Corte di Cassazione, sez. III Civile, Sentenza n.17040 del 26/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – rel. Consigliere –

Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –

Dott. GIANNITI Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20329/2017 proposto da:

F.T., B.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DARDANELLI 46, presso lo studio dell’avvocato MARINA PETROLO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato EMILIO NEGRO giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

HELVETIA COMPAGNIA SVIZZERA D’ASSICURAZIONI SA in persona del Procuratore Dott. C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO 440, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO TASSONI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO MESSORI giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

e contro

L.M., E.E., VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, TECNOFORM SPA;

– intimati –

nonchè da:

HELVETIA ASSICURAZIONI in persona del Procuratore Dott. C.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRISTOFORO COLOMBO 440, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO TASSONI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato CARLO MESSORI giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

F.T., B.M., VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, L.M., TECNOFORM SPA;

– intimati –

nonchè da:

VITTORIA ASSICURAZIONI SPA, in persona del Direttore Centrale Tecnico, suo Procuratore Speciale Dott. N.P., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA PRATI DEGLI STROZZI 32, presso lo studio dell’avvocato MAURIZIO LANIGRA, rappresentata e difesa dall’avvocato ALESSANDRO RONCAGLIA giusta procura speciale in calce al controricorso e ricorso incidentale;

– ricorrente incidentale –

contro

TECNOFORM SPA, E.E., L.M., HELVETIA ASSICURAZIONI, B.M., F.T.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 212/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA, depositata il 25/01/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2019 dal Consigliere Dott. ENRICO SCODITTI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale, inammissibilità del ricorso incidentale Vittoria, accoglimento dell’incidentale Helvetia;

udito l’Avvocato EMILIO NEGRO;

udito l’Avvocato FRANCESCO TASSONI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO RONCAGLIA.

FATTI DI CAUSA

1. F.T. e B.M. convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Modena con atto di citazione notificato il 7 febbraio 2005 L.M. e E.E., nonchè Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazioni SA, chiedendo il risarcimento del danno, nella misura di Euro 1.445.841,64 in aggiunta alla somma di Euro 550.000,00 già corrisposta dall’impresa assicuratrice, cagionato dal sinistro stradale di cui era stato responsabile E.G., deceduto nell’occasione. Si costituirono le parti convenute chiedendo il rigetto della domanda. In particolare L.M., costituitasi per sè e per la figlia minore, propose domanda riconvenzionale, chiamando in causa Vittoria Assicurazioni s.p.a.. Fu disposta la riunione del giudizio promosso da Tecnoform s.p.a. nei confronti dei medesimi convenuti per il danno subito a causa del dipendente F.T..

2. Il Tribunale adito accolse la domanda principale, condannando i convenuti in solido al pagamento in favore di F.T., B.M. e Tecnoform s.p.a. della somma rispettivamente di Euro 1.641.187,48, Euro 74.132,64 e Euro 87.935,12 oltre interessi.

3. Avverso detta sentenza proposero appello principale Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazioni SA ed incidentali L.M. e E.E., nonchè F.T. e B.M., questi ultimi relativamente al capo sulle spese.

4. Con sentenza di data 25 gennaio 2017 la Corte d’appello di Bologna, in parziale accoglimento dell’appello principale e di quello incidentale, assorbito l’appello proposto da F.T. e B.M., previa declaratoria di responsabilità nella misura del 50% di ciascuna delle parti, dichiarò che la somma versata da Helvetia in favore di F.T. e di Tecnoform s.p.a. era esaustiva del danno, liquidò la somma spettante in favore di B.M. nella misura di Euro 37.066,32, condannò F.T. e Vittoria Assicurazioni s.p.a. al pagamento in favore di L.M. della somma di Euro 125.000,00 ed in favore di E.E. di Euro 175.000,00 oltre interessi e dispose la compensazione delle spese del doppio grado, tenuto conto dell’accertamento del paritario concorso di colpa a carico dei due conducenti e della corrispondente riduzione delle somme liquidate.

