Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.15202 del 04/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – rel. Consigliere –

Dott. FICHERA Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 2420/2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE DOGANE E DEI MONOPOLI, (C.F. *****), in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12.

– ricorrente –

contro

SOCIETA’ ENIPOWER FERRARA SRL, (C.F. *****), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. GREGORIO LEONE e dall’Avv. LORENZA ROBERTA LEONE, elettivamente domiciliata in Roma, Via Luigi Luciani, 42.

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 2043/2016 depositata in data 20 luglio 2016.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26 marzo 2019 dal Consigliere Filippo D’Aquino;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale FEDERICO SORRENTINO, che ha concluso per il rigetto dei ricorsi principale e incidentale.

udito l’Avv. ROBERTO PALASCIANO dell’Avvocatura Generale per parte ricorrente, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso principale e il rigetto del ricorso incidentale e l’Avv. LORENZA LEONE per il controricorrente, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.

FATTI DI CAUSA

La società contribuente ha impugnato l’atto di irrogazione di sanzioni dell’Agenzia delle Dogane di *****, relativo all’anno di imposta 2005, per insufficiente versamento dell’imposta erariale di consumo, per insufficiente versamento dell’addizionale provinciale di cui al D.L. 28 novembre 1988, n. 511, conv. dalla L. 27 gennaio 1989, n. 20, nonchè per errata compilazione della dichiarazione annuale di consumo. La contribuente ha lamentato l’illegittimità della sanzione irrogata a termini del D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 59, comma 1, lett. c), (TUA), per insussistenza del presupposto oggettivo consistente in un comportamento doloso omissivo, avendo redatto le dichiarazioni su indicazioni fornite dall’Ufficio, contestando, inoltre, la duplicazione di sanzioni per effetto della applicazione contestuale sia della sanzione di cui al TUA, art. 59, comma 1, lett. c), sia del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, invocando l’applicazione della sanzione fissa prevista dal TUA, art. 59, comma 5. Ha invocato l’applicazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 6,comma 5-bis, evidenziando come non vi fosse stato ostacolo alla determinazione del tributo e al suo versamento. Ha, infine, invocato la violazione del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 17, comma 3, per avere l’Ufficio negato la definizione agevolata.

La CTP di Ferrara ha rigettato il ricorso della contribuente e la CTR dell’Emilia Romagna, con sentenza in data 20 luglio 2016, ha parzialmente accolto l’appello. Il giudice di appello ha ritenuto legittima l’applicazione della sanzione irrogata a termini del TUA, art. 59, comma 1, lett. c), ritenendo che tale norma, secondo il tenore letterale, si applica anche quando manchi una condotta penalmente rilevante, nonchè ha ritenuto che le violazioni hanno inciso sulla determinazione del tributo e del versamento.

Il giudice ha, tuttavia, ritenuto che l’applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, cumulativamente con l’art. 59, comma 1, lett. c), non sia in linea con i criteri di ragionevolezza e proporzionalità, ritenendo che in tal modo la condotta della contribuente verrebbe sanzionata due volte.

Propone ricorso l’Agenzia delle Dogane con due motivi di ricorso cui resiste con controricorso la società contribuente, la quale propone ricorso incidentale affidato a tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1 – Con il primo motivo di ricorso principale l’Ufficio ricorrente deduce violazione dell’art. 112 c.p.c., e del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, nella parte in cui la sentenza di appello ha ritenuto inapplicabile la sanzione del D.Lgs. ult. cit., art. 13. Ritiene l’Ufficio esservi stata ultrapetizione per avere la CTR ritenuto inapplicabile la sanzione di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, cumulativamente a quella di cui al TUA, art. 59, comma 1, lett. c), in assenza di domanda di parte.

Con il secondo motivo di ricorso principale l’Ufficio deduce violazione di legge in relazione al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 13, del TUA, art. 59, comma 1, lett. c), e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, laddove la CTR ha negato autonomia alle due distinte violazioni, consistenti nella presentazione di dichiarazione inesatta e nell’omesso versamento di tributi, unitamente alla valutazione della applicazione della disciplina di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13. Deduce la autonomia delle due violazioni, in quanto quelle di cui alla dichiarazione inesatta prevista dal TUA, art. 59, comma 1, lett. c), attiene alla fase di accertamento del tributo e la sanzione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, attiene al diverso momento della riscossione dell’imposta, ritenendo inoltre che il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, trovi applicazione generalizzata ad ogni ipotesi di mancato pagamento di un tributo e, quindi, anche in caso di mancato o tardivo versamento delle accise.

Con il primo motivo di ricorso incidentale la società contribuente denuncia violazione di legge in relazione al D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 59, comma 1, lett. c), (TUA), per avere ritenuto il giudice di appello applicabile la sanzione in oggetto, laddove la norma in oggetto consentirebbe l’applicazione della stessa solo in caso di violazioni penalmente rilevanti, rilevando, inoltre, sotto il profilo sempre del fatto penalmente rilevante, come la contribuente si sia uniformata alle indicazioni dell’ufficio, sulle quali ha fatto legittimo affidamento.

