Corte di Cassazione, sez. Unite Civile, Ordinanza n.15749 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Primo Presidente –

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente di Sez. –

Dott. MANNA Antonio – Presidente di Sez. –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. LOMBARDO Luigi – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10023-2018 proposto da:

BANCA DI CREDITO POPOLARE S.P.A., in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 142, presso lo studio dell’avvocato CLAUDIA DE CURTIS, rappresentata e difesa dall’avvocato RAFFAELE MONTEFUSCO;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI CASERTA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO SAVERIO NITTI 11, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GAGLIARDI, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO NARDONE;

– controricorrente –

e contro

COMMISSIONE STRAORDINARIA DI LIQUIDAZIONE DEL COMUNE DI CASERTA;

– intimata –

per regolamento di giurisdizione in relazione al giudizio pendente n. 3650/2013 del TRIBUNALE AMMMINISTRATIVO REGIONALE di NAPOLI.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2019 dal Consigliere ROSA MARIA DI VIRGILIO;

lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale ANNA MARIA SOLDI, il quale chiede che la Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, dichiari la giurisdizione del giudice amministrativo.

La Corte:

RILEVATO

che:

La Banca di Credito Popolare soc. coop per azioni, premesso di avere svolto dal 1/10/2007 il servizio di Tesoreria a favore del Comune di Caserta, e che detto Comune, con Delib. 17 ottobre 2011, aveva dichiarato lo stato di dissesto, ha impugnato davanti al Tar della Campania:

il provvedimento prot. 1074 adottato il 31/5/2013, con cui la Commissione Straordinaria di Liquidazione della Città di Caserta, aveva, d’ufficio e contestualmente, revocato la propria precedente decisione del 14/11/2012, di non ammissione del credito(vantato dalla Banca quale Tesoriere nei confronti dell’ente, per erogazioni concesse a titolo di anticipazioni di cassa nel periodo tra il 25/10/2011 e 31/12/2011) alla massa passiva del dissesto, e per altro verso, in dispregio della dichiarazione resa dalla Banca in data 24/5/2013 di “non avere, allo stato, interesse a coltivare l’istanza di ammissione al passivo”, aveva ugualmente ammesso alla massa ed alla liquidazione del dissesto il credito in oggetto, di Euro 3.254.501,15, oramai, in tesi, già estinto;

la successiva Delib. confermativa 5 giugno 2013, con cui la medesima Commissione Straordinaria di Liquidazione aveva rilevato d’ufficio che il debito in questione era 43 qualificarsi come previsto in bilancio e non “fuori bilancio”; tutti gli altri atti anteriori connessi, ivi comprese le consequenziali note prot. 43358 del 3/6/2013 e prot. 49611 del 26/6/2013 con le quali, proprio sul presupposto di quanto deliberato dalla Commissione Straordinaria di Liquidazione, il Dirigente Area generale di coordinamento amministrativo contabile di Caserta aveva richiesto al Tesoriere la restituzione delle suddette somme.

La ricorrente ha sostenuto l’illegittimità di detti provvedimenti, atteso che non solo l’ammissione al passivo della Commissione straordinaria era avvenuta d’ufficio e non su domanda, ma anche che non si era tenuto conto della delegazione di pagamento emessa dal Dirigente Finanziario dell’ente in data 10/1/2011, in virtù della quale le somme anticipate erano state incamerate sul presupposto che esse fossero estranee al bilancio commissariale.

Nella pendenza del giudizio promosso davanti al Tar, il Comune di Caserta ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Roma la Banca di Credito Popolare, chiedendone la condanna alla restituzione della somma di Euro 3.354.501,15, incamerata a seguito delle erogazioni concesse all’ente a titolo di anticipazioni per il periodo compreso tra il 25/10/2011 e 31/12/2011, assumendo la illegittimità della delegazione di pagamento del 10 gennaio 2011, sulla scorta della quale era avvenuto l’incameramento.

