LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –
Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente di Sez. –
Dott. VIVALDI Roberta – Presidente di Sez. –
Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –
Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –
Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –
Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27432-2017 proposto da:
AZIENDA SANITARIA LOCALE CITTA’ DI TORINO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 20, presso lo studio dell’avvocato MADDALENA FERRAIUOLO, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIA ANTONIETTA RUSSO;
– ricorrente –
contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso gli uffici dell’Avvocatura centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, LUIGI CALIULO e LIDIA CARCAVALLO;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1108/2017 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 18/05/2017.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2019 dal Consigliere LUCIA TRIA;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale FINOCCHI GHERSI RENATO, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
uditi gli avvocati Maddalena Ferraiuolo per delega dell’avvocato Maria Antonietta Russo e Sergio Preden.
FATTI DI CAUSA
1. Il 2 aprile 2014 è stata notificata alla AUSL Torino ***** un’ordinanza-ingiunzione emessa dall’INPS (quale successore ex lege dell’INPDAP) per ottenere il rimborso degli interessi legali che l’Istituto aveva pagato sui trattamenti pensionistici corrisposti in ritardo ad alcuni ex dipendenti dell’Azienda sanitaria, ritardo asseritamente dipeso dalla tardiva trasmissione da parte della AUSL delle corrette informazioni e delle documentazioni necessarie per l’esatta liquidazione definitiva delle pensioni, che ha determinato l’obbligo dell’Ente previdenziale di provvedere al relativo pagamento, ma con rettifica intervenuta dopo la scadenza dello spatium deliberandi di 120 giorni normativamente previsto.
L’Azienda sanitaria ha tempestivamente proposto opposizione avverso la suddetta ordinanza-ingiunzione.
2. Il Tribunale di Torino adito, dopo aver affermato l’infondatezza dell’eccezione dell’INPS di difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della Corte dei conti, ha accolto l’opposizione.
3. L’INPS ha, quindi, impugnato la sentenza del Tribunale e, per quel che qui rileva, ha ribadito la tesi della sussistenza della giurisdizione del giudice contabile.
4. La Corte d’appello di Torino, con sentenza n. 1108 del 18 maggio 2017, riformando la sentenza appellata, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in favore della Corte dei conti.
5. A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta riportandosi e riproducendo la propria precedente sentenza n. 833 del 2017 relativa ad analoga controversia – sulla base del principale argomento secondo cui il presente giudizio – fra l’Amministrazione ex datrice di lavoro e l’Ente erogatore del trattamento pensionistico in ordine al soggetto tenuto a sopportare l’onere degli interessi liquidati a favore del pensionato L. n. 412 del 1991, ex art. 16, comma 6 e D.P.R. n. 448 del 1998, art. 45 – trova la propria causa pur sempre nel trattamento pensionistico, visto che gli interessi in questione sono un accessorio del relativo credito.
Di qui la sussistenza della giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica che, come affermato dalla giurisprudenza di legittimità, “non soffre deroga, in favore di quella del giudice ordinario, neppure nell’ipotesi in cui l’Amministrazione si sia avvalsa del procedimento per ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910”.