Osservò la corte territoriale che alla ricostruzione del Tribunale, secondo cui, dati i danni riportati dai veicoli (nella parte frontale destra dell’auto condotta dall’ E. e nell’angolo anteriore sinistro della vettura condotta dal F.), il sinistro era stato causato dallo sbandamento per effetto del ghiaccio presente sulla strada della vettura condotta dall’ E. con invasione della corsia del veicolo antagonista, poteva opporsi con identico grado di probabilità la diversa ricostruzione secondo cui le quattro tracce di scarrocciamento impresse sulla strada nella corsia di pertinenza dell’ E. inducevano a ritenere che a causa del ghiaccio presente su tutta la strada era stata la vettura del F. a sbandare e ad invadere la corsia opposta. Precisò che dalle risultanze poteva desumersi che gli urti erano stati più d’uno, con conseguente impossibilità di stabilire se l’impatto fra la parte frontale destra dell’auto condotta dall’ E. e l’angolo anteriore sinistro della vettura condotta dal F. fosse stato il primo, sicchè assolutamente incerta era la dinamica del sinistro, con conseguente impossibilità di ritenere superata la presunzione di pari responsabilità. Aggiunse che, anche ipotizzando che l’ E. avesse sbandato, non era stata raggiunta la prova che il F. avesse saputo fronteggiare la irregolare manovra del conducente antagonista, tanto più che la distanza fra la fine della semicurva destrosa all’uscita della quale l’ E. avrebbe potuto sbandare e il punto di impatto era di circa ottanta metri per cui il F. sarebbe stato in grado di avvistare tempestivamente la vettura e di fronteggiare diversamente la situazione.

Passando all’esame del quantum, premesso che le parti appellanti avevano chiesto dichiararsi che nulla era dovuto al F., sicchè da disattendere era l’eccezione per la quale l’accoglimento dei motivi di appello avrebbe determinato il vizio di ultrapetizione, osservò la corte territoriale, per quanto qui rileva, quanto segue: non poteva essere riconosciuto in favore del F. il risarcimento del danno patrimoniale subito dalla moglie B.M. per la distruzione della vettura di proprietà di quest’ultima e per la perdita della retribuzione nel periodo di aspettativa della stessa B.; non poteva riconoscersi il danno patrimoniale lamentato dal F. per anticipata cessazione del rapporto di lavoro dovendosi ritenere, alla luce delle risultanze della CTU (con accertamento della riduzione della capacità di lavoro specifica nella misura del 50%), prevalenti sulle deposizioni dei testimoni, che l’anticipato pensionamento avesse rappresentato il risultato di una scelta del F. e non la conseguenza necessaria delle lesioni riportate; il danno non patrimoniale da lesione dell’integrità psico-fisica, liquidato dal Tribunale sulla base delle Tabelle milanesi nell’importo complessivo di Euro 552.925,26, teneva conto di tutte le componenti non patrimoniali (biologico, morale ed esistenziale), ivi compresi Euro 72.120,71 a titolo di danno morale, sicchè costituiva inammissibile duplicazione l’ulteriore liquidazione di Euro 200.000,00 quale danno esistenziale.

Aggiunse infine che era da disattendere l’eccezione di improponibilità della domanda sollevata da Vittoria Assicurazioni per mancata produzione della cartolina di ricevimento della raccomandata ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22, alla luce della copia della raccomandata e dell’avviso di spedizione prodotti in primo grado e mai contestati dalla società assicuratrice la quale, solo in sede di replica alla comparsa conclusionale di primo grado, aveva eccepito la mancata produzione della cartolina, ma mai aveva contestato di avere effettivamente ricevuto la richiesta risarcitoria tramite la raccomandata prodotta, e che la produzione in appello della cartolina di ricevimento non poteva ritenersi tardiva, semmai addirittura superflua concernendo un fatto non contestato.