Con il secondo motivo di ricorso il controricorrente e ricorrente incidentale denuncia error in procedendo e violazione dell’art. 112 c.p.c., oltre che del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, comma 2, per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciarsi in ordine alla violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis.

Con il terzo motivo di ricorso incidentale la società contribuente denuncia omessa pronuncia in ordine alla denunciata violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 23, non essendosi il giudice di appello pronunciato sulla doglianza relativa alla suddetta violazione.

Risulta dalla narrativa della sentenza impugnata come la contribuente, sin dal ricorso introduttivo, “eccepiva anche l’effetto di duplicazione delle sanzioni irrogate determinato dal concorso della sanzione irrogata a norma del TUA, art. 59 comma 1, lett. c), e di quelle irrogate ai sensi del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13. In tale contesto sarebbero così stati violati i principi di proporzionalità e gradualità”. Come osservato dal controricorrente, la questione della duplicazione delle imposte era già stata introdotto sotto il profilo più generale della violazione dei principi di proporzionalità e gradualità, per cui non può esservi ultrapetizione del giudice di appello nella parte in cui si è pronunciato sulla duplicazione delle sanzioni di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, e di cui al TUA, art. 59, comma 1, lett. c), ritenendo inapplicabile la sanzione di cui all’art. 13 cit.

2.1 – Il secondo motivo di ricorso principale è invece fondato e va accolto. E’ principio comunemente affermato dalla giurisprudenza unionale quello secondo cui le misure che vengono adottate dagli Stati membri devono essere adeguate a garantire la realizzazione degli obiettivi perseguiti e non eccedenti quanto necessario per raggiungerli (cd. principio di proporzionalità: Corte di Giustizia, 17 aprile 2018, Egenberger, CI414/16, punto 68), ciò in aderenza alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, art. 49, par. 3, ove prevede che le pene inflitte non devono essere sproporzionate rispetto al comportamento colpito, principio che vincola gli Stati membri quando essi attuano il diritto dell’Unione, ai sensi della Carta, art. 51, par. 1.

Al riguardo decisiva appare l’osservazione di parte ricorrente, secondo la quale le due sanzioni in esame attengono a fattispecie affatto distinte. Il TUA, art. 59, comma 1, lett. c), concerne condotte del contribuente, attive od omissive, in grado di incidere sull’accertamento del tributo, quali la redazione incompleta o inesatta della dichiarazione annuale di consumo, ovvero la sua omiss e, l’omissione delle registrazioni delle variazioni significative in aumento del consumo, l’omessa presentazione ai funzionari doganali della documentazione contrattuale relativa alla vendita dei prodotti energetici. In questi casi si applica la sanzione compresa tra il doppio e il decuplo dell’imposta non versata.

Diversamente, il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, ratione temporis applicabile, prevede una sanzione pari al 30% di ogni importo non versato a titolo di acconto, versamento periodico, versamento di conguaglio o a saldo dell’imposta risultante dalla dichiarazione e attiene al successivo momento della riscossione dell’imposta.

Si tratta di sanzioni che hanno funzioni diverse, in quanto dirette a colpire condotte tra di loro diverse sia in termini di condotta materiale, sia in termini puramente cronologici. La prima norma sanziona pesantemente le irregolari od omesse registrazioni o dichiarazioni funzionali a priori all’accertamento dell’accisa (con particolare riferimento alla redazione della dichiarazione annuale), ovvero meri comportamenti ostruzionistici del contribuente in sede di verifica, La seconda norma, di portata più generale, ha la funzione di colpire il mancato gettito a posteriori. Tale circostanza evidenzia, pertanto, una evidente differenza tassonomica tra le due sanzioni, la prima legata alle modalità di accertamento delle accise sull’energia elettrica, la seconda alla riscossione delle imposte, quali che siano, comprese le accise.

A tale considerazione si aggiunge l’osservazione secondo cui le due sanzioni sono differenti anche sotto il profilo della offensività, in quanto la norma di cui al TUA, art. 59, comma 1, lett. c), è una norma di pericolo, con la quale il legislatore colpisce condotte che incrementano il rischio dell’inadempimento dell’obbligazione tributaria (con una tutela evidentemente anticipata rispetto all’inadempimento), laddove la norma di cui al D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, è una norma di danno, che colpisce l’inadempimento dell’obbligazione tributaria in quanto tale.

La circostanza, infine, che le omesse registrazioni o dichiarazioni ingenerino una mancata riscossione dell’imposta è una circostanza di mero fatto che, peraltro, riguarda il diverso fenomeno del concorso di norme.

