Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.15809 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere –

Dott. DELL’UTRI Marco – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16217-2017 proposto da:

VENEZIANA ENERGIA RISORSE IDRICHE TERRITORIO AMBIENTE SERVIZI –

V.E.R.I.T..A.S. SPA, in persona del Direttore Generale pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34/B, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO CECCONI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato ANDREA PASQUALIN;

– ricorrente –

contro

P.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA OTRANTO 36, presso lo studio dell’avvocato MARIO MASSANO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ENRICO CORNELIO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3383/2016 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositata il 20/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/03/2019 dal Consigliere Relatore Dott. PAOLO PORRECA.

CONSIDERATO

che:

P.S. chiedeva e otteneva dal giudice di pace, nei confronti nei confronti della Veritas, s.p.a., quale gestore del servizio di igiene ambientale del comune di Venezia, un decreto ingiuntivo per la restituzione dell’IVA indicata come corrisposta indebitamente sulla tariffa di igiene ambientale di cui al D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, art. 49, c.d. TIA 1, e sulla tariffa integrata ambientale di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, c.d. TIA 2, da considerare non corrispettivi di servizi ma tributi e come tali non assoggettabili alla suddetta imposta indiretta;

per quanto qui ancora rileva, il giudice di primo grado, pronunciandosi sull’opposizione dell’ingiunta, la rigettava, con sentenza confermata dal tribunale che riteneva l’assimilabilità della c.d. TIA 1 con la c.d. TIA 2, la prima pacificamente considerata tributo, la seconda da qualificare tale, nonostante l’indicazione legislativa contraria presente nel D.L. 31 maggio 2010 n. 78, art. 14, comma 33, convertito dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, alla luce di un’ermeneutica sistematica e teleologica complessiva, valorizzando i richiami del menzionato art. 238, per la determinazione dell’importo dovuto, agli indici reddituali e a voci estranee al singolo servizio, la natura obbligatoria della prestazione tale anche per chi potrebbe non avvantaggiarsi del servizio in questione, nonchè l’omogeneità dei parametri della c.d. TIA 2 rispetto a quelli della c.d. TIA 1, in mancanza di una generale normativa attuativa che li avesse idoneamente distinti;

avverso questa decisione ricorre per cassazione la Veritas s.p.a. formulando un motivo avversato da controricorso;

le parti hanno depositato memorie.

RITENUTO

che:

con l’unico motivo si prospetta la violazione o falsa applicazione del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 1, 3, e art. 4, commi 2 e 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, e del citato D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33, poichè il tribunale avrebbe errato nell’accomunare la disciplina della c.d. TIA 1 a quella della c.d. TIA 2, e, di conseguenza, nell’escludere l’assoggettamento all’IVA delle somme corrisposte in base alla seconda;

Vista la proposta formulata del relatore ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.;

Rilevato che:

deve in primo luogo essere disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso, sollevata nel controricorso, per “non identificabilità del petitum”, e fondata sull’assunto che il gravame non avrebbe “distinto le bollette oggetto dell’originario decreto ingiuntivo facenti riferimento alla c.d. TIA 1 rispetto a quelle facenti riferimento alla c.d. TIA 2”, sicchè il suddetto “petitum” sarebbe “generico ed incomprensibile”;

l’eccezione risulta infondata, atteso che nel ricorso, a pag. 6, si specifica che l’impugnazione riguarda la c.d. TIA 2, per gli anni 2011 e 2012, fino alla sostituzione con la TARES e poi la TARI, a decorrere dal 2013, e dunque l’IVA sulle fatture “indicate ai numeri da 32 a 39 nella tabella di cui alle pagine 8-9 del ricorso per ingiunzione” prodotto sub 4 in allegato al ricorso per cassazione;

nel merito deve darsi seguito alla giurisprudenza di questa Corte (Cass., 21/06/2018, n. 16332) secondo cui “la tariffa di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 238, come interpretata dal D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33”, quale convertito, “ha natura privatistica, ed è pertanto soggetta ad IVA ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 1,3 e art. 4, commi 2 e 3” (pagg. 16-17);

come chiarito nell’arresto in parola, con cui è stato deciso analogo ricorso della Veritas s.p.a., e in cui si ripercorre tutta l’evoluzione normativa e giurisprudenziale (pagg. 5-16), la disciplina della c.d. TIA 2 quale delineata nel citato art. 238, differenziandosi significativamente dal regime della c.d. TIA 1, da una lato individua il fatto generatore dell’obbligo del pagamento nella produzione di rifiuti, ancorando dunque il debito all’effettiva fruizione del servizio, nonchè commisurando l’entità del dovuto alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti, e, dall’altro, afferma, in modo netto e innovativo insieme, la natura di “corrispettivo” della tariffa in parola (pag. 8);

nè rileva in contrario la circostanza che il pagamento della c.d. TIA 2 (come quello della c.d. TIA 1) sia obbligatorio per legge, atteso che il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 3, prevede che “le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d’opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere” costituiscono prestazioni di servizi (ai fini della assoggettabilità all’IVA medesimo decreto, ex art. 1) “quale ne sia la fonte” (cfr. pag. 8 del precedente di questa Corte appena richiamato);