5. Hanno proposto ricorso per cassazione F.T. e B.M. sulla base di otto motivi. Resiste con controricorso Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazioni SA, che ha proposto anche ricorso incidentale sulla base di un motivo. Resiste pure con controricorso Vittoria Assicurazioni s.p.a., che ha proposto ricorso incidentale sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso, avverso quest’ultimo ricorso incidentale, Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazioni SA. E’ stata depositata memoria di parte.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Muovendo dal ricorso principale proposto da F.T. e B.M., con il primo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2043,2050,2697 e 2700 c.c., artt. 140,141 e 143 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 112,115,116,191,61 c.p.c., e segg., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Osservano i ricorrenti che, mentre il giudice di primo grado aveva acquisito certezza circa la dinamica del sinistro senza disporre CTU cinematica, la Corte d’appello ha omesso di esaminare fatti decisivi per il giudizio, e cioè il sicuro andamento rotatorio antiorario della vettura condotta dall’ E. dopo la collisione comprovato dal fatto che i due passeggeri fossero stati sbalzati fuori dall’auto attraverso il vetro esploso della portiera anteriore (con il decesso del conducente), circostanza che avrebbe dovuto per un verso condurre al superamento della presunzione di pari responsabilità, per l’altro, persistendo il dubbio, a dare ingresso alla CTU cinematica, che avrebbe dovuto spiegare la dinamica del sinistro. Aggiungono che il giudice di appello ha omesso di motivare sulle ragioni per le quali si è discostato dalle conclusioni cui erano pervenuti gli agenti accertatori, come risultanti dal rapporto e dalle testimonianze, e sulle ragioni per le quali non ha disposto CTU e che nel rapporto d’incidente, facente piena prova quale atto pubblico fino a querela di falso, si legge che doveva presumersi che il veicolo condotto dall’ E. al momento dell’impatto fosse orientato verso il centro-strada e che avesse perso il controllo sbandando verso sinistra. Osservano inoltre che il testimone, a chiarimento del rapporto, ha dichiarato che ad essere ghiacciato era il tratto di strada che percorreva l’ E., mentre il F. doveva ancora percorrerlo e che la decisione impugnata, affermando che la presenza di ghiaccio riguardasse anche il tratto di strada percorso dal F., ha affermato un fatto contrastante con le risultanze di atto pubblico. Concludono nel senso che la corte territoriale non ha dato seguito alla CTU cinematica in violazione dei doverosi poteri d’uffici.

1.1 I motivi, da trattare unitariamente in quanto formulati in modo unitario, sono inammissibili. La decisione, in punto di riconoscimento della pari responsabilità ai sensi dell’art. 2054 c.c., comma 2, è retta da una triplice ratio decidendi, trattandosi di singole rationes idonee a sostenere in modo autonomo la decisione: a) all’argomento basato sulla localizzazione dei danni riportati dal veicolo si poteva opporre con identico grado di probabilità quello delle quattro tracce di scarrocciamento impresse sulla strada nella corsia di pertinenza dell’ E. che inducevano a ritenere che a causa del ghiaccio presente su tutta la strada era stata la vettura del F. a sbandare e ad invadere la corsia opposta; b) dalle risultanze poteva desumersi che gli urti erano stati più d’uno, con conseguente impossibilità di stabilire se l’impatto fra la parte frontale destra dell’auto condotta dall’ E. e l’angolo anteriore sinistro della vettura condotta dal F. fosse stato il primo; c) anche ipotizzando che l’ E. avesse sbandato, non era stata raggiunta la prova che il F. avesse saputo fronteggiare la irregolare manovra del conducente antagonista, tanto più che la distanza fra la fine della semicurva destrosa all’uscita della quale l’ E. avrebbe potuto sbandare e il punto di impatto era di circa ottanta metri per cui il F. sarebbe stato in grado di avvistare tempestivamente la vettura e di fronteggiare diversamente la situazione.

I ricorrenti hanno impugnato le prime due rationes, con gli argomenti (la prima) della presenza di ghiaccio solo sulla parte di strada percorsa dall’ E. e (la seconda) dell’andamento rotatorio antiorario della vettura condotta dall’ E. dopo la collisione. Non è stata però impugnata la terza ratio decidendi, idonea a sostenere la conclusione in termini di presunzione di pari responsabilità. Le censure sono quindi prive di decisività. A tale motivo di inammissibilità delle censure se ne aggiungono altri.

1.1.2. Con riferimento al sicuro andamento rotatorio antiorario della vettura condotta dall’ E. dopo la collisione, che sarebbe stato comprovato dal fatto che i passeggeri sarebbero stati sbalzati fuori dall’auto attraverso il vetro esploso della portiera anteriore, i ricorrenti non precisano se si sia trattato di una circostanza di fatto o di una valutazione, potendosi solo nel primo caso ipotizzare il vizio motivazionale. Assumendo che di circostanza di fatto si tratti, va rammentato che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. Sez. U. 7 aprile 2014, n. 8053). Tali oneri processuali non sono stati assolti in quanto i ricorrenti non hanno specificato il “dato”, testuale o extratestuale, da cui il fatto risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale, nè hanno indicato in modo preciso ed univoco le ragioni di decisività della circostanza.

1.1.3. Quanto alla valutazione delle risultanze istruttorie, va rammentato che spetta in via esclusiva al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonchè la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante ovvero ad enunciare specificamente che la controversia può essere decisa senza necessità di ulteriori acquisizioni (fra le tante Cass. 13 giugno 2014, n. 13485).