6. Pertanto, la Corte d’appello ha ritenuto che la diversa soluzione adottata nella sentenza n. 171 del 2009 della Corte dei conti della Regione Piemonte in un giudizio uguale al presente – cui si era conformato il Tribunale – non potesse essere condivisa per le seguenti ragioni:
a) sia perchè in quel giudizio l’INPS aveva configurato la propria pretesa come risarcitoria (nell’ambito di un rapporto eminentemente civilistico) mentre nel presente giudizio ha proposto un’azione qualificata “di rivalsa”, muovendo dal presupposto che per legge sia l’Amministrazione ex datrice di lavoro il soggetto tenuto a sopportare l’onere degli interessi da corrispondere al pensionato, visto che è il soggetto responsabile della determinazione del trattamento di quiescenza;
b) sia perchè, diversamente da quanto affermato nelle suindicate sentenze, il rapporto pensionistico non può considerarsi una mero presupposto – scontato e non controverso – della domanda azionata dall’INPS che ha un diverso oggetto in quanto gli interessi in questione partecipano della natura del credito pensionistico visto che consentono all’interessato, cui originariamente sia stato attribuito un importo del trattamento pensionistico inferiore a quello dovuto, di ottenere il corretto importo della pensione;
c) sia, infine, perchè anche se nel presente giudizio non vi è controversia sul corretto ammontare del trattamento pensionistico da erogare agli assicurati che l’INPS ha già provveduto a liquidare, comunque l’unica questione controversa riguardante l’individuazione del soggetto tenuto al pagamento degli interessi non assume un rilievo autonomo rispetto al rapporto plurisoggettivo previdenziale-pensionistico trilaterale (fra Ente erogatore della pensione, ex datore di lavoro e pensionato) che sarebbe stato alla base di un eventuale ricorso alla Corte dei conti da parte del pensionato laddove non vi fosse stato il riconoscimento d’ufficio, da parte dell’INPS, del corretto trattamento spettante con i relativi interessi sulle differenze dovute, sicchè non vi sarebbe motivo di devolvere la presente controversia ad un giudice diverso da quello senz’altro dotato di giurisdizione solo perchè in essa non è coinvolto anche il pensionato.
7. Avverso tale sentenza la AUSL “Città di Torino” – risultante dall’accorpamento delle preesistenti AUSL Torino ***** e Torino ***** propone ricorso per cassazione, illustrato da memoria, per un unico, articolato motivo.
8. Resiste, con controricorso, l’INPS., concludendo per il rigetto del ricorso e, quindi, ribadendo l’insussistenza della giurisdizione del giudice ordinario in favore della Corte dei conti.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I – Sintesi delle censure 1. Con l’unico motivo di ricorso si impugna ex art. 360 c.p.c., n. 1, anche in riferimento al R.D. n. 1214 del 1934, artt. 13 e 62 e al D.P.R. n. 538 del 1986, art. 8 la decisione della Corte d’appello di declinare la propria giurisdizione sulla presente controversia in favore di quella della Corte dei conti.
Si sottolinea che la Corte dei conti, quale giudice delle pensioni, ha giurisdizione piena ed esclusiva sui provvedimenti di pensione a carico totale o parziale dello Stato o di altri enti pubblici in relazione ad ogni questione che investa il diritto, la misura e la decorrenza della pensione.
Mentre, nel presente giudizio, non viene in considerazione alcuna delle suddette fattispecie.
D’altra parte, la qualificazione giuridica dell’azione compete al giudice che può determinarla anche con l’attribuzione di un nomen juris diverso da quello indicato dalle parti, purchè non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio tra le parti.
Ebbene, l’INPS è tenuto per legge a corrispondere gli interessi sui trattamenti pensionistici e, al riguardo, nei confronti dell’Amministrazione ex datrice di lavoro non è previsto alcun “diritto di rivalsa”, pertanto la presente azione non può essere qualificata come azione di rivalsa, potendo eventualmente ipotizzarsi un’azione risarcitoria, avente causa petendi e petitum diversi rispetto al rapporto pensionistico fra l’Ente previdenziale e il beneficiario, che ne rappresenta solo il presupposto.
Infine, l’applicazione del D.P.R. n. 538 del 1946, art. 8 presuppone che sia stato riscontrato un errore nell’ammontare del trattamento pensionistico, cosa che qui non si verifica. Quindi la domanda azionata dall’INPS esula dall’ambito applicativo di tale norma perchè è chiaramente diretta ad ottenere – in ambito civilistico – il risarcimento del danno da ritardo nella trasmissione dei documenti necessari per la liquidazione del trattamento pensionistico che, ad avviso dell’Istituto, avrebbe determinato un allungamento dei tempi procedimentali occorsi all’INPS per effettuare la liquidazione stessa, con conseguente proprio obbligo di corrispondere al beneficiario gli interessi legali sui ratei arretrati.
Di qui la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario, secondo quanto affermato dal Tribunale di Torino e dalla Corte dei conti, Regione Piemonte nella sentenza ivi richiamata.
II – Esame delle censure.