la natura privatistica della c.d. TIA 2, e dunque la sua portata innovativa e ontologicamente diversa rispetto alla precedente c.d. TIA 1, già desumibile dal tenore della norma istitutiva, è stata poi definitivamente confermata dal D.L. n. 78 del 2010, art. 14, comma 33, quale convertito, che ha previsto che “le disposizioni di cui al D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, art. 238, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”, sicchè, a fronte del chiaro disposto di tale norma, è evidente che, a seguito della sua emanazione, non è più dato neppure interrogarsi sulla natura di corrispettivo, e non di tributo, della c.d. TIA 2, e sulla conseguente sua assoggettabilità ad IVA (cfr. a pag. 9 dell’arresto del 2018 di cui sopra);

nella prospettiva dell’opzione legislativa è cioè chiaro che l’individuazione del costo con componenti predeterminate o accessorie è del tutto compatibile trattandosi di contratti di massa, così come la loro redistribuzione con modalità che tengano conto anche di indici reddituali, per scelta agevolativa dell’erogatore del servizio;

in memoria parte controricorrente sostiene che tale ricostruzione contrasterebbe con altra giurisprudenza di questa Corte, a Sezioni Unite, e in particolare con Cass., Sez. U., 11/07/2017, n. 17113 e con Cass., Sez. U., 15/03/2016, n. 5078;

gli argomenti proposti non possono essere condivisi;

secondo il primo dei due arresti appena menzionati l’addizionale provinciale sulla cd. TIA2 ha natura tributaria, come si evince dalla stessa formulazione letterale della disposizione istitutiva, la quale prevede un sistema di reperimento, attraverso un tributo, della provvista necessaria all’esercizio, di utilità generale, di funzioni di interesse pubblico, mancando un rapporto di corrispondenza economica tra la prestazione dell’amministrazione e il vantaggio ricevuto dal privato (che condurrebbe a escluderne la natura di tassa);

la statuizione aggiunge che non è idoneo a snaturare la natura di tributo il collegamento quantitativo e percentuale con la c.d. TIA2, “di natura privatistica”, fungendo quest’ultima solo da parametro per la quantificazione di tale prestazione in favore delle province, sicchè la controversia sulla debenza di tale addizionale appartiene alla giurisdizione del giudice tributario;

la pronuncia ha dunque un oggetto diverso da quello qui in discussione, riguardando la giurisdizione in punto di addizionale provinciale connessa alla tariffa in parola;

è vero che nella pronuncia si accomunano, in relazione ai presupposti, la c.d. TIA 1, la c.d. TIA 2 e la TARI, sotto il profilo della “mancanza di nesso diretto tra prestazione e corrispettivo”, e sotto quello per cui “il compenso ricevuto dal prestatore dei servizi non è il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario” (pag.8), ma è parimenti vero che (pag. 9) della tariffa in parola, per converso, secondo quanto anticipato, viene indicata la “natura privatistica”;

d’altra parte, l’attenuazione del “nesso” tra prestazione e corrispettivo, come quello tra servizio e suo esatto “controvalore”, si spiegano, secondo ciò che sopra si è rilevato, con l’implicazione di un contratto di massa innervato da profili agevolativi, senza che necessariamente venga meno il superamento del regime tributario oggetto della scelta legislativa;

quanto al secondo arresto richiamato, esso riguarda, diversamente, la c.d. TIA 1;

inoltre, nella statuizione si ricorda la giurisprudenza comunitaria (Corte giust., 15/07/2009, causa 254/08), che ha chiarito come non esiste un vincolo, per gli Stati membri, a finanziare con una specifica modalità, in tesi tributaria, la gestione della raccolta dei rifiuti;

in questo senso, risulta irrilevante la circostanza che il gestore sia una società c.d. “in house”, come afferma parte controricorrente senza, peraltro, indicare quando e come tale fatto sia stato accertato nelle fasi di merito: infatti, l’attività commerciale di tali società nei confronti di terzi ben può restare privatistica, nonostante la rilevanza pubblicistica del regime dell’ente ad altri fini correlati al controllo della società stessa da parte dell’amministrazione che ne sia socia;

per questa ragione non rileva la pregiudiziale comunitaria prospettata al riguardo da parte controricorrente (con riferimento, cioè, alla Dir. n. 112 del 2006 in tema di regime IVA);

del resto solo conferme, in chiave di “acte claire”, giungono dalla successiva pronuncia della Corte di giustizia 22 febbraio 2018, in causa C182/17, che ha ribadito come la determinazione forfettaria (in quel caso, su base annua) di un simile compenso non spezza di per sè il nesso tra prestazione e corrispettivo (punto n. 37), e l’affidamento a una società di compiti pubblici, parimenti, non è logicamente decisivo per valutare lo svolgimento di prestazioni a titolo oneroso nella medesima cornice (punto n. 40);

quanto osservato, facendosi carico dei dubbi espressi da Cass., 17 gennaio 2019, n. 3696, supera l’opportunità di rinvio all’udienza pubblica sollecitato in memoria da parte controricorrente;

nella fattispecie in scrutinio è pacifico che si controverte solamente della (imposta sul valore aggiunto, quanto agli anni 2011 e 2012, relativamente alla) c.d. TIA 2, adottata dal comune di Venezia con regolamento 14 gennaio 2011, secondo quanto rilevato pure dal precedente più volte ricordato di questa Corte, in conformità con la disciplina transitoria anch’essa lì ricostruita (pagg. 10-16, in specie 14-15) e parimenti qui non oggetto di discussione;

ne consegue che la sentenza va cassata.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia al tribunale di Venezia perchè, in diversa composizione, provveda anche sulle spese di legittimità.

Così deciso in Roma, il 7 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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