LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNA Felice – Presidente –
Dott. BELLINI Ubaldo – rel. Consigliere –
Dott. BERTUZZI Mario – Consigliere –
Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 14458/2015 proposto dalla:
ERETTA 2 s.r.l., in persona del legale rappresentante M.F., rappresentata e difesa dall’Avvocato PATRIZIA MICAI ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in FERRARA, BORGO dei LEONI 35;
– ricorrente –
contro
GENERAL EDILIZIA s.r.l., in persona del legale rappresentante e Presidente del Consiglio di amministrazione D.M., rappresentata e difesa dall’Avvocato PAOLO PINCELLI ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Placidi, in ROMA, VIA COSSERIA 2;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1270/2014 del TRIBUNALE di FERRARA, depositata l’11.11.2014;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 6/03/2019 dal Consigliere Dott. UBALDO BELLINI.
FATTI DI CAUSA
Con Decreto Ingiuntivo n. 96 del 2011, emesso su richiesta della GENERAL EDILIZIA s.r.l., il Giudice di Pace di Mirandola (MO) ingiungeva alla ERETTA 2 s.r.l. il pagamento della somma di Euro 4.616,56, portata dalla fattura n. *****, a saldo di lavori commissionati, come da contratto di appalto sottoscritto tra le parti.
Proponeva opposizione la Eretta 2 s.r.l., eccependo l’incompetenza territoriale del Giudice di Pace adito essendo competente quello di Ferrara; e contestando nel merito quanto richiesto dall’attrice.
Il Giudice di Pace di Mirandola accoglieva l’eccezione, e revocava il decreto ingiuntivo opposto.
La General Edilizia s.r.l. riassumeva la causa avanti al Giudice competente. Si costituiva la Eretta 2 s.r.l. contestando la domanda attrice.
Con sentenza n. 881/2013, depositata il 24.10.2013, il Giudice di Pace di Ferrara accoglieva la domanda, condannando la convenuta al pagamento della somma di Euro 4.616,56, di cui alla fattura n. 57/2010, oltre interessi decorrenti dalla scadenza della fattura al saldo effettivo, ed al rimborso delle spese di lite. In particolare, il Giudice di Pace riteneva provata la domanda attrice, mentre non provata dalla convenuta l’eccezione di inadempimento contrattuale.
Contro tale sentenza proponeva appello la Eretta 2 s.r.l., chiedendo, in via preliminare, di sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata; in via istruttoria, di revocare l’ordinanza ammissiva delle prove orali, nella parte in cui rigettava le richieste istruttorie dalla medesima formulate; nel merito rigettare la domanda attrice.
Si costituiva la General Edilizia s.r.l. chiedendo il rigetto dell’appello con la conferma della sentenza impugnata.
Con sentenza n. 1270/2014, depositata in data 11.11.2014, il Tribunale di Ferrara rigettava l’appello confermando la sentenza di primo grado e condannando l’appellante alle spese di lite del grado di appello.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la Eretta 2 s.r.l. sulla base di due motivi; resiste la General Edilizia s.r.l. con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. – Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la “Violazione o falsa applicazione di norma di diritto, in particolare degli artt. 1218,1460,1665 e 2697 c.c., nonchè dell’art. 115 c.p.c., in ordine alla soccombenza di Eretta 2 s.r.l. per non aver dato prova dei fatti sottesi all’eccezione di inadempimento dalla stessa sollevata”, in quanto il debitore convenuto per l’adempimento che si avvalga dell’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 c.c., per paralizzare la pretesa dell’attore, può limitarsi ad allegare l’altrui inadempimento, mentre il creditore, al fine di neutralizzare l’eccezione, ha l’onere di provare il proprio adempimento. Nella fattispecie, dunque, a fronte della eccezione di inesatto adempimento proposta da Eretta 2, sarebbe stato onere della General Edilizia fornire la prova della completa realizzazione delle opere a regola d’arte.