Inoltre il giudizio sulla necessità ed utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, la cui decisione è incensurabile nel giudizio di legittimità (fra le tante da ultimo, Cass. 23 marzo 2017, n. 7472), fermi i limiti del vizio motivazionale, nei termini sopra evidenziati, e della motivazione inesistente, limiti nella specie non ricorrenti poichè la censura attiene al profilo strettamente valutativo delle risultanze processuali. Come è noto, la consulenza tecnica d’ufficio non è mezzo istruttorio in senso proprio, avendo la finalità di coadiuvare il giudice nella valutazione di elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che necessitino di specifiche conoscenze. Ne consegue che il suddetto mezzo di indagine non può essere utilizzato al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume, ed è quindi legittimamente negata qualora la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni o offerte di prova, ovvero di compiere un’indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati (fra le tante da ultimo Cass. 15 dicembre 2017, n. 30218).

1.1.4. Da ultimo, il rapporto di polizia fa piena prova, fino a querela di falso, solo delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesti come avvenuti in sua presenza, mentre, per quanto riguarda le altre circostanze di fatto che egli segnali di avere accertato nel corso dell’indagine, per averle apprese da terzi o in seguito ad altri accertamenti, il verbale, per la sua natura di atto pubblico, ha pur sempre un’attendibilità intrinseca che può essere infirmata da una specifica prova contraria (fra le tante Cass. 6 ottobre 2016, n. 20025). Il rapporto viene richiamato nel motivo di censura non con riferimento all’attestazione di fatti avvenuti in presenza del pubblico ufficiale, ma circa la valutazione secondo cui doveva presumersi che il veicolo condotto dall’ E. al momento dell’impatto fosse orientato verso il centro strada e che avesse perso il controllo sbandando verso sinistra. Per tale parte l’atto è sottoposto all’apprezzamento da parte del giudice di merito come qualsiasi prova ad efficacia non legale.

La circostanza poi della presenza di ghiaccio anche sul tratto di strada percorso dal F. è riportata nel motivo nei termini di una dichiarazione testimoniale, mentre non c’è trascrizione, o comunque specifica indicazione, di un eventuale processo verbale o rapporto di polizia che rechi la circostanza. Vige pertanto anche in relazione a tale circostanza il prudente apprezzamento del giudice nella valutazione delle prove di cui all’art. 116 c.p.c., comma 1.

2. Con il terzo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osservano i ricorrenti che la decisione, nella parte in cui ha azzerato la voce di danno patrimoniale da cessazione del rapporto di lavoro ed eliminato le voci di danno per la vettura e per l’assistenza della moglie fatta con aspettativa non retribuita, è affetta da extrapetizione, non essendo stata richiesta dagli appellanti la rideterminazione e riduzione del quantum.

2.1. Il motivo è inammissibile. Con riferimento all’eccezione di ultrapetizione di una pronuncia di riduzione dell’ammontare risarcitorio il giudice di merito ha statuito nel senso che le parti appellanti hanno chiesto dichiararsi che nulla era dovuto al F.. Tale statuizione, e cioè che non vi è rischio di ultrapetizione se, richiesta dall’appellante la riforma della sentenza nel senso che nulla sarebbe dovuto all’appellato, il giudice dispone per la riduzione dell’importo liquidato, non è stata impugnata dai ricorrenti, il che rende privo di decisività il motivo.

E’ appena il caso di aggiungere che la rideterminazione in senso riduttivo dell’ammontare del danno è un minus rispetto al motivo di appello avente ad oggetto la non spettanza del risarcimento, sicchè il vizio di ultrapetizione comunque non sarebbe configurabile.

3. Con il quarto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1223,1226,2043,2056,2729 c.c., artt. 287 e 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4. Osservano i ricorrenti che la domanda risarcitoria avente ad oggetto l’autoveicolo (per Euro 11.000,00), intestato alla B., e l’aspettativa non retribuita per l’assistenza resa dalla stessa B. al marito (per Euro 14.495,00), è stata proposta congiuntamente dagli attori e se alla B. era stata riconosciuto il risarcimento per la futura perdita di retribuzione di pensione dovevano anche esserle riconosciute anche le dette voci risarcitorie. Aggiungono che la domanda congiunta avrebbe poi rinviato ad una successiva ripartizione interna, della quale i danneggianti non avevano interesse a dolersi, e che la Corte avrebbe potuto con la procedura di correzione di errore materiale attribuire alla moglie quanto dal Tribunale attribuito al marito. Concludono che, nulla statuendo per i danni alla B., vi è parziale omissione di pronuncia sulla sua domanda risarcitoria.