Deve, pertanto, ritenersi che l’applicazione cumulativa delle due norme suddette non contrasta con il principio di proporzionalità e ragionevolezza, non sanzionando due volte la stessa condotta del contribuente, circostanza diversa dall’applicazione contestuale del TUA, art. 3, comma 4, e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, non cumulabili in quanto entrambe attinenti al tardivo versamento dell’imposta (Cass., Sez. V, 21 novembre 2018, n. 30034).

Il motivo va, pertanto, accolto con enunciazione del seguente principio di diritto: “non costituisce violazione del principio di proporzionalità l’irrogazione contestuale della sanzione di cui al D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, art. 59, comma 1, lett. c), e di quella di cui al D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 13, in quanto la prima norma riguarda condotte che attengono alla fase dell’accertamento dell’accisa e la seconda attiene al successivo evento dell’inadempimento dell’obbligazione tributaria”.

3 – Passandosi al ricorso incidentale, va rigettato il primo motivo, essendosi il giudice di appello correttamente pronunciato sulla applicazione del TUA, art. 59, comma 1, lett. c).

Il TUA, art. 59, comma 1, lett. c), nella formulazione applicabile, prevede che “indipendentemente dall’applicazione delle pene previste per i fatti costituenti reato, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell’imposta evasa o che si è tentato di evadere (…) il fabbricante o l’acquirente di energia elettrica considerato fabbricante ai fini dell’imposizione che (…) omette o redige in modo incompleto o inesatto le dichiarazioni di cui all’art. 55, commi 1 e 3, non tiene o tiene in modo irregolare le registrazioni di cui all’art. 55, comma 9, ovvero non presenta i registri, i documenti e le bollette a norma dell’art. 58, commi 3 e 4”.

Decisivo ai fini della interpretazione della suddetta disposizione è l’incipit costituito dall’avverbio “indipendentemente”, che denota l’applicazione della suddetta sanzione a prescindere dalla sussistenza di fatti costituenti reato di cui al TUA, art. 40 e ss., come la sottrazione all’accertamento o al pagamento dell’accisa su prodotti energetici mediante omissione di presentazione della dichiarazione annuale riepilogativa (Cass. pen., Sez. V, 11 febbraio 2013, n. 28070). Ciò che la norma richiede è il mero verificarsi delle condotte (o fatti), che prescindono in quanto tali da condotte assistite da dolo generico o specifico, come la redazione incompleta delle dichiarazioni di cui al TUA, art. 55, commi 1 e 3, o la tenuta irregolare delle registrazioni di cui al TUA, art. 55, comma 9, pro tempore vigente, o la mancata presentazione della documentazione di cui al TUA, art. 58, commi 3 e 4. Lo stesso riferimento alle somme evase o che si è tentato di evadere non appare dirimente, in quanto, come correttamente osservato dal giudice di appello, è sinonimo di inadempimento dell’obbligazione tributaria.

D’altro canto, ove dovesse condividersi l’interpretazione di parte contribuente, la norma si rivelerebbe di difficile applicazione e in contrasto con il principio di tassatività e determinatezza delle sanzioni, in quanto non sono indicate nella norma quali sarebbero i fatti costituenti reato ai quali dovrebbe cumularsi l’applicazione delle sanzioni tributarie.

Nel rigettare il primo motivo di ricorso incidentale va, pertanto, formulato il seguente principio di diritto: “le sanzioni previste dal D.Lgs. 26 ottobre 1995, n. 504, si applicano a prescindere dalla sussistenza di fatti costituenti reato conseguenti al verificarsi delle medesime condotte”.

3.1 – Infondato è, inoltre, il secondo motivo di ricorso, posto che il giudice di appello, sia pure succintamente, si è pronunciato sulla violazione di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5-bis, avendo statuito “è da respingere la censura relativa alla non sanzionabilità della condotta per effetto dell’esimente di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6,com(m)a 5 bis. Tale norma individua un’ipotesi di non punibilità soltanto per le violazioni “che non arrecano pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”, ritenendo esservi stata incidenza sulla determinazione dell’imposta e sul versamento del tributo.

3.2 – Fondato è, invece, il terzo motivo di ricorso incidentale, essendovi omissione di pronuncia sul punto. Risulta dalla sentenza impugnata che parte contribuente ha contestato sin dal ricorso introduttivo la violazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 3, in relazione alla sanzione irrogata a termini del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, contestazione puntualmente riproposta (come riporta la narrativa della sentenza impugnata) con specifico motivo di appello, ove la contribuente ha chiesto di definire in maniera agevolata anche la suddetta sanzione.

Il ricorso incidentale va, pertanto, accolto in relazione al terzo motivo, rigettandosi il primo e il secondo motivo del medesimo.

La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione, anche in relazione alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il primo motivo del ricorso principale e accoglie il secondo motivo di ricorso; rigetta il primo e il secondo motivo del ricorso incidentale, accoglie il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai suddetti motivi e rinvia alla CTR dell’Emilia Romagna in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 26 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019

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