La Banca di Credito Popolare ha proposto regolamento preventivo di giurisdizione, chiedendo di dichiararsi se la controversia proposta innanzi al Tar Campania debba essere devoluta al giudice ordinario ovvero al giudice amministrativo; si sono difesi con controricorso il Comune di Caserta e la Commissione Straordinaria di Liquidazione, chiedendo dichiararsi la inammissibilità o improponibilità del ricorso e comunque riaffermare la giurisdizione del giudice amministrativo.

Il P.G. ha depositato le conclusioni scritte, ex art. 380-ter c.p.c., chiedendo dichiararsi la giurisdizione del Giudice amministrativo.

Il Comune di Caserta ha depositato memoria ex art. 380 ter c.p.c., comma 2.

CONSIDERATO

che:

Col ricorso ex art. 41 c.p.c., la Banca di Credito Popolare sostiene che entrambi i giudizi attengono “all’accertamento del corretto operato della medesima Banca, che ha imputato il suo credito(per somme erogate post dissesto a titolo di anticipazione di tesoreria), a deconto della gestione finanziaria corrente, in luogo dell’imputazione/inserimento, pretesa ex adverso, alla massa passiva del dissesto finanziario” e che quindi “entrambi i giudizi si incentrino principalmente sul portato normativo della disposizione di legge contenuta (all’epoca dell’adozione dei provvedimenti impugnati innanzi al TAR) nell’art. 255, comma 10, T.U.E.L., secondo cui “non compete all’organo straordinario di liquidazione l’amministrazione dei residui attivi e passivi relativi ai fondi a gestione vincolata, ai mutui passivi già attivati per investimenti, ivi compreso il pagamento delle relative spese, nonchè l’amministrazione dei debiti assistiti dalla garanzia della delegazione di pagamento di cui all’art. 206”. Ne consegue, secondo la ricorrente, la giurisdizione del Giudice ordinario.

Secondo il Comune di Caserta, invece, “è la legittimità della delegazione di pagamento ad essere il nucleo centrale della presente controversia, e da essa che occorre partire ai fini del radicamento della giurisdizione; e non, invece, il provvedimento soltanto formalmente impugnato”, nè potrebbe non tenersi conto della complessa attività procedimentale che ha portato le parti a regolamentare i rapporti.

Ciò posto, va rilevato come il rapporto di tesoreria, sussistente incontestatamente tra il Comune e la Banca, configuri un rapporto concessorio e non già un appalto di servizi, avendo ad oggetto la gestione del servizio di tesoreria comunale, implicante il conferimento di funzioni pubblicistiche quali il maneggio di denaro pubblico ed il controllo sulla regolarità dei mandati e prospetti di pagamento nonchè sul rispetto dei limiti degli stanziamenti di bilancio, ai sensi del T.U. legge comunale e provinciale di cui al R.D. 3 marzo 1934, n. 383, art. 325 e successivamente, del T.U.E.L. di cui al D.Lgs. 8 agosto 2000, n. 267, art. 210.

Ai sensi del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. c) sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie in materia di pubblici servizi relativi a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o del gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relativa all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore…”.

Ora, in fattispecie analoghe a quella di cui si tratta, queste Sez. unite hanno affermato, nelle pronunce del 3/4/2009, n. 8113 e del 16/7/2001, n. 9648, che spetta al giudice ordinario la giurisdizione in ordine alla domanda di pagamento del corrispettivo per lo svolgimento del servizio di tesoreria, promossa dal tesoriere comunale nei confronti del Comune, qualora la controversia investa esclusivamente le modalità di determinazione del corrispettivo, ed in particolare l’inclusione nella base di calcolo di tutte le operazioni contabili relative alla riscossione delle entrate ed al pagamento delle spese registrate nel conto consuntivo finale, ovvero delle sole entrate effettivamente riscosse e delle sole spese effettivamente pagate: sebbene, infatti, il contratto di tesoreria si configuri come concessione di servizio pubblico, implicando il conferimento di funzioni pubblicistiche, quali il maneggio del denaro pubblico ed il controllo sulla regolarità dei mandati e dei prospetti di pagamento, nonchè sul rispetto dei limiti degli stanziamenti in bilancio, la controversia esula dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo un criterio di riparto già presente nella L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5 non implicando statuizioni sulla validità e l’operatività di clausole della concessione, e richiedendo un’indagine meramente preliminare e delibativa sul contenuto e la disciplina del rapporto concessorio.