3.1. Il motivo è infondato. Secondo quanto risulta dall’esposizione del ricorso il giudice di primo grado aveva incluso nel danno liquidato in favore del F. l’importo risarcitorio corrispondente al valore della vettura di proprietà della B. e alla perdita della retribuzione nel periodo di aspettativa della stessa B.. Trattandosi di crediti risarcitori non di titolarità del F. correttamente il giudice di appello ha accolto l’appello. Nel motivo di censura si fa riferimento ad una domanda congiunta cui avrebbe fatto seguito una ripartizione interna fra i due attori. Non risulta però allegato il presupposto della ripartizione interna e cioè la natura solidale del credito. Pur essendo stata la domanda proposta congiuntamente dagli attori le voci di danno pretese non risultano essere espressione di un’obbligazione solidale dal lato attivo. Le parti appellate, odierni ricorrenti, avevano pertanto l’onere di proporre appello incidentale in ordine all’erronea identificazione del titolare del credito.

Nel motivo di censura si afferma che il giudice di appello, anzichè procedere alla riforma della sentenza di primo grado, avrebbe dovuto procedere alla correzione dell’errore materiale. In realtà la correzione compete al giudice che ha emesso la sentenza e non a quello dell’impugnazione ed in violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, i ricorrenti non hanno specificatamente indicato nè se un’istanza di correzione fosse stata proposta nè hanno esposto il contenuto della motivazione di primo grado al fine di accertare se di errore materiale effettivamente si sia trattato.

4. Con il quinto motivo si denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Con il sesto motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1123,1226,1227,2043 e 2056 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che il giudice di appello ha escluso il danno patrimoniale del F. per anticipata cessazione del rapporto di lavoro, omettendo di esaminare le circostanze di fatto, risultanti dalle testimonianze, che il F. al momento del sinistro era dirigente di un’azienda (Tecnoform s.p.a.) con circa duecento dipendenti, con un impegno lavorativo che lo teneva a contatto immediato con la proprietà, lo stabilimento, i dipendenti, i clienti ed i fornitori e che, pur avendo tentato di riprendere il lavoro dopo il sinistro, aveva dovuto interromperlo non essendo più in condizioni di lavorare, anticipando di non meno di undici anni il proprio pensionamento. Aggiungono che la corte territoriale ha totalmente escluso il danno patrimoniale del F. per perdita di capacità lavorativa specifica, in relazione all’invalidità accertata nella misura del 50%, e che doveva liquidare il danno patrimoniale sulla base dei redditi dichiarati utilizzando i coefficienti di capitalizzazione previsti dal R.D. n. 1403 del 1922.

4.1. I motivi, da trattare unitariamente in quanto formulati in modo unitario, sono fondati. Il giudice di merito, sulla base delle risultanze della CTU considerate prevalenti sulle deposizioni dei testimoni, ha affermato che l’anticipato pensionamento rappresentava il risultato di una scelta del F. e non la conseguenza necessaria delle lesioni riportate. Parte ricorrente non ha denunciato una carenza di motivazione in punto delle ragioni per le quali la CTU sarebbe da considerare prevalente sulle testimonianze, ha però denunciato l’omesso esame di circostanze di fatto. La denuncia di vizio motivazionale è rituale, essendo stata specificata sia la modalità di ingresso nel processo della circostanza (le testimonianze specificatamente indicate), sia la decisività, trattandosi di circostanze determinanti ai fini del riconoscimento dell’esistenza del danno patrimoniale in questione. Dalla motivazione non emerge l’esame delle circostanze fattuali indicate nel motivo, nè può desumersi l’esistenza del detto esame sulla base della ritenuta prevalenza della CTU, in quanto il giudice di merito non ha fornito le ragioni della detta prevalenza.

Nel controricorso si eccepisce che se il giudice di appello avesse liquidato il danno da lesione della capacità lavorativa specifica ai sensi del D.L. n. 857 del 1976, sarebbe incorso nel vizio di ultrapetizione, essendosi limitato il F. a chiedere la sola conferma della sentenza di primo grado con riferimento alle voci di danno liquidato. L’eccezione è all’evidenza priva di pregio non essendo configurabile un onere di impugnazione della parte vittoriosa sulla questione del danno patrimoniale.

In conclusione, l’esame delle circostanze di fatto evidenziate nel motivo è stato omesso dal giudice di merito.

5. Con il settimo motivo si denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè omesso esame di fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5. Con l’ottavo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1123,1226,1227,2043 e 2056 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osservano i ricorrenti che la somma di Euro 200.000,00 a titolo di danno esistenziale non è duplicazione di voce risarcitoria, ma una voce ulteriore rispetto al danno meramente biologico ed attinente al radicale cambiamento delle abitudini di vita.