2. Il ricorso è da accogliere, per le ragioni di seguito esposte.
3. Deve essere, in primo luogo, ricordato che, in base a consolidati e condivisi orientamenti di queste Sezioni Unite:
a) la giurisdizione della Corte dei Conti in tema di pensioni ha carattere esclusivo, essendo affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, sicchè in essa ricadono tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico sia elemento identificativo del “petitum” sostanziale, secondo una relazione di compenetrazione necessaria e non occasionale, non esclusa dall’eventualità che, ad invocare la sussistenza del rapporto stesso – con le relative situazioni giuridiche soggettive in cui esso si articola, ivi comprese quelle che concernono l’esatta quantificazione del trattamento ed i limiti di ripetibilità dell’indebito – non sia l’originario titolare, ma un suo avente causa (tra le altre: Cass. SU 18 marzo 1999, n. 152);
b) la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia di pensioni dei pubblici dipendenti, testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, ex artt. 13 e 62 ricomprende anche le controversie funzionali alla pensione perchè connesse al relativo diritto, come quelle riguardanti l’accertamento delle somme necessarie, quali contributi volontari, per ottenere la pensione e quelle relative alla consequenziale domanda di ripetizione degli importi versati in eccedenza rispetto al dovuto, in quanto afferenti anche alla corretta quantificazione della pensione e non solo alla fondatezza dell’azione di ripetizione (Cass. SU 14 giugno 2005, n. 12722; Cass. SU 18 ottobre 2018, n. 26252);
c) non possono risultare escluse dalla giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica le controversie volte ad ottenere, anche in via autonoma, il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi sui ratei del trattamento pensionistico tardivamente corrisposti. In particolare permane la suddetta giurisdizione esclusiva anche nel caso in cui una controversia compresa fra quelle sopra indicate (nella specie, concernente il diritto del pensionato a percepire gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sulle somme percepite a titolo di arretrati pensionistici) sia promossa dall’erede del pensionato stesso (Cass. SU 16 gennaio 2003, n. 573).
4. Ne deriva che poichè, come regola generale, la giurisdizione va determinata, ai sensi dell’art. 386 c.p.c., in base al “petitum sostanziale”, ossia allo specifico oggetto e alla reale natura della controversia – da identificare in funzione della “causa petendi” dedotta, in relazione alla protezione accordata dall’ordinamento alla posizione medesima, a prescindere dalla prospettazione della parte appartengono alla giurisdizione della Corte dei conti, ai sensi del T.U. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62 (e del D.Lgs. n. 26 agosto 2016, n. 174, art. 1, comma 2, – Codice di giustizia contabile, in vigore dal 7 ottobre 2016), esclusivamente le controversie che attengano, in senso proprio, all’esistenza del diritto e all’entità delle pensioni (ivi compresi i relativi accessori: interessi legali, rivalutazione etc.) a totale carico dello Stato e di quelle a carico degli enti previdenziali confluiti nell’INPDAP, cui è succeduto ex lege l’INPS (Cass. SU 4 gennaio 2007, n. 14).
5. E’ in questo ambito – cioè laddove sia in discussione il diritto alla pensione dei pubblici dipendenti o l’accertamento della misura della pensione stessa – che queste Sezioni Unite hanno affermato che:
a) la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica si estende alle controversie relative ad atti di recupero di ratei di pensione erogati in misura superiore a quella dovuta, a causa di errate comunicazioni da parte dell’ente datore di lavoro, proposte, ai sensi del D.P.R. n. 538 del 1986, art. 8, comma 2, dall’ente erogatore nei confronti dell’ente datore di lavoro dell’ex dipendente, oltre che a quelle proposte dal datore di lavoro nei confronti del pensionato in sede di rivalsa, con la precisazione che anche i ratei corrisposti in eccesso investono il quantum del trattamento pensionistico e che, comunque, per la determinazione della giurisdizione, rileva il contenuto pubblicistico del rapporto previdenziale, che ha una conformazione plurisoggettiva trilatera infrazionabile (Cass. SU 21 dicembre 1999, n. 920; Cass. SU 16 novembre 2007, n. 23731; Cass. 8 giugno 2015, n. 11769; ass. SU 20 giugno 2017, n. 21971);
b) la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia di pensioni si estende alle controversie relative ad atti di recupero di assegni di pensione già erogati, atteso che anch’essi investono il “quantum” di detto trattamento, e non soffre deroga, in favore di quella del giudice ordinario, neppure nell’ipotesi in cui l’Amministrazione si sia avvalsa del procedimento per ingiunzione di cui al R.D. 14 aprile 1910, n. 639, art. 2 (Cass. SU 29 febbraio 2008, n. 5430; Cass. SU 10 giugno 2004, n. 11025).
