Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.15854 del 12/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. MARCHES BESSO Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22027-2017 proposto da:

D.S.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIACOMO BONI 15, presso lo studio dell’avvocato ELENA SAMBATARO, rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE MILITELLO;

– ricorrente –

contro

F.C., in proprio e nella qualità di erede di M.C., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PRATI FISCALI 321, presso lo studio dell’avvocato DARIO NASINI, rappresentata e difesa dagli avvocati MARIO SALADINO, GIUSEPPE GENNARO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 929/2017 della CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 19/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 27/09/2018 dal Consigliere Dott. Raffaele Sabato.

RILEVATO

che:

1. M.C. e F.C. hanno convenuto S.G. innanzi al tribunale di Termini Imerese – sezione distaccata di Corleone – lamentando aver quest’ultimo, nell’effettuare la ricostruzione di proprio fabbricato in *****, occupato lo spazio riservato al giunto di oscillazione in violazione delle norme antisismiche, causando vistose incrinature al loro adiacente fabbricato che ne era risultato ammalorato.

2. In riforma della sentenza del tribunale, la corte d’appello di Palermo con sentenza depositata il 19/05/2017 ha accolto l’impugnazione degli originari attori e, constatato in base a supplemento di c.t.u. che, pur essendo il telaio opportunamente distanziato, il tompagno della nuova costruzione occupava lo spazio del giunto tecnico che andava ripristinato per assicurare l’adeguatezza sismica, ha condannato il signor Di Sclafani alla demolizione della muratura posta nell’intercapedine e alla ricostruzione in allineamento al telaio.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione D.S.G. su tre motivi. Ha resistito con controricorso F.C., anche quale erede di M.C..

4. Su proposta del relatore, il quale ha ritenuto che il ricorso potesse essere dichiarato manifestamente infondato, con la conseguente definibilità nelle forme dell’art. 380-bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

5. La parte ricorrente ha fatto pervenire memoria per posta, giunta in cancelleria il 24/09/2018.

6. Nell’adunanza camerale il collegio ha come segue condiviso la proposta del relatore.

Considerato che:

1. In via preliminare deve ritenersi inammissibile la memoria ex art. 380 bis c.p.c., depositata, come sopra esposto, nell’interesse del ricorrente oltre il termine fissato da detta norma.

2. Con il primo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè artt. 113,115 e 116 c.p.c. Svolgendosi considerazioni circa la natura comune o esclusiva del muro, nonchè il sussistere o non sussistere di innesto, si sostiene avere la c.t.u. desunto l’occupazione dello spazio riservato al giunto tecnico solo dallo stato di fatto e dal rilievo fotografico, senza disporre esperimenti, per cui si nega il fatto accertato posto a base dell’impugnata sentenza.

3. Con il secondo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè artt. 101 e 112 c.p.c. Si lamenta che, non avendo il ricorrente abbattuto il muro e non avendo innestato su esso la propria costruzione, le costruzioni siano indipendenti per cui la corte territoriale avrebbe condannato erroneamente al ripristino del giunto di dilatazione, senza “esplicita domanda”.

4. Con il terzo motivo si deduce nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, nonchè artt. 115 e 116 c.p.c., oltre che motivazione apparente. Si assume che le due costruzioni siano contigue, ma non unite, per cui le stesse sarebbero tali da avere una libera e indipendente oscillazione, secondo il dettato della L. n. 1864 del 1962, art. 9.

5. I tre motivi sono strettamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente. Essi sono in parte inammissibili e in parte infondati.

5.1. Con il loro nucleo fondamentale i mezzi di impugnazione da un lato negano il sussistere dell’occupazione dello spazio intermedio tra i due fabbricati riservato a giunto di oscillazione ai sensi della disciplina antisismica, dall’altro affermano essere gli edifici strutturalmente indipendenti (e – dovrebbe ritenersi – anche non interferenti in caso di stato sismico, con distacco tra gli stessi).

5.2. In tale parte, i motivi inammissibilmente sottopongono alla corte di cassazione, sotto la veste di censure per violazione di legge e di motivazione apparente (censura questa ex art. 132 c.p.c., oggi affiancata dalla giurisprudenza all’omesso esame di cui al novellato nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 – cfr. Cass. sez. U., 07/04/2014 n. 8053; Cass. n. 08/10/2014 n. 21257 e 06/07/2015n. 13928), rilievi di merito in ordine a circostanze (essere gli edifici, benchè strutturalmente indipendenti, contigui tra loro in modo da essere necessario il giunto di oscillazione, il cui spazio risulta occupato da muratura di tompagno) valutate nella sentenza impugnata e riservate all’apprezzamento della corte territoriale, senza che ne sia possibile il riesame in sede di legittimità.

5.3. In altra parte, i motivi di censura propongono rilievi infondati, in particolare: – sussistendo piena corrispondenza tra la pronuncia della corte d’appello e l’originaria doglianza (peraltro riportata anche nel ricorso per cassazione) fondata sull’esigenza di ripristino del giunto di oscillazione; – sussistendo una motivazione della sentenza pienamente congrua rispetto alle questioni sollevate.

6. In definitiva il ricorso va rigettato, regolandosi le spese secondo soccombenza e secondo la liquidazione di cui al dispositivo; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, va dato atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

P.Q.M.

la corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione a favore della controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200 per esborsi ed Euro 3000 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto del sussistere dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13 cit., comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 27 settembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 giugno 2019

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