LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –
Dott. DI FLORIO Antonella – Consigliere –
Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –
Dott. FIECCONI Francesca – Consigliere –
Dott. CRICENTI Giuseppe – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 28215/2017 proposto da:
STUDIO TECHNOLOGICAL LAY OUT S.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Troisi del Foro di Venezia e dall’avvocato Andrea Melucco del Foro di Roma, presso il cui studio è domiciliata in Roma, via Panama 86, per procura in calce al ricorso e domiciliato;
– ricorrente –
contro
NAUTICAL COMPARATO SRL;
– intimata –
avverso la sentenza n. 957/2017 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 9.5.2017;
Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 4 aprile 2019 Dal Consigliere Dott. GIUSEPPE CRICENTI.
FATTI DI CAUSA
La società ricorrente ha agito in giudizio verso la Nautica Comparato srl per ottenere la risoluzione del contratto di acquisto di un motore marino, ritenuto privo delle promesse caratteristiche intrinseche e non funzionale allo scopo.
La richiesta mirava ad un rimborso di 4500,00 Euro per il motore e di 10.000 Euro di risarcimento.
Sia il tribunale in primo grado che la corte di appello hanno respinto la domanda.
Il giudice di secondo grado ha però condannato la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in misura di 9.515,00 Euro, oltre accessori.
La società ricorre con quattro motivi per far valere l’eccessiva liquidazione delle spese, fatta, a suo dire, in violazione delle regole legali.
Non v’è costituzione della controparte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Il ricorso è articolato su quattro motivi, gli ultimi due dei quali sono solo apparentemente tali.
Invero, il quarto motivo chiede una decisione nel merito, senza rinvio, e non è dunque una vera e propria censura alla sentenza impugnata, ma la richiesta di una decisione diretta sulle spese da parte di questa Corte.
Il terzo motivo introduce per la prima volta una richiesta di danni da lite temeraria, ma soprattutto lo fa subordinatamente alla costituzione, in questo giudizio, della controparte.
2.- Restano, quali motivi da prendere in considerazione, il primo ed il secondo. Con il primo motivo la ricorrente si duole del fatto che la corte di merito ha applicato le tariffe del 2012 e non quelle del 2014, che invece erano quelle di riferimento ratione temporis, e soprattutto ha preso a riferimento lo scaglione di valore successivo a quello proprio della lite. Quest’ultima aveva un valore compreso tra i 5200,00 Euro e 26 mila Euro (in totale la richiesta era infatti di 14 mila Euro), mentre la corte di merito ha fatto riferimento allo scaglione successivo (da 52 mila a 260 mila).
Inoltre, nell’ammontare, sarebbe stata conteggiata anche la voce relativa alla istruttoria.
Ciò ha portato la corte di appello a liquidare spese per 9.515,00 anzichè 3.777,00 Euro.
Con il secondo motivo questo vizio è fatto valere sotto una diversa prospettiva di violazione di legge. La ricorrente infatti evidenzia come la stessa controparte aveva avanzato una richiesta di spese legali inferiore a quella liquidata dal giudice di merito, la cui decisione dunque è in violazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto ha riconosciuto un ammontare di spese legali superiore a quello richiesto.
I motivi sono fondati.
E’ logicamente preliminare il secondo.
E’ infatti regola che in tema di spese giudiziali, quando la parte presenta la nota delle spese, secondo quanto è previsto dall’art. 75 disp. att., specificando la somma domandata, il giudice (nella specie giudice d’appello chiamato a regolare le spese dei due gradi di giudizio) non può attribuire alla parte a titolo di rimborso delle spese, una somma di entità superiore (Cass. 11522/2013; Cass. 5327/2003).
La nota spese, al pari delle altre domande dell’attore, soggiace alla regola per cui deve esservi corrispondenza tra ciò che è chiesto e ciò che è pronunciato. La parte vittoriosa nel giudizio di merito aveva chiesto la liquidazione della somma di 4.400,00 Euro, oltre accessori, ed il giudice ha liquidato 9.515,00 Euro.
Con la conseguenza che, liquidando una somma superiore a quella richiesta, il giudicante ha violato la regola che quella corrispondenza impone.
Ma anche il primo motivo, che ha autonomia rispetto al secondo, è fondato. Invero, posto che la liquidazione delle spese andava contenuta entro la domanda, essa andava altresì liquidata secondo i criteri imposti dal DM del 2014. I nuovi parametri di liquidazione delle spese processuali, in base ai quali vanno commisurati i compensi forensi ai sensi del D.M. n. 140 del 2012, art. 41, in luogo delle abrogate tariffe professionali, si applicano in tutti i casi in cui la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del citato decreto purchè, a tale data, l’attività difensiva non sia ancora completata; invece, essi non operano quando la liquidazione venga effettuata dopo l’esaurimento dell’attività difensiva, come nel caso della liquidazione delle spese relative ad un grado o fase precedente da parte del giudice della impugnazione o del rinvio (Cass. 17577/2018; Cass. 31884/2018).
Ciò detto, la corte di merito ha altresì preso a riferimento lo scaglione di valore successivo, all’interno di quelle tariffe, liquidando il medio.
La somma liquidata, dunque, viola l’art. 91 c.p.c., come integrato dalle tariffe professionali del 2014, sia perchè assume a riferimento tariffe non applicabili ratione temporis, sia perchè, all’interno di queste, fa riferimento allo scaglione di valore successivo.
Non essendovi stata alcuna fase istruttoria, inoltre, non poteva essere liquidata la somma relativa.
Conseguentemente, applicando le tariffe del D.M. n. 55 del 2014, con riferimento al corretto scaglione di valore, la somma va rideterminata in 3777,00 Euro, oltre accessori.
La sentenza va cassata senza rinvio, potendo questa corte decidere nel merito della domanda, senza che vi sia bisogno di ulteriori accertamenti in fatto.
Le spese del presente giudizio possono essere compensate, non avendo la controparte dato causa all’errore del giudice di merito, che è andato, di suo, ultra petita.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite in favore di Nautica Comparato srl nella misura di 3777,00 oltre accessori, anzichè 9515,00 Euro. Compensa le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, il 4 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019