6. Ma al di fuori dell’indicato ambito definito dal legislatore – e concernente tutte le controversie relative la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell’ente obbligato, ancorchè non sia in contestazione il diritto al trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti e la legittimità dei provvedimenti che tale diritto attribuiscono e ne determinano l’importo, e comprese altresì quelle di risarcimento danni per l’inadempimento delle suddette obbligazioni (Cass. SU 27 febbraio 2013, n. 4853; Cass. SU 7 gennaio 2013, n. 153; Cass. SU 18 novembre 2016, n. 23467) – non sono ammissibili estensioni dell’applicazione della giurisdizione esclusiva della Corte dei conti, quale delineata dal R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, citati artt. 13 e 62.
Infatti, perchè sussista la giurisdizione della Corte dei conti – che è un giudice speciale, la cui competenza, al di fuori della “contabilità pubblica”, è limitata alle sole materie “specificate dalla legge”, come stabilito dall’art. 103 Cost., comma 2, (vedi, per tutte: Cass. SU 20 luglio 2016, n. 14920) – occorre uno specifico intervento del legislatore, così come previsto per le controversie riguardanti le “pensioni” (da intendere del modo anzidetto).
Del resto – secondo quanto di recente rilevato da queste Sezioni Unite (Cass. SU 20 luglio 2016 da n. 14920 a n. 14925nonchè Cass. SU 18 novembre 2016, n. 23467) – il legislatore, quando ha voluto estendere la giurisdizione della Corte dei conti oltre i rapporti pensionistici in senso stretto, ha emanato al riguardo puntuali disposizioni di legge, come ha fatto per le pensioni di guerra con il D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, art. 116 (Testo unico delle nome in materia di pensioni di guerra) e per l’assegno vitalizio a favore dei deportati nei campi di sterminio nazisti con la L. 6 ottobre 1986, n. 656, art. 10 (Modifiche ed integrazioni alla normativa sulle pensioni di guerra).
Invece, la mancanza di una specifica attribuzione legislativa alla giurisdizione alla Corte dei conti di una controversia che – come la presente – non è “ictu oculi” compresa nell’ambito di applicazione del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214, artt. 13 e 62determina l’attrazione della fattispecie nella giurisdizione del giudice dotato della giurisdizione generale, ossia del giudice ordinario, secondo il principio dell’unicità della giurisdizione, rispetto al quale le diverse previsioni costituzionali dei giudici speciali operano in via meramente derogatoria (vedi, per tutte: Cass. SU 20 luglio 2016 da n. 14920 a n. 14925nonchè Cass. SU 18 novembre 2016, n. 23467, citate).
7. Nel caso di specie – come si afferma anche nel controricorso dell’INPS – il petitum sostanziale dedotto in giudizio dall’INPS – che è il criterio in base al quale va determinata la giurisdizione – concerne la restituzione da parte dell’Amministrazione ex datrice di lavoro (AUSL Torino ***** oggi “Città di Torino”) delle somme pagate dall’INPS (già INPDAP) a titolo di interessi legali su prestazioni pensionistiche corrisposte in ritardo.
L’azione esercitata esula, pertanto, dall’ambito applicativo del D.P.R. n. 538 del 1986, art. 8, comma 2, (che riguarda l’ipotesi in cui l’ente erogatore agisca nei confronti dell’ente datore di lavoro dell’ex dipendente per il recupero di ratei di pensione erogati in misura superiore a quella dovuta, a causa di errate comunicazioni da parte dell’ente datore di lavoro, come si è detto) in quanto, come si afferma anche nel controricorso, la domanda dell’INPS (di restituzione degli interessi da parte dell’AUSL) è stata proposta sul presupposto secondo cui l’obbligo di pagare gli interessi legali al pensionato sia derivato dal “ritardo” della Azienda sanitaria nella trasmissione dei documenti necessari per la liquidazione pensionistica, in conseguenza della violazione del temine previsto dal D.P.R. n. 538 del 1986, art. 7, comma 3, (tre mesi prima della data di collocamento a riposo), ma senza porre in dubbio la correttezza della effettuata liquidazione del trattamento pensionistico.
