Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.15823 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1600-2017 proposto da:

D.L.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ALBERICO II 4, presso lo studio dell’avvocato ROBERTA NICCOLI, rappresentato e difeso dall’avvocato FERNANDO NAPOLITANO;

– ricorrente –

contro

FALLIMENTO ***** SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 471/2016 del TRIBUNALE di NAPOLI, depositato l’01/12/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. ALBERTO PAZZI.

RILEVATO

che:

1. il Giudice delegato al fallimento di ***** s.r.l. non ammetteva al passivo della procedura il credito vantato da D.L.G. per l’attività da questi svolta quale componente del collegio sindacale della società in bonis, aderendo all’eccezione di inadempimento sollevata dal collegio dei curatori e tenuto conto dell’instaurata azione di responsabilità proposta nei confronti del D.L.;

2. il Tribunale di Napoli, dopo aver rilevato che non vi era alcuna necessità per la curatela di costituirsi in sede di cognizione piena per riproporre l’eccezione di inadempimento già sollevata in sede di verifica, ricordava che il creditore, a fronte dell’eccezione di inadempimento della controparte, era tenuto a dare prova dell’esatto adempimento; di conseguenza, posto che il D.L. nulla aveva dedotto in merito all’inadempimento contestatogli, rigettava l’opposizione, in quanto il professionista, in caso di violazione dell’obbligo di usare la diligenza del buon padre di famiglia ex art. 1176 c.c., perdeva il diritto al compenso;

3. ricorre per cassazione avverso tale pronuncia D.L.G., affidandosi a un unico motivo di impugnazione;

l’intimato fallimento di ***** s.r.l. non ha svolto alcuna difesa.

CONSIDERATO

che:

4.1 il motivo di ricorso presentato denuncia l’errata e falsa applicazione dell’art. 1460 c.c., in relazione alla valutazione e interpretazione dell’inadempimento nonchè l’errata e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in tema di onere della prova: il Tribunale, accogliendo l’eccezione della curatela malgrado la stessa non si fosse costituita, avrebbe erroneamente escluso dal passivo il credito del D.L., pur dopo aver ammesso che lo stesso risultava documentalmente provato, sulla base di una mera ipotesi di responsabilità e in assenza di alcuna prova del danno subito dalla procedura in conseguenza di un simile inadempimento; in questo modo il collegio dell’opposizione, contestando al sindaco revisore il mancato superamento di eccezioni che non era demandato a decidere, avrebbe mal interpretato il disposto dell’art. 1460 c.c., assimilando l’inadempimento al non corretto adempimento, e lo avrebbe applicato a un rapporto caratterizzato non dalla corrispettività delle prestazioni ma dalla comunione di scopo;

4.2 il motivo non è fondato;

4.2.1 il Tribunale ha correttamente preso atto dell’eccezione di inadempimento sollevata dai curatori in sede di verifica dell’insinuazione al passivo, benchè la procedura non si fosse costituita in seno al giudizio di opposizione: il curatore infatti non ha l’onere di riproporre nel giudizio di opposizione allo stato passivo un’eccezione in senso stretto già sollevata e accolta nella fase sommaria (Cass. 6522/2017);

4.2.2 il Tribunale, preso atto dell’eccezione di grave inadempimento nello svolgimento della funzione di verifica e controllo propria dell’attività sindacale, ha ritenuto che la stessa, negando la diligente esecuzione del nucleo della funzione sindacale, integrasse una contestazione del corretto adempimento della prestazione dovuta dal sindaco revisore e ne ha fatto discendere l’onere in capo al creditore istante di neutralizzare una simile eccezione con la prova del proprio esatto adempimento;

in questo modo il collegio dell’opposizione non si è discostato dal principio secondo cui, nell’ambito della formazione dello stato passivo, il preteso creditore, nel proporre opposizione dolendosi dell’esclusione di un credito di cui aveva chiesto l’ammissione, è onerato della prova dell’esistenza del credito medesimo, secondo la regola generale stabilita dall’art. 2697 c.c.; sicchè, una volta che il fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti, avanzi un’eccezione di inadempimento, il riparto degli oneri probatori segue parimenti le regole ordinarie, le quali si riassumono nel principio secondo cui, in tema di prova dell’inadempimento di un’obbligazione, il creditore che agisca per l’adempimento (oltre che per la risoluzione contrattuale ovvero per il risarcimento del danno) deve soltanto provare la fonte del suo diritto e il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento, ed eguale criterio di riparto dell’onere della prova deve ritenersi applicabile al caso in cui il debitore convenuto si avvalga dell’eccezione di inadempimento ai sensi dell’art. 1460 c.c., (Cass. 18705/2016, Cass. 3373/2010, Cass., Sez. U., 13533/2001);

nulla cambia ove sia eccepito da parte del curatore, anzichè l’inadempimento, l’inesatto adempimento: in vero il principio secondo cui anche quando sia dedotto l’inesatto adempimento è sufficiente al creditore la mera allegazione dell’inesattezza della prestazione, gravando sul debitore l’onere della prova contraria, non trova deroga nel caso in cui l’inesatto adempimento sia posto a fondamento dell’eccezione di cui all’art. 1460 c.c., (Cass. 9439/2008);

non si presta pertanto a censura il decreto impugnato laddove rileva che l’opponente nulla ha dedotto o argomentato in merito al contestato inesatto adempimento;

nè, infine, è possibile sostenere che simili principi non trovino applicazione al caso di specie perchè non si può configurare l’esistenza di prestazioni corrispettive: al contrario la retribuzione del sindaco è necessaria, ai sensi dell’art. 2402 c.c., (Cass. 14640/2008) e si pone in un rapporto di sinallagmaticità con lo svolgimento delle relative funzioni, sì da consentire l’opponibilità da parte della società dell’exceptio inadempleti contractus, al pari dell’exweptio non rite adimpleti contractus, al sindaco inadempiente o non esattamente adempiente ai propri obblighi;

5. in forza dei motivi sopra illustrati il ricorso va pertanto respinto;

la mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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