Corte di Cassazione, sez. II Civile, Ordinanza n.16056 del 14/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CORRENTI Vincenzo – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. CASADONTE Anna Maria – rel. Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5921-2016 proposto da:

F.P., elettivamente domiciliato in Roma, Via Asiago 8, presso lo studio dell’avvocato Guido Alfonsi, rappresentato e difeso dall’avvocato Alessandro De Paulis;

– ricorrente –

contro

G.L., elettivamente domiciliato in Roma, Via E Manfredi 17, presso lo studio dell’avvocato Francesca Terribile, rappresentato e difeso dall’avvocato Adriano Cassini;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 25/2016 della Corte d’appello di L’Aquila, depositata il 05/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/10/2018 dal Consigliere Annamaria Casadonte.

RILEVATO

che:

– il presente giudizio trae origine dalla domanda di restituzione di varie somme proposta da G.L. nei confronti di F.P. e, in subordine, di pagamento delle medesime a titolo di ingiustificato arricchimento;

– l’attrice sosteneva di avere contribuito durante il periodo in cui era stata sentimentalmente legata al F. alla ristrutturazione dell’abitazione e del bar del compagno nonchè di avere realizzato a proprie spese un capannone prefabbricato sul terreno di cui F. vantava la proprietà (così come poi definitivamente accertato nel separato giudizio introdotto dal F. con citazione notificata nel 2001);

– l’adito Tribunale di Teramo rigettava le domande non ritenendole provate nei rispettivi fatti costitutivi e la G. proponeva appello, conclusosi con la sentenza n. 25 pubblicata il 5/1/2016 della Corte d’appello dell’Aquila che, in parziale accoglimento dell’impugnazione, condannava il convenuto F. al pagamento di Euro 158.140, oltre rivalutazione monetaria ed interessi ai sensi dell’art. 1150 c.c., comma 3;

– il giudice del gravame, in particolare, respingeva i motivi d’appello riguardanti la domanda di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c., in relazione alle somme asseritamente ricevute dal F. per la ristrutturazione dell’abitazione e del bar, confermando per esse la conclusione di carenza di prova;

– la corte aquilana escludeva di poter valorizzare il principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. in ragione della genericità delle relative domande, a causa della quale il convenuto era sollevato dall’onere di una puntuale contestazione;

– riteneva, viceversa, provato, in relazione all’art. 1150 c.c., il diritto dell’appellante, quale possessore in buona fede del terreno al momento in cui erano stati realizzati il capannone ed il prefabbricato, alla restituzione di quanto speso per i miglioramenti apportati al fondo secondo i criteri cui all’art. 1150 c.c., comma 3;

– la cassazione della sentenza d’appello è chiesta da F.P. con ricorso notificato il 7/3/2016 ed articolato sulla base di tre motivi, cui resiste G.L. con controricorso.

CONSIDERATO

che:

-con il primo motivo il ricorrente deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio contestando in particolare la valutazione delle prove (concessione edilizia, contratto d’appalto e direzione lavori) del pagamento dei lavori di costruzione del capannone fatta dalla corte d’appello a fronte dei testi escussi;

– il motivo è inammissibile perchè insuperabilmente generico;

– il motivo, infatti, non è stato formulato secondo le prescrizioni di cui all’art. 366, n. 4 (cioè l’indicazione delle norme di diritto su cui si fonda) e n. 6 (ovvero la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali si fonda) c.p.c. e pertanto è destinato ad essere del tutto disatteso;

– con il secondo motivo si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 1150 c.c. e la contraddittorietà della sentenza d’appello in relazione alle spese riconosciute come provenienti dalla parte attrice sulla sola base delle fatture e dei preventivi alla stessa intestati;

– la censura appare infondata perchè non contesta l’interpretazione della norma applicata bensì il merito della decisione, cioè l’apprezzamento di fatto delle risultanze probatorie, insindacabile in questa sede al di fuori dei limiti ammessi dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (cfr. Cass. S.U. 8053/2014);

– con il terzo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 1150 c.c., comma 3 in relazione alla decisione di ritenere, in applicazione del criterio normativo previsto nella disposizione in esame, che la minor somma tra lo speso ed il migliorato fosse costituito dalle spese riconosciute pur in assenza di adeguata valutazione del valore dell’edificio realizzato ed in assenza di una specifica consulenza tecnica d’ufficio;

– il motivo è infondato poichè la corte d’appello ha ritenuto, sulla base di un condivisibile criterio (cfr. Cass. 8491/1987) costituito dalla estensione degli annessi realizzati (rispettivamente di 599 mq e di 800 mq) che l’importo delle spese comprovate (Euro 158.140,00) era certamente inferiore al presumibile incremento di valore del terreno determinando sulla base di questa valutazione l’indennità dovuta ex art. 1150 c.c., comma 3;

– l’esito sfavorevole di tutti i motivi comporta necessariamente il rigetto del ricorso e, in applicazione del principio di soccombenza, la condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore di parte controricorrente e liquidate come in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore della controricorrente e liquidate in Euro 5600,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre 15% per rimborso spese generali ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 11 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2019

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