In particolare, ad avviso dell’INPS il suddetto ritardo ha determinato un allungamento dei tempi procedimentali occorsi all’Istituto previdenziale per effettuare detta liquidazione, con conseguente obbligo del medesimo alla corresponsione, sui ratei arretrati, degli accessori di legge al pensionato, D.M. n. 352 del 1998, ex art. 4, comma 3.
Pertanto, in base a quanto afferma lo stesso INPS, la cognizione in ordine alla pretesa azionata non investe nè l’an, nè il quantum, nè la decorrenza della pensione, cioè profili di diritto sostanziale idonei a farla rientrare nella sfera di cognizione della Corte dei conti, R.D. n. 1214 del 1934, ex artt. 13 e 62 ma riguarda aspetti inerenti ai rapporti tra ente erogatore ed ente datore di lavoro con riferimento al procedimento amministrativo di liquidazione della pensione.
D’altra parte, non essendo in contestazione il diritto al trattamento di quiescenza nelle sue varie componenti, neppure può configurarsi un’azione di danno da inadempimento o da inesatto adempimento della prestazione pensionistica attribuita alla giurisdizione della Corte dei conti (tra le tante: Cass. SU 31 gennaio 2008, n. 2298; Cass. SU febbraio 2013, n. 4853; Cass. SU 7 gennaio 2013, n. 153; Cass. SU 18 novembre 2016, n. 23467) in quanto anche in questo caso la pretesa deve trovare comunque titolo nel rapporto giuridico sostanziale che si instaura tra ente erogatore della pensione e pensionato, che qui non viene in considerazione.
8. Ne deriva che – diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello – la presente controversia non trova la propria causa “pur sempre nel trattamento pensionistico” (di cui gli interessi legali sono un accessorio), in quanto trova nella liquidazione di tale trattamento una semplice “occasione” – ossia un mero presupposto di fatto non controverso – che ha dato origine alla pretesa creditoria azionata dall’INPS, ma che è del tutto irrilevante per la determinazione della giurisdizione, visto che fa solo da sfondo rispetto al “petitum sostanziale” suindicato (vedi, di recente: Cass. SU 23 luglio 2018, n. 19523.
L’erroneità della suddetta affermazione contenuta nella sentenza impugnata comporta anche quella del richiamo al principio affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in merito alla sussistenza della giurisdizione esclusiva della Corte dei conti in materia pensionistica anche “nell’ipotesi in cui l’Amministrazione si sia avvalsa del procedimento per ingiunzione di cui al R.D. n. 639 del 1910”, principio che, nello stesso senso, viene richiamato anche nel controricorso dell’INPS, ma, che, invece, qui non può venire in considerazione perchè, come si è detto, è applicabile nell’ambito proprio della suindicata giurisdizione esclusiva, come definito dal legislatore.
9. Neppure appare condivisibile quanto sostenuto nella sentenza impugnata a proposito della non applicabilità della soluzione adottata dalla Corte dei conti della Regione Piemonte nella sentenza n. 171 del 2009 (poi confermata dalla Corte dei conti, II Sezione giurisdizionale centrale d’appello, nella sentenza 18 luglio 2016, n. 752), cui si era uniformato il Giudice di primo grado, nell’affermare la sussistenza della giurisdizione del giudice ordinario.
9.1. Al riguardo, infatti, la Corte d’appello, dopo aver rilevato che il caso esaminato dalla Corte dei conti era “uguale a quello oggetto del presente giudizio”, ha poi ritenuto “non… perfettamente sovrapponibile con il presente caso” la relativa motivazione per il fatto che l’INPS in quel giudizio aveva fatto valere nei confronti della AUSL il diritto al risarcimento del danno mentre nel presente giudizio ha agito “in rivalsa”.
