LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 3
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –
Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –
Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –
Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1574-2018 proposto da:
R.C., in proprio e quale esercente la potestà
genitoriale di B.D. e B.M., eredi di B.A., elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLINA DE CICCO;
– ricorrente –
contro
UNIPOL ASSICURAZIONI SPA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GOLAMETTO 2, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO ROMAGNOLI, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
e contro
C.G., C.L.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 2373/2017 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 31/05/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 06/12/2018 dal Consigliere Relatore Dott. PELLECCHIA ANTONELLA.
RILEVATO
che:
1. R.C., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale di B.D., e B.M., convenivano in giudizio Unipolsai S.p.a., C.L. e C.G. per sentirli condannare al risarcimento dei danni patiti a causa della morte del figlio B.A., causata dal sinistro che lo aveva visto coinvolto mentre era alla guida di un ciclomotore, impattato con l’autocarro di proprietà di C.L. e condotto da C.G.. I convenuti si costituivano eccependo preliminarmente l’incompetenza territoriale del Tribunale di Milano, e, nel merito, l’intervenuta prescrizione del diritto e comunque l’assenza di responsabilità del C., contestando altresì l’entità del risarcimento preteso. Il Giudice adito dichiarava la propria incompetenza territoriale a favore del Tribunale di Como, ove la causa veniva riassunta in termini.
Con sentenza 1266/2015, il Tribunale di Como rigettava le domande di parte attrice.
2. Le parti soccombenti proponevano appello avverso la decisione di prime cure.
Con sentenza 2373/2017, del 31 maggio 2017, la Corte territoriale milanese dichiarava l’infondatezza del gravame, confermando la motivazione del Tribunale in ordine alla riconducibilità dell’evento alla condotta, improvvisa ed imprevedibile, di B.A., che non aveva rispettato l’obbligo di dare precedenza. Per contro, nessuna responsabilità veniva ascritta al C., che aveva mantenuto una velocità conforme con le previsioni normative, in condizioni metereologiche che avevano reso difficoltosa la percezione dell’arrivo del ciclomotore.
3. Avverso tale pronuncia R.C., in proprio e quale esercente la potestà genitoriale di B.D., e B.M., propongono ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. Unipolsai Assicurazioni S.p.a. resiste con controricorso.
3.1. E’ stata depositata in cancelleria ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., e regolarmente notificata ai difensori delle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza, la proposta di inammissibilità del ricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO
che:
4. A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, reputa il Collegio, di condividere la proposta del relatore.
5.1. Con il primo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 2729 c.c., degli artt. 115,116 e 132c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; si duole della mancata ammissione delle richieste istruttorie degli attori e per avere la Corte basato il proprio convincimento sugli atti formati senza contraddittorio in sede di indagini preliminari del procedimento penale.
5.2. Con il secondo mezzo, parte ricorrente censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 111 Cost., dell’art. 2054 c.c., degli artt. 116 e 132c.p.c., dell’art. 118 disp. att. c.p.c., nonchè l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5; si duole del rilievo per cui la Corte territoriale ha superato la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., sulla base di mere supposizioni non adeguatamente motivate.
6. Il ricorso è inammissibile.
Lo è in primo luogo per violazione dell’art. 366 c.p.c., n. 6. E’ principio consolidato di questa Corte che, in tema di ricorso per cassazione, l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, oltre a richiedere l’indicazione degli atti, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi posti a fondamento del ricorso, esige che sia specificato in quale sede processuale il documento risulti prodotto; tale prescrizione va correlata all’ulteriore requisito di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per cui deve ritenersi, in particolare, soddisfatta:
a) qualora il documento sia stato prodotto nelle fasi di merito dallo stesso ricorrente e si trovi nel suo fascicolo, mediante la produzione del fascicolo, purchè nel ricorso si specifichi che questo è stato prodotto indicando altresì la sede in cui il documento è rinvenibile;
b) qualora il documento sia stato prodotto, nelle fasi di merito, dalla controparte, mediante l’indicazione che il documento è prodotto nel fascicolo del giudizio di merito di controparte, pur se cautelativamente si rivela opportuna la produzione del documento, ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, per il caso in cui la controparte non si costituisca in sede di legittimità o si costituisca senza produrre il fascicolo o lo produca senza documento;
c) qualora si tratti di documento – non prodotto nelle fasi di merito – relativo alla nullità della sentenza od all’ammissibilità del ricorso (art. 372 c.p.c.) oppure di documento attinente alla fondatezza del ricorso e formato dopo la fase di merito e comunque dopo l’esaurimento della possibilità di produrlo, mediante la produzione del documento, previa individuazione e indicazione della produzione stessa nell’ambito del ricorso (Cass. S.U. n. 7161/2010; Cass. S.U. n. 28547/2008).
Premessi tali principi, cui il collegio intende dare continuità, si rileva che, in seno al ricorso:
a) non si rinviene alcun riferimento al contenuto e al tenore della domanda;
b) non vi è cenno alcuno al contenuto delle difese avversarie e delle conseguenti contestazioni;
c) nulla si dice sul tenore della sentenza di primo grado, sui motivi di appello ed infine sulle ragioni della decisione.
Pertanto, come nel caso di specie, la mancanza di una sola delle indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 19157/12; Cass. n. 22726/11; Cass. n. 19069/2011).
Il ricorso è, in secondo luogo, e comunque (sulla base della sola lettura, senza possibilità di riscontro) inammissibile perchè la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non è dedotta nei termini indicati da Cass. n. 11892/2016 e ribadito da Cass. S.U. n. 16598/2016. I due motivi sono diretti ad ottenere una rivalutazione dei fatti di causa. Come più volte ribadito da questa Corte, la valutazione delle prove ricade nella discrezionalità del Giudice di merito, sicchè la sua motivazione è censurabile soltanto in quanto graficamente carente, ovvero affetta da vizi logico- giuridici, per vero non riscontrabili nell’iter argomentativo sviluppato dalla Corte territoriale, perfettamente coerente con gli elementi di prova acquisiti. Infatti in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (Cass. n. 11892/2016).
Le censure svolte, in quanto non intese a censurare la ratio decidendi ma a prospettare una diversa interpretazione degli accertamenti in fatto, estranea alle valutazioni rimesse al giudice della legittimità risultano inammissibili, e ciò anche a non voler tenere, comunque, nel debito conto che, nel caso in esame, la motivazione fornita dal detto giudice all’assunta decisione risulta adeguata e tutt’altro che incoerente, basata com’è su valutazioni di fatto obiettive in ordine alla valenza effettiva e logica attribuibile ai vari elementi di giudizio risultanti dagli atti e su razionali valutazioni di essi; un giudizio, dunque, effettuato nell’ambito dei poteri discrezionali del giudice del merito ed a fronte del quale, in quanto obiettivamente immune dalle censure ipotizzabili in forza dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la diversa opinione soggettiva di parte ricorrente è inidonea a determinare le conseguenze previste dalla norma stessa. Le esaminate ragioni di censura sono, dunque, inammissibili ed infondate non solo sotto il profilo ex art. 360 c.p.c., n. 3, ma anche sotto quello ex art. 360 c.p.c., n. 5. Ne discende pure l’inconsistenza della censura di violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4 i cui termini sono definiti da Cass. SS.UU. nn. 8053-8054 del 2014.
7. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
8. Infine, dal momento che il ricorso risulta notificato successivamente al termine previsto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 18, deve darsi atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla citata L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200, ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale perchè ammesso al gratuito patrocinio, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del citato art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 dicembre 2018.
Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019