Anche la recente pronuncia Sez. U. del 9/8/8/2018, n. 20682, ha ribadito che “per consolidato insegnamento di questa Corte regolatrice, spettano, in base ai criteri generali del riparto di giurisdizione, alla giurisdizione ordinaria solo quelle controversie sui profili in esame che abbiano contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di ipotesi generali, mentre restano nella giurisdizione amministrativa quelle che coinvolgano l’esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione del canone, dell’indennità o di altri corrispettivi” (Cass. 12 ottobre 2011 n. 20939). Si è, inoltre, chiarito che “la norma della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5(ora art. 133, comma 1, lett. e) del codice del processo amministrativo) deve essere interpretata nel senso che la competenza del tribunale amministrativo regionale sussiste anche in assenza di impugnativa di un atto o provvedimento dell’autorità pubblica, purchè la controversia, promossa per il rifiuto dell’autorità stessa di riconoscere il diritto preteso dal concessionario, coinvolga il contenuto dell’atto concessorio e cioè i diritti e gli obblighi dell’Amministrazione e del concessionario ponendo in discussione il rapporto stesso nel suo aspetto genetico e funzionale” (Cass. Sez. Un. 2 febbraio 2011 n. 2418; Cass. Sez. Un. 9 gennaio 2013 n. 301).

Con la conseguenza che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in cui si discute sulla asserita violazione degli obblighi nascenti dal rapporto concessorio (nei sensi suddetti, tra le tante, pronunzie Cass. Sez. un. 31 marzo 2005 n. 6744; Cass. Sez. Un. 26 giugno 2003 n. 10157; Cass. Sez. Un. 6 giugno 2002 n. 8227; Cass. Sez. Un. 11 giugno 2001 n. 7861)?Le controversie circa la durata del rapporto di concessione, o la stessa esistenza del rapporto, o la rinnovazione della concessione estendendosi a tutte le posizioni soggettive il cui riconoscimento postuli l’identificazione del contenuto del rapporto concessorio, sono pertanto devolute alla giurisdizione del Giudice amministrativo; detta giurisdizione ha natura esclusiva, estendendosi a tutte le posizioni soggettive il cui riconoscimento postuli l’identificazione del rapporto concessorio. Residua infine la giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi del menzionato art. 5, comma 2, quando si discuta soltanto sul compenso del concessionario, senza dirette implicazioni sul rendiconto di tesoreria e sul contenuto della concessione”.

Calando detti principi nella fattispecie, deve rilevarsi come nel caso che qui interessa si faccia questione della ricomprensione o meno delle somme in oggetto nella massa passiva, secondo il disposto di cui all’art. 255, comma 10, del t.u. enti locali (che solo con la successiva formulazione introdotta con la L. 27 dicembre 2017, n. 205, art. 1, comma 878, lett. b) ha disposto la non spettanza all’organo straordinario di liquidazione dell’amministrazione delle anticipazioni di tesoreria di cui all’art. 222), mentre esulano dalla controversia profili valutativi del comportamento assunto dalla Gestione commissariale, nè si controverte sulle vicende modificative del contenuto della concessione, rimanendo questa come un semplice presupposto della controversia.

Va conseguentemente dichiarata la giurisdizione del Giudice ordinario, avanti al quale vanno rimesse le parti.

P.Q.M.

La Corte dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario, avanti al quale rimette le parti del presente regolamento.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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