1.2. – Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 75 c.p.c., comma 3, artt. 100 e 125 c.p.c., in relazione agli artt. 2475 c.c. e segg. e conseguente nullità della sentenza impugnata per mancanza di valida procura alle liti”, giacchè, dall’esame della visura camerale storica della General Edilizia si evince che, con atto del 30.9.2014, il potere di rappresentanza della società fosse in capo al socio e Presidente del Consiglio di Amministrazione D.M. e non in capo a D.F., come invece risulta dalla procura rilasciata all’avv. Pincelli a margine della comparsa di costituzione in appello dell’1.10.2014. La procura è, quindi, da ritenesi invalida per carenza assoluta di legittimazione processuale della parte, priva dei poteri di rappresentanza sostanziale e processuale.
2. – Per pregiudiziali ragioni logico-giuridiche, va anteposto lo scrutinio del secondo motivo, che non è fondato.
2.1. – In tema di rappresentanza processuale, il potere rappresentativo, con la correlativa facoltà di nomina dei difensori e conferimento di procura alla lite, può essere riconosciuto soltanto a colui che sia investito di potere rappresentativo di natura sostanziale in ordine al rapporto dedotto in giudizio; sicchè, in difetto, è esclusa la legittimatio ad processum del rappresentante e il relativo accertamento – attenendo alla verifica della regolare costituzione del rapporto processuale può essere effettuato anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello di legittimità (Cass. n. 16274 del 2015; conf. Cass. n. 21803 del 2016; Cass. n. 13550 del 2003).
Tuttavia, costituisce principio consolidato che il difetto di legittimazione processuale della persona fisica, che agisca in giudizio in rappresentanza di un ente, può essere sanato in qualunque stato e grado del giudizio, con efficacia retroattiva e con riferimento a tutti gli atti processuali già compiuti, per effetto della costituzione in giudizio del soggetto dotato della effettiva rappresentanza dell’ente stesso, il quale manifesti la volontà, anche tacita, di ratificare la precedente condotta difensiva del falsus procurator, specificandosi che tanto la ratifica, quanto la conseguente sanatoria, devono ritenersi ammissibili anche in relazione ad eventuali vizi inficianti la procura originariamente conferita al difensore da soggetto non abilitato a rappresentare la società in giudizio, trattandosi di atto soltanto inefficace e non anche invalido per vizi formali o sostanziali, attinenti a violazioni degli artt. 83 e 125 c.p.c. (Cass. n. 11743 del 2012; conf. Cass. sez. un. 9217 del 2010; Cass. n. 23670 del 2008).
Ciò significa che, qualora il giudice del merito non abbia doverosamente concesso il termine di cui all’art. 182 c.p.c. (nella specie, nel testo applicabile ratione temporis, posteriore alle modifiche introdotte dalla L. n. 69 del 2009), in quanto mai investito della eccezione, la parte può provvedere da sè a mettersi in regola, sanando con efficacia retroattiva il vizio della procura con la costituzione in giudizio, in ogni stato e grado del giudizio, del soggetto dotato dell’effettiva rappresentanza, senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali (Cass. n. 15156 del 2017; conf. Cass. n. 26948 del 2017; Cass. n. 27481 del 2018).
Correttamente dunque, nella specie, si è costituita in giudizio la General Edilizia s.r.l. a mezzo del suo legale rappresentante e Presidente del consiglio di amministrazione D.M., il quale, nella procura speciale conferita per il presente giudizio, ha peraltro espressamente dichiarato di fare proprie della società che rappresenta tutte le deduzioni, eccezioni e in particolar modo richieste contenute nella comparsa di costituzione e risposta dell’1.10.2014, depositata nell’ambito del procedimento civile d’appello n. 1586/2014 R.G. innanzi al Tribunale di Ferrara, “ratificando espressamente fin d’ora, e con effetto retroattivo, ogni richiesta, azione e/o diritto azionati nell’ambito del suddetto procedimento nonchè la condotta difensiva del sottoscrittore il mandato apposto a margine della suddetta comparsa di costituzione e risposta” (v. procura speciale, in data 10.6.2015, in calce al controricorso).
3. – Anche il primo motivo non è fondato.