Tale statuizione non è conforme alla costante giurisprudenza di questa Corte per la quale spetta al giudice il potere-dovere di qualificare giuridicamente l’azione e di attribuire al rapporto dedotto in giudizio un “nomen juris” anche diverso da quello indicato dalle parti, purchè non sostituisca la domanda proposta con una diversa, modificandone i fatti costitutivi o fondandosi su una realtà fattuale non dedotta e allegata in giudizio tra le parti (tra le molte: Cass. 17 luglio 2007, n. 15925; Cass. 3 agosto 2012, n. 13945; Cass. 21 febbraio 2019, n. 5153).
Il che comporta che se il giudice ritiene che due fattispecie che abbiano dato luogo a due diverse controversie siano uguali tra loro non può certamente la diversa prospettazione delle parti determinare una differente qualificazione giuridica dell’azione rispettivamente esercitata (soluzione che si porrebbe in contrasto con i principi del giusto processo oltre che con il generale principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., che sono alla base della disciplina del processo civile).
9.2. A ciò la Corte territoriale ha aggiunto di considerare poco convincente la motivazione della suddetta sentenza della Corte dei conti, principalmente sull’assunto secondo cui nel presente giudizio, pur non essendo in discussione il corretto ammontare del trattamento pensionistico da erogare all’assicurato, l’unica questione controversa riguardante l’individuazione del soggetto tenuto al pagamento degli interessi non assumerebbe un rilievo autonomo rispetto al rapporto plurisoggettivo previdenziale-pensionistico trilaterale (fra Ente erogatore della pensione, ex datore di lavoro e pensionato) che sarebbe stato alla base di un eventuale ricorso alla Corte dei conti da parte del pensionato laddove non vi fosse stato il riconoscimento d’ufficio, da parte dell’INPS, del corretto trattamento spettante con i relativi interessi sulle differenze dovute, sicchè non vi sarebbe motivo di devolvere la presente controversia ad un giudice diverso da quello senz’altro dotato di giurisdizione solo perchè in essa non è coinvolto anche il pensionato.
Ne deriva che, a parte l’irrilevanza del suddetto argomento “ipotetico”, quel che conta è che la Corte d’appello, muovendo da una incerta qualificazione dell’azione esercitata dall’INPS, non ha applicato in modo conforme alla giurisprudenza consolidata di queste Sezioni Unite il criterio del petitum sostanziale per l’individuazione della giurisdizione. Inoltre, in contrasto con la suddetta giurisprudenza e con l’art. 103 Cost., in assenza di una specifica disposizione legislativa, ha ampliato l’ambito di applicazione della giurisdizione della Corte dei conti in materia pensionistica includendovi il presente giudizio, pur essendo pacifico che esso non riguarda alcuna delle fattispecie indicate dal R.D. n. 1214 del 1934, artt. 13 e 62 come interpretati dalla consolidata giurisprudenza di queste Sezioni Unite perchè è un giudizio instaurato tra i due enti pubblici INPS e la AUSL che non ha alcuna attinenza con la determinazione e la titolarità del trattamento pensionistico, tanto che ad esso il pensionato è del tutto estraneo.
III – Conclusioni.
10. Per tutte le indicate ragioni, in accoglimento del ricorso, va dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario, in analogia, del resto, a quanto affermato da queste Sezioni Unite in ipotesi simili alla presente (vedi: Cass. SU 31 marzo 2006, n. 7577 relativa ad una controversia instaurata contro il Ministero della Giustizia da un ente previdenziale che chiedeva il rimborso degli interessi su ritardati pagamenti di indennità di buonuscita corrisposti a causa dalla tardiva trasmissione di documenti necessari per la liquidazione dell’indennità; Cass. SU 3 febbraio 1996, n. 916; Cass. SU 25 giugno 2002, n. 9232).
Di conseguenza, la impugnata sentenza deve essere cassata e la causa deve essere rinviata, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino che la deciderà in diversa composizione, attenendosi ai principi su affermati.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, accoglie il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, cassa la sentenza impugnata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019