LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –
Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –
Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –
Dott. CONDELLO Pasqualina Anna Piera – Consigliere –
Dott. VENEGONI Andrea – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14795-2012 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
L.A.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 233/2011 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di CATANIA, depositata il 18/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 10/04/2019 dal Consigliere Dott. VENEGONI ANDREA.
RITENUTO
Che:
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso, sulla base di un solo motivo, contro L.A., quale legale rappresentante della società ***** di ***** s.n.c., in fallimento, per la cassazione della sentenza n. 233/34/11 emessa il 20.9.2010 e depositata il 18.4.2011, con cui la CTR della Sicilia ha annullato l’avviso emesso ai fini iva ed irap per l’anno di imposta 1999, in relazione alle sanzioni irrogate per omessa contabilizzazione e dichiarazione di ricavi ed omessa dichiarazione di variazione dati da parte della predetta società;
la CTR ha affermato, in particolare, che l’ufficio era decaduto dalla potestà impositiva, in quanto l’atto impugnato era stato notificato al contribuente oltre la scadenza del termine di cui al D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 20 – spirato il 31.12.2004 – e che, d’altra parte, non era applicabile la proroga biennale dei termini di accertamento di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 10, in quanto il contribuente non poteva avvalersi di alcuno dei condoni previsti dalla stessa legge, artt. 7, 8 e 9, posto che il processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza, da cui derivava l’accertamento, era definibile solo ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 15 ed impediva di avvalersi del condono di cui alla stessa legge, artt. 7, 8 e 9.
Il contribuente non si è costituito.
CONSIDERATO
Che:
La presente causa fa parte di un gruppo di procedimenti relativi alla medesima società di persone, ed ai soci, in relazione ad atti diversi, ed in particolare avvisi di accertamento ed atti di irrogazione di sanzioni. La causa era già stata chiamata ad udienza precedente, e rinviata proprio per permettere la riunione coi fascicoli connessi.
La presente controversia attiene alla persona fisica L.A., ed all’atto di irrogazione di sanzioni conseguenti alla ritenuta infedeltà della dichiarazione, a seguito della rettifica di quella societaria.
Con il primo motivo l’ufficio deduce violazione di legge per erronea e falsa applicazione dell’art. 10 in combinato disposto con l’art. 9, comma 14, in combinato disposto con la L. n. 289 del 2002, artt. 15 e 16, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Occorre, però, preliminarmente verificare la corretta costituzione del rapporto processuale, atteso che il contribuente non si è costituito.
Al riguardo, la notifica del ricorso non appare verificatasi.
Infatti, il plico inviato non è mai stato consegnato ad alcuno.
La notifica è stata diretta al difensore del primo grado di giudizio, rag. I., quale domiciliatario eletto dal contribuente; dagli atti non emerge se il contribuente era costituito in grado di appello. In ogni caso, quanto alla notifica del ricorso in cassazione, sul plico inviato il nominativo del destinatario, e del contribuente, sono barrati come se fossero cancellati, ad indicare il fatto che la notifica non doveva esser compiuta in quel luogo.
Il plico reca anche una annotazione autografa, facente riferimento alla impossibilità di notifica.
La stessa nota di deposito dell’Avvocatura menziona tale plico (n. *****) come “non recapitato”.
La cartolina che avrebbe dovuto attestare l’attività svolta conferma il non perfezionamento della notifica per “irreperibilità del destinatario” e la stessa cartolina presenta poi una serie di scritte autografe, peraltro tutte barrate, e in sostanza cancellate, per cui non è comprensibile se, a seguito della mancata consegna del plico per irreperibilità, sia stata compiuta attività successiva, e in cosa sia consistita.
Sembra allora versarsi nel caso di specie in uno di quei casi che questa Corte (Sez. Un., n. 14916 del 2016) ha ritenuto come ipotesi di “notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa”, perchè l’atto non è mai stato consegnato, ricadenti al di fuori delle ipotesi di mera nullità sanabile.
Il ricorso, di conseguenza, deve ritenersi inammissibile.
Non essendosi costituito il contribuente, non vi è da provvedere sulle spese.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2019