Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.15846 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 26890-2018 proposto da:

G.D., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato ENNIO CERIO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO *****, in persona del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. R.G. 2309/2017 del TRIBUNALE di CAMPOBASSO, depositato il 09/08/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/04/2019 dal Consigliere Relatore Dott. VALITUTTI ANTONIO.

RILEVATO

che:

con ricorso al Tribunale di Campobasso, D.G. chiedeva il riconoscimento della protezione internazionale, denegata al medesimo dalla Commissione territoriale di Campobasso, e che, con decreto n. 1647/2018, depositato il 9 agosto 2018, l’adito Tribunale rigettava il ricorso;

per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso D.G. nei confronti del Ministero dell’interno, affidato a due motivi, e che l’intimato non ha svolto attività difensiva.

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che il Tribunale non abbia concesso al medesimo la protezione sussidiaria del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. c);

Ritenuto che:

a norma del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), la nozione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale, vada rappresentata dal ricorrente come minaccia grave e individuale alla sua vita, sia pure in rapporto alla situazione generale del paese di origine, ed il relativo accertamento costituisce apprezzamento di fatto di esclusiva competenza del giudice di merito non censurabile in sede di legittimità (Cass., 12/12/2018, n. 32064);

la proposizione del ricorso al tribunale nella materia della protezione internazionale dello straniero non si sottragga, peraltro, all’applicazione del principio di allegazione dei fatti posti a sostegno della domanda, sicchè il ricorrente ha l’onere di indicare i fatti costitutivi del diritto azionato, pena l’impossibilità per il giudice di introdurli d’ufficio nel giudizio (Cass., 28/09/2015, n. 19197; Cass., 28/06/2018, n. 17069);

Rilevato che:

nel caso concreto, il Tribunale ha accertato – mediante il ricorso a fonti internazionali aggiornate e citate espressamente nel provvedimento impugnato – la insussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in Bangladesh, Stato dal quale proviene il ricorrente, e che la narrazione dei fatti – che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio Paese – operata dall’istante circa il pericolo cui si troverebbe esposto in caso di rientro in Patria, si palesa inattendibile, trattandosi di mere questioni economiche, talchè il medesimo non ha neppure adempiuto all’onere di allegazione sul medesimo incombente;

il mezzo, peraltro, oltre che generico in quanto fondato su allegazioni di principio in ordine alla disciplina applicabile ed alla relativa interpretazione giurisprudenziale, ripropone questioni di merito;

Considerato che:

con il secondo motivo di ricorso, denunciando la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 il ricorrente si duole del fatto che il Tribunale non abbia inteso concedere al medesimo neppure la protezione umanitaria;

Ritenuto che:

ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria – secondo la disciplina previgente, applicabile ratione temporis (Cass. 4890/2019) – la attendibilità della narrazione dei fatti che hanno indotto lo straniero a lasciare il proprio paese svolga un ruolo rilevante, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito nel paese d’origine una effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, pur partendo dalla situazione oggettiva del paese d’origine, questa deve essere necessariamente correlata alla condizione personale che ha determinato la ragione della partenza, secondo le allegazioni del richiedente (Cass. 4455/2018), la cui attendibilità soltanto consente l’attivazione dei poteri officiosi;

Rilevato che:

il Tribunale ha accertato che i timori dell’istante di subire una violazione dei diritti umani in caso di ritorno in Patria non sussistono, come risulta dagli accertamenti espletati;

il giudice di merito ha, invero, accertato – comparando la situazione dello straniero nel Paese di accoglienza ed in quello di provenienza che l’istante non andrebbe incontro, in caso di ritorno in Patria, ad una sicura violazione dei diritti umani (Cass., 23/02/2018, n. 4455), mentre il ricorrente ha inammissibilmente proposto in questa sede una ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata dal Tribunale, e comunque sulla base di argomenti del tutto astratti e generici, inidonei ad inficiare il giudizio di fatto operato dal giudice di merito;

Ritenuto che:

per tutte le ragioni esposte, il ricorso debba essere, pertanto, dichiarato inammissibile, senza alcuna statuizione sulle spese, attesa la mancata costituzione dell’intimato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 9 aprile 2019.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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