Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.15816 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE STEFANO Franco – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. PORRECA Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10007-2018 proposto da:

M.R., considerata domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO MIGNONE;

– ricorrente –

contro

GENERALI ITALIA SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 3865/2017 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 22/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott.sa ANTONIETTA SCRIMA.

FATTI DI CAUSA

Generali Italia S.p.a. propose appello avverso la sentenza n. 315 del 9 settembre 2014, con la quale il Tribunale di Benevento, accogliendo la domanda proposta da M.R., aveva condannato la predetta società al pagamento, in favore dell’attrice, dell’importo di Euro 153.783,54, oltre interessi e spese di lite, a titolo di ristoro dei danni subiti dalla M. in conseguenza del sinistro stradale avvenuto in data 31 luglio 2009 sulla SS 414 – allorchè la medesima era alla guida dell’auto Fiat Punto tg. ***** – e la cui responsabilità il primo Giudice aveva addebitato alla condotta di guida di un motociclista rimasto non identificato, al pari del veicolo da lui condotto.

L’appellata resistette all’appello, eccependone l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza.

La Corte di appello di Napoli, con sentenza pubblicata il 22 settembre 2017, accolse l’impugnazione e, per l’effetto, in integrale riforma della sentenza gravata, rigettò la domanda proposta in primo grado dalla M., compensò interamente tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio e pose definitivamente a carico dell’appellata le spese di c.t.u..

In particolare la Corte territoriale, per quanto rileva ancora in questa sede, ritenne che non potesse “affermarsi con sufficiente grado di probabilità che la condotta di guida del conducente la moto abbia avuto un’efficacia causale nell’incidente ed escludere al contrario che questo si sia verificato per un comportamento della conducente l’autovettura del tutto inadeguato rispetto all’ipotetica situazione di pericolo presentatasi”.

Avverso la sentenza della Corte di merito M.R. ha proposto ricorso per cassazione basato su tre motivi e illustrato da memoria. L’intimata società non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, “con espresso riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, anche in relazione alla manifesta violazione ed omessa applicazione dell’art. 115 c.p.c., comma 1, e dell’art. 167 c.p.c., comma 1, si denuncia l’omesso esame, da parte della Corte di Appello di Napoli, circa un fatto decisivo, pacifico ed incontrovertibile del giudizio concernente l’effettiva ricostruzione del fatto storico principale costituito dalla riconosciuta responsabilità esclusiva del conducente della moto pirata nella dinamica del sinistro stradale avvenuto il giorno 31.07.2009 sulla SS 414, alle ore 24 circa, con direzione *****, in località ***** nel tenimento del comune di Ariano Irpino, come riportata e descritta nell’atto introduttivo del giudizio in primo grado e non contestata specificamente dall’impresa designata nella comparsa di risposta del 30.09.2011”.

1.1. Il mezzo all’esame è inammissibile, sia in relazione alle censure veicolate con l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non costituendo fatto storico la dedotta responsabilità esclusiva del conducente del veicolo antagonista (Cass., sez. un., 7/04/2014, n. 8053), sia in relazione alla lamentata violazione dell’art. 115 c.p.c., per difetto di specificità, non avendo la ricorrente riportato in ricorso, almeno per la parte che rileva in questa sede, la comparsa di costituzione della convenuta da cui desumere l’asserita non contestazione con riferimento alla dedotta ricostruzione della dinamica del sinistro (Cass., ord., 12/10/2017, n. 24062; Cass., ord., 22/07/2017, n. 12840).

Si osserva, peraltro, che al difetto di specificità del ricorso non può porsi rimedio successivamente con la memoria.

2. Con il secondo motivo, “con espresso riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, si denuncia la violazione per omessa applicazione dell’art. 2054 c.c., comma 2, e dell’art. 153C.d.S., comma 3, lett. a, (omesso spegnimento dei proiettori di profondità) nonchè dell’art. 143 C.d.S. (invasione di corsia) da parte della Corte di Appello di Napoli nella misura in cui esclude la paventata ipotesi di responsabilità concorrente di entrambi i conducenti nell’incontro tra i veicoli coinvolti nell’incidente verificatosi il giorno 31.07.2009”

2.1. Il motivo è infondato, con riferimento alle lamentate violazioni di legge, avendo la Corte di merito escluso, in base ad un accertamento in fatto, l’effettivo contributo causale, in concreto, del veicolo rimasto estraneo alla collisione, nella produzione dell’evento dannoso (Cass. 9/03/2012, n. 3704; Cass., ord., 19/07/2018, n. 19197).

2.2. Risultano, inoltre, inammissibili le censure motivazionali proposte, evidenziandosi al riguardo che, essendo la sentenza impugnata in questa sede stata pubblicata in data 22 settembre 2017, nella specie trova applicazione l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, nella formulazione novellata dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), del convertito con modifiche nella L. 7 agosto 2012, n. 134.

Alla luce del nuovo testo della richiamata norma del codice di rito, non è più configurabile il vizio di insufficiente e/o contraddittoria motivazione della sentenza, atteso che la norma suddetta attribuisce rilievo solo all’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, non potendo neppure ritenersi che il vizio di contraddittoria motivazione sopravviva come ipotesi di nullità della sentenza ai sensi del medesimo art. 360 c.p.c., n. 4), (Cass., ord., 6/07/2015, n. 13928; v. pure Cass., ord., 16/07/2014, n. 16300) e va, inoltre, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass., ord., 8/10/2014, n. 21257). E ciò in conformità al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 8053 del 7/04/2014, secondo cui la già richiamata riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia – nella specie all’esame non sussistente – si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.

Le Sezioni Unite, con la richiamata pronuncia, hanno pure precisato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, così come da ultimo riformulato, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.

Nella specie, con le censure formulate nell’illustrazione del motivo all’esame, la ricorrente non propone doglianze motivazionali nel rispetto del paradigma legale di cui al novellato art. 360 del codice di rito, n. 5.

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta “errata valutazione delle risultanze istruttorie da parte della Corte di Appello di Napoli e nello specifico della prova testimoniale di S.N. nonchè degli elementi indiziari di merito tra cui la denuncia di sinistro di M.R. (doc. n. 6 fascicolo di parte attrice di primo grado), denuncia-querela sporta contro ignoti in data 09.10(.)2009 (fascicolo di parte attrice doc. n. 7), il decreto di archiviazione con esito ricerche del 02.05.2012 prodotto nel giudizio di primo grado (fascicolo ufficio), l’accertamento del c.t. sulla sussistenza del nesso causale con la dinamica del sinistro, incongruità ed illogicità della motivazione nonchè omessa e manifesta contraddittorietà della motivazione sul punto specifico e decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 4 e 5,” (v. ricorso p. 7).

3.1. Il terzo motivo è inammissibile, tendendosi con lo stesso, in sostanza, ad una rivalutazione del merito, non consentita in questa sede Cass., ord., 7/12/2017, n. 29404) e dovendosi ribadire, con riferimento al motivo in parola, quanto già evidenziato in relazione al secondo motivo in tema di vizi motivazionali, aggiungendo che neppure può ravvisarsi, nella specie, un omesso esame di un fatto decisivo, cui pure sembrerebbe riferirsi la sopra riportata rubrica del mezzo; vizio, questo, effettivamente riconducibile al vigente n. 5 del citato art. 360, ma non dedotto in conformità all’interpretazione di detta norma operata dalla giurisprudenza di legittimità.

4. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

5. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo la parte intimata svolto attività difensiva in questa sede.

6. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 18 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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