5.1. I motivi, da trattare unitariamente in quanto formulati in modo unitario, sono infondati. In tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, costituisce duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del “danno biologico” e del “danno dinamico-relazionale” o “danno esistenziale”, atteso che con quest’ultimo si individuano pregiudizi di cui è già espressione il grado percentuale di invalidità permanente, quali i pregiudizi alle attività quotidiane, personali e relazionali, indefettibilmente dipendenti dalla perdita anatomica o funzionale (Cass. 28 settembre 2018, n. 23469; 27 marzo 2018, n. 7513; 17 gennaio 2018, n. 901). La decisione impugnata è conforme a tale principio di diritto.

6. Passando al ricorso incidentale proposto da Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazioni SA, con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente in via incidentale che nonostante che Helvetia fosse risultata vincitrice sia in primo che in secondo grado la corte territoriale ha erroneamente disposto la compensazione delle spese del doppio grado sulla base del paritario concorso di colpa.

6.1. L’accoglimento del ricorso principale, nei limiti indicati, determina l’assorbimento del motivo.

7. Passando al ricorso incidentale proposto da Vittoria Assicurazioni s.p.a., con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043,2056,2697,2700 c.c., artt. 140,141 e 143 C.d.S., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; omessa e contraddittoria motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5; violazione degli artt. 112,115 e 116 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Osserva la ricorrente che la motivazione è contraddittoria per la totale mancanza degli elementi di fisica e/o dinamica della massa in quanto si afferma che la distanza fra la fine della semicurva destrosa all’uscita della quale l’ E. avrebbe potuto sbandare e il punto di impatto sarebbe stata di circa ottanta metri senza considerare che la distanza si dimezza sommandosi in senso aritmetico le velocità delle due autovetture. Aggiunge che è del tutto carente la motivazione circa il mancato uso delle cinture di sicurezza e la mancata applicazione dell’art. 1227 c.c..

7.1. Il motivo è inammissibile. In primo luogo la ricorrente formula la denuncia di vizio motivazione sulla base della disposizione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non più vigente. In secondo luogo si svolge una censura del giudizio di fatto (la valutazione della distanza fra i due veicoli), non sindacabile come tale nella presente sede di legittimità. In terzo luogo la censura muove da un presupposto di fatto, il mancato uso delle cinture di sicurezza, non oggetto di accertamento da parte del giudice di merito, sicchè lo scrutinio del merito imporrebbe un’indagine di merito preclusa nella presente sede di legittimità.

8. Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 112,115,116,191 e 61 c.p.c. e segg., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Osserva la ricorrente che in presenza di margini di dubbio il giudice deve disporre la consulenza tecnica e che è stata totalmente omessa la motivazione circa la non utilità della stessa.

9. Il motivo è inammissibile per le stesse ragioni indicate a proposito dello scrutinio del primo e del secondo motivo del ricorso principale.

10. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 990 del 1969, artt. 18 e 22. Osserva la ricorrente, con riferimento alla questione della raccomandata ai sensi della L. n. 990 del 1969, art. 22, che non si comprendono le ragioni per le quali il giudice di appello avrebbe rilevato la tardività della questione in quanto vi è mancanza di prova dell’assolvimento di un obbligo processuale che avrebbe dovuto essere rilevato d’ufficio.

10.1. Il motivo è inammissibile. Il giudice di merito ha accertato che il fatto della ricezione della richiesta risarcitoria mediante la raccomandata in atti è rimasto fatto incontroverso. La censura non intercetta la ratio decidendi, vertendo solo sulla rilevata proposizione dell’eccezione di mancata produzione della cartolina di ricevimento soltanto nella memoria di replica e non anche sull’accertamento dell’essere rimasta incontroversa la circostanza della ricezione della richiesta risarcitoria. Il motivo difetta quindi di decisività.

Poichè il ricorso proposto da Vittoria Assicurazioni s.p.a. è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 e viene rigettato, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto del Testo Unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

Accoglie il quinto ed il sesto motivo del ricorso proposto da F.T. e B.M., rigettando per il resto il ricorso; dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da Helvetia Compagnia Svizzera d’Assicurazioni SA e dichiara inammissibile quello proposto da Vittoria Assicurazioni s.p.a.; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; rinvia alla Corte di appello di Bologna in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale Vittoria Assicurazioni s.p.a., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 6 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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