3.1. – E’ noto che l’emissione del decreto ingiuntivo non determina alcuna inversione nella posizione delle parti, configurandosi la successiva fase di opposizione come un ordinario giudizio di cognizione, nell’ambito del quale trovano applicazione le consuete regole di ripartizione dell’onere della prova; con la conseguenza che l’opposto, pur assumendo formalmente la posizione di convenuto, riveste la qualità di attore in senso sostanziale, esprime una domanda di condanna da valutarsi anche in caso di revoca del provvedimento monitorio per motivi formali (Cass. n. 5754 del 2009; Cass. n. 15339 del 2000) ed è tenuto a fornire la piena prova del credito azionato nella fase a cognizione sommaria (Cass. n. 14640 del 2018; cfr. tra molte, Cass. n. 21466 del 2013; Cass. n. 5915 del 2011; Cass. n. 5071 del 2009; Cass. n. 17371 del 2003).
Peraltro, in base al principio consolidato di questa Corte, in tema di ripartizione dell’onere probatorio tra il soggetto attivo ed il soggetto passivo del rapporto obbligatorio, il debitore convenuto che si avvalga dell’eccezione di inadempimento, ai sensi dell’art. 1460 c.c., può limitarsi ad allegare l’altrui inadempimento, mentre il creditore agente dovrà dimostrare il proprio adempimento; e ciò anche nel caso in cui sia eccepito non l’inadempimento dell’obbligazione ma il suo inesatto adempimento, essendo sufficiente che il creditore istante alleghi l’inesattezza dell’adempimento e gravando ancora una volta sul debitore l’onere di dimostrare l’avvenuto esatto adempimento (Cass. n. 8736 del 2014; Cass. n. 15659 del 2011; Cass. n. 1743 del 2007; Cass. n. 9351 del 2007).
3.2. – Il giudice d’appello, a fronte dell’assunto della appellante secondo la quale le opere non erano state portate a termine dall’appellata, ha affermato (conformemente a quanto già osservato dal giudice di primo grado, che aveva rilevato il comportamento omissivo della opponente nel supportare l’eccezione di inesatto adempimento) la genericità della stessa eccezione, giacchè Eretta 2 s.r.l. non aveva indicato in alcun modo quali fossero le imputate mancanze e tanto meno aveva inteso precisare, a fronte di un corrispettivo corrisposto a misura, quale fosse dunque il credito dell’appaltatore per le opere effettivamente eseguite. Per cui, secondo il Tribunale, “in difetto di una precisa contestazione – che, come si diceva, negli atti difensivi di Eretta 2 s.r.l., introduttivi della causa di primo grado, è totalmente assente – General Edilizia è esonerata dall’onere di provare l’esattezza quantitativa della prestazione di cui ha fatturato il corrispettivo pecuniario” richiesto in sede monitoria con la fattura de qua (sentenza impugnata,pag. 3). Ciò in quanto, “nessun documento dimostra che, prima del ricorso per decreto ingiutivo, l’appaltante si fosse lamentata con l’appaltatore della non corrispondenza tra le lavorazioni obiettivamente eseguite e quanto esposto nel documento fiscale” (sentenza impugnata, pag. 4); e “similmente la doglianza circa la presenza di vizi nelle opere è eccessivamente generica, considerato che l’appellante ha totalmente omesso di riferire in cosa essi consisterebbero” (sentenza impugnata, pag. 5, in cui il Tribunale rileva, altresì, che nell’atto di citazione in opposizione, nella comparsa di costituzione nel giudizio riassunto e nella memoria autorizzata l’appellante si fosse limitato a riportare che s’era fatta “espressa riserva d’azione in separato giudizio per tutti i danni patiti per i vizi ed i difetti dell’opera”.
3.3. – Dalle argomentazioni della sentenza impugnata, dunque, non si trae alcuna violazione dell’onere della prova in capo alle parti, di cui viene riaffermata la rispettiva spettanza secondo i richiamati principi, relativamente ai quali viene rilevata la mancanza assoluta di qualsiasi allegazione degli asseriti contestati difetti, e quindi l’apoditticità della mera affermazione, da parte della ricorrente, della loro esistenza, a detrimento della valenza e della operatività della eccezione di inesatto adempimento, inidoneamente così proposta.
4. – Il ricorso va, pertanto, rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo in favore di parte controricorrente. Va emessa altresì la dichiarazione di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.
PQM
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite in favore della controricorrrente che liquida in complessivi Euro 1.600,00 di cui Euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre al rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 6 marzo 2019.
Depositato in Cancelleria il 14 giugno 2019
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