Corte di Cassazione, sez. V Civile, Sentenza n.15203 del 04/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A. P. – Consigliere –

Dott. FRAULINI Paolo – est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24057/2014 R.G. proposto da:

Studio Commerciale Associato T., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, Via Sicilia n. 66, presso lo studio degli avv.ti Roberto Esposito, Roberto Altieri e Daniela Cutarelli, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

Contro

Agenzia Delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma via dei Portoghesi 12, presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 50/2/13 della Commissione tributaria regionale di Ancona, depositata in data 24 luglio 2013;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Kate Tassone che ha concluso chiedendo dichiararsi l’infondatezza del primo e del secondo motivo di ricorso e la fondatezza del terzo motivo di ricorso;

udito l’avv. Valentina Guzzani, per delega dell’avv. Roberto Esposito;

udito l’avvocato dello Stato Giovanni Palatiello per la controricorrente;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 30 aprile 2019 dal Consigliere Paolo Fraulini.

FATTI DI CAUSA

1. La Commissione tributaria regionale per le Marche in Ancona, pronunciando in sede di giudizio di rinvio dalla cassazione della precedente sentenza di secondo grado a opera dell’ordinanza di questa Corte n. 5630 del 2011, ha respinto l’originaria domanda di rimborso dell’imposta Irap versata dallo Studio Commerciale Associato T. relativamente agli anni di imposta 1998, 1999, 2000 e 2001.

2. Ha rilevato il giudice di appello che, in applicazione del principio di diritto pronunciato in sede di rinvio da questa Corte, l’esistenza dell’associazione professionale nella specie doveva qualificarsi come presupposto di autonoma organizzazione, in quanto oggettivamente idoneo a determinare un maggiore potenzialità produttiva dell’associazione medesima.

3. Per la cassazione della citata sentenza lo Studio Commerciale Associato Tavoletti ricorre con tre motivi; resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

4. Il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso lamenta:

a) Primo motivo: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 384 c.p.c., (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3),” per avere la sentenza erroneamente interpretato il principio di diritto affermato da questa Corte nel caso di specie, limitandosi ad affermare la sussistenza dell’associazione professionale ma omettendo l’accertamento degli altri indicatori di autonoma organizzazione, che pure era stata sollecitata a fare in base al tenore della sentenza di legittimità;

b) Secondo motivo: “Violazione e falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 3, comma 143, lett. a, e comma 144, lett. b), e del D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3),” per avere la sentenza erroneamente ritenuto sufficiente la sussistenza di un’associazione tra professionisti per radicare l’autonoma organizzazione che costituisce il presupposto impositivo.

c) Terzo motivo: “omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la mancata analisi degli elementi probatori addotti dal ricorrente Studio (ex art. 360 c.p.c., n. 5)”.

2. L’Agenzia delle Entrate argomenta nel controricorso l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avversa impugnazione, di cui chiede il rigetto.

3. Il ricorso va respinto.

4. I motivi di ricorso, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminati, sono infondati. L’oggetto del giudizio di rinvio è determinato dal tenore della sentenza di legittimità che lo dispone, la quale non può essere sindacata o elusa dal giudice di rinvio, neppure in caso di violazione di norme di diritto sostanziale o processuale o per errore del principio di diritto affermato, la cui giuridica correttezza non è sindacabile neppure sulla base dell’orientamento di legittimità formatosi successivamente alla cassazione del provvedimento (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 27343 del 29/10/2018; Sez. 3, Sentenza n. 8225 del 04/04/2013; Sez. 3, Sentenza n. 3458 del 06/03/2012; Sez. 3, Sentenza n. 21664 del 08/11/2005).

5. Nel caso di specie l’ordinanza di rinvio di questa Corte (n. 5630/2011), così ha motivato:

a. (Considerato):

i. che lo studio commerciale associato indicato in epigrafe, propose ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Agenzia all’istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni dal 1998 al 2001; propose, quindi, ricorso sul silenzio-rifiuto conseguentemente formatosi;

ii. che l’adita commissione provinciale accolse il ricorso, con decisione confermata, in esito all’appello dell’Agenzia, dalla commissione regionale;

iii. che il giudice di appello rilevò, in particolare, che non risultavano provati elementi tali da far prefigurare l’esistenza di un’autonoma organizzazione;

b) rilevato:

– che l’Agenzia ha proposto ricorso per cassazione, deducendo vizio di motivazione;

– che l’associazione contribuente non si è costituita;

c) osservato:

– che il ricorso è fondato;

– che, nella sua motivazione il giudice a quo ha, infatti, del tutto trascurato che il fatto stesso dell’associazione, per gli immanenti effetti sinergici di accrescimento della capacità produttiva, ben può costituire presupposto di autonoma organizzazione ai fini dell’assoggettabilità ad irap (cfr. anche Cass. 24058/09, 17186/08, 13570/07) e, comunque, non ha idoneamente motivato l’assunta carenza, in concreto, di detto requisito;

d) ritenuto:

– che il ricorso dell’Agenzia va, pertanto, accolto nelle forme di cui agli artt. 375 e 380 bis c.p.c.;

– che la sentenza impugnata va, dunque, cassata….

6. In tale contesto, e alla luce dei cennati principi illustrativi del carattere “chiuso” del relativo giudizio, il giudice di rinvio doveva limitare il proprio accertamento alla verifica in concreto dell’esistenza di un’associazione professionale, avendo questa Corte affermato nel provvedimento di rinvio che essa costituiva autonomo requisito impositivo dell’Irap, dovendo considerarsi la considerazione circa l’insufficiente motivazione sul requisito impositivo come un mero obiter dictum, rinvenendosi nella prima affermazione l’effettiva ratio decidendi.

7. Tale accertamento la Ctr ha compiuto e così facendo ha concluso coerentemente per il rigetto delle istanze di rimborso, correttamente applicando il principio di diritto, non potendo trovare applicazione l’orientamento più recente di questa Corte (Sez. 5, Ordinanza n. 766 del 15/01/2019; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 24088 del 24/11/2016) che non solo è precluso come detto dalla natura del giudizio di rinvio, ma che riguarda la diversa possibilità di esonero dall’imposizione del singolo professionista associato e non – come nella specie – dello studio associato in sè considerato, in relazione al quale va ricordato l’insegnamento delle Sezioni Unite (Sentenza n. 7371 del 14/04/2016), a mente del quale l’esercizio di professioni in forma societaria costituisce “ex lege” presupposto dell’imposta regionale sulle attività produttive, senza che occorra accertare in concreto la sussistenza di un’autonoma organizzazione, questa essendo implicita nella forma di esercizio dell’attività.

8. Nè può trovare accoglimento l’eccezione, sollevata nella memoria, di giudicato esterno sugli altri anni di imposta, posto che – in disparte le carenze formali della documentazione versata a sostegno – il giudicato in questione non rileva ogniqualvolta, come nella specie, l’accertamento relativo ai diversi anni si fondi su presupposti di fatto potenzialmente mutevoli (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 20029 del 30/09/2011; id., Sentenza n. 22941 del 09/10/2013, specificamente riferita all’Irap).

9. La soccombenza regola le spese.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna lo Studio Commerciale Associato T. al pagamento, in favore della Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 2.300,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019

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