 68 del 2011, art. 18, comma 5 è mera norma abrogatrice, per cui non possono dedursi specifiche caratteristiche dell’imposta, ad esempio in relazione alla determinazione della base imponibile (come avviene, per esempio, per l’addizionale al reddito delle persone fisiche di cui al D.Lgs. 15 dicembre 1997 n. 446), come anche in relazione al calcolo, all’accertamento, alla decadenza, nonchè alle modalità di riscossione, circostanze idonee a determinare la natura autonoma o accessoria del tributo (Cass., Sez. I, 17 febbraio 1966, n. 498).
2.2 – Va, invece, esaminata nel merito la seconda parte della censura del ricorrente, relativa alla asserita sussistenza delle finalità specifiche di cui all’art. 1, paragrafo 2, della Direttiva n. 2008/08/CE ai fini della compatibilità delle addizionali alle accise sull’energia elettrica, già disciplinate dal D.L. n. 511 del 1988, art. 6 e abrogate dal D.Lgs. n. 68 del 2011, art. 18, comma 5, con la disciplina unionale in epoca successiva all’entrata in vigore della menzionata direttiva (15.01.2009) e precedente la loro abrogazione con legge ordinaria.
Al riguardo lo stesso ricorrente non dubita della efficacia immediatamente precettiva (e non anche meramente programmatica) della Direttiva n. 2008/118/CE, tanto che invoca la natura precettiva dell’art. 1, paragrafo 2, che prevede che “gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purchè tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta”. Deduce il ricorrente, invero, che tali finalità sussisterebbero e potrebbero identificarsi, in ultima analisi, con quelle istituzionali della Provincia.
2.3 – La censura non ha pregio.
Secondo il diritto Eurounitario una imposizione indiretta, aggiuntiva sul consumo di energia elettrica, consumo già colpito dalle accise armonizzate, è possibile, a termini dei paragrafi 1 e 2 della Direttiva 2008/118/CE, ove tale imposizione aggiuntiva sia, da un lato, rispondente a una o più finalità specifiche e, dall’altro, rispetti le regole di imposizione dell’unione applicabili ai fini delle accise o dell’IVA per la determinazione della base imponibile, del calcolo, dell’esigibilità e del controllo dell’imposta, ciò in quanto occorre evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli scambi (Corte di Giustizia UE, 5 marzo 2015, C-553/13, Statoil Fuel & Retail, punti 35 – 36; analogamente Corte di Giustizia UE, 25 luglio 2018, C-103/17, La Messer France SAS, punti 35 ss.; Corte di Giustizia UE, 27 febbraio 2014, C82/12, Transportes Jordi Besora, punto 22).
Punto decisivo ai fini della sopravvivenza, secondo il diritto dell’Unione Europea (al fine della applicazione della disciplina di diritto interno), delle imposte addizionali è, pertanto, la sussistenza di una finalità specifica, intendendosi come tale una finalità che non sia puramente di bilancio (Corte di Giustizia UE, 24 febbraio 2000, C-434/97, Commissione/Francia, punto 19; Corte di Giustizia UE, 9 marzo 2000, C-437/97, EKW e Wein & Co., punto 31; Corte di Giustizia UE, 27 febbraio 2014, C-82/12, Transportes Jordi Besora, cit., punto 23).
Perchè un’imposta possa garantire la finalità specifica invocata, occorre che il gettito di tale imposta sia obbligatoriamente utilizzato “al fine di ridurre i costi ambientali specificamente connessi al consumo di energia elettrica su cui grava l’imposta in parola nonchè di promuovere la coesione territoriale e sociale, di modo che sussiste un nesso diretto tra l’uso del gettito derivante dall’imposta e la finalità dell’imposizione in questione” (Corte di Giustizia UE, 25 luglio 2018, cit., punto 38 – 39; Corte di Giustizia UE, 27 febbraio 2014, cit., punto 30; Corte di Giustizia UE, 5 marzo 2015, cit., punto 41).
Tra queste finalità specifiche non può rientrare la generica previsione che una parte del gettito di una imposta addizionale si risolva in una contribuzione al bilancio interno di uno Stato, come di un Ente Locale, “poichè ogni Stato membro può decidere di imporre, a prescindere dalla finalità perseguita, l’assegnazione del gettito di un’imposta al finanziamento di determinate spese” (Corte di Giustizia UE, 27 febbraio 2014, cit., punto 29).
Le addizionali alle accise sull’energia elettrica, già disciplinate dal D.L. 28 novembre 2011, n. 511, art. 6 conv. con L. 27 gennaio 1989, n. 20, dal D.Lgs. n. 504 del 1995, artt. 52, 56 e 60 come modificati dal D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 26, art. 1,non hanno finalità specifiche a termini dell’art. 1, par. 2, Direttiva 2008/118/CE aventi come finalità una mera esigenza di bilancio degli Enti locali.
Ne consegue che il D.L. n. 511 del 1988, art. 6, comma 2, va disapplicato in ossequio al principio per cui l’interpretazione del diritto comunitario fornita dalla Corte di Giustizia della UE è immediatamente applicabile nell’ordinamento interno ed impone al giudice nazionale di disapplicare le disposizioni di tale ordinamento che, sia pure all’esito di una corretta interpretazione, risultino in contrasto o incompatibili con essa (ex multis, Cass., Sez. V, 31 ottobre 2018, n. 27822; Cass., Sez. V, 10 agosto 2016, n. 16923). Le imposte addizionali per cui vi è controversia non sono, dunque, dovute, con conseguente infondatezza del motivo di impugnazione proposto.
Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese sono soggette a integrale compensazione, stante la relativa novità della questione.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso; dichiara integralmente compensate le spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019