Corte di Cassazione, sez. VI Civile, Ordinanza n.17084 del 26/06/2019

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LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7404-2017 proposto da:

M.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato SIMONA VARENNA;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE SEREGNO DI L.U. & C. SAS, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBERTO REDAELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3279/2016 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 22/08/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 12/12/2018 dal Consigliere Dott. MILENA FALASCHI.

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

Il Tribunale di Monza, con sentenza n. 2561 del 2013, rigettava la domanda proposta da M.N. di risoluzione del contratto preliminare sottoscritto in data 22.12.2008 con l’Immobiliare Seregno s.a.s., quale promittente venditrice, ed accertava l’avvenuta risoluzione del medesimo preliminare per mutuo dissenso, dando atto dell’obbligo della convenuta di restituzione all’attore la somma ricevuta a titolo di caparra.

A seguito di appello interposto dall’Immobiliare Seregno, la Corte di appello di Milano, con sentenza n. 3279 del 2016, accoglieva l’appello e in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Monza, limitatamente al capo 2 del dispositivo, ritenuta non condivisibile la sussistenza di una comune volontà delle parti di far venire meno gli effetti del contratto preliminare, statuiva il venire meno della pronuncia relativa all’obbligo dell’appellante alla restituzione della somma ricevuta a titolo di caparra.

Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, il M. ha proposto ricorso per cassazione, fondato su due motivi, cui ha resistito l’Immobiliare Seregno con controricorso.

Ritenuto che il ricorso potesse essere rigettato, con la conseguente definibilità nelle forme di cui all’art. 380 bis c.p.c., in relazione all’art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5), su proposta del relatore, regolarmente comunicata ai difensori delle parti, il presidente ha fissato l’adunanza della camera di consiglio.

ATTESO che:

con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1372 c.c., in relazione all’art. 1453 c.c., comma 2 e all’art. 1458 c.c., per non aver la Corte di merito qualificato il mutuo dissenso quale concorde e manifesta volontà delle parti, finalizzata allo scioglimento del vincolo contrattuale. A detta del ricorrente le domande processuali delle parti, l’una del M., di risoluzione del contratto e l’altra dell’Immobiliare Seregno sas, di declaratoria di legittimità del recesso, avrebbero dovuto consentire di ritenere mancante l’interesse dell’Immobiliare al conseguimento tardivo della prestazione dedotta nel contratto preliminare, con conseguente obbligo di restituzione della somma versata a titolo di caparra confirmatoria.

Il motivo non può trovare accoglimento.

Come chiarito a più riprese da questa Corte (Cass. 30 agosto 2005 n. 17503) il mutuo dissenso, cui le parti pervengono per la reciproca convenienza di non dare ulteriore corso all’affare, si concretizza in un nuovo contratto di natura solutoria e liberatoria, con contenuto eguale e contrario a quello del contratto originario, di cui neutralizza gli effetti.

Nel caso di specie, stante l’inesistenza di un negozio giuridico bilaterale di questo tipo, mancherebbe poi un pieno e totale accordo delle parti su tutti gli elementi del regolamento negoziale, quale elemento necessario per la configurazione del mutuo dissenso.

Per costante giurisprudenza, infatti, la risoluzione consensuale di un contratto preliminare riguardante il trasferimento, la costituzione o l’estinzione di diritti reali immobiliari è soggetta al requisito della forma scritta ad substantiam, al pari del contratto risolutorio di un definitivo, rientrante nell’espressa previsione dell’art. 1350 c.c., dato che la ragione giustificativa dell’assoggettamento del preliminare alla forma ex art. 1351 c.c., da ravvisare nell’incidenza che esso spiega su diritti reali immobiliari, sia pure in via mediata, tramite l’assunzione di obbligazioni, si pone in termini identici per il contratto risolutorio del preliminare stesso (Cass. 26 giugno 2015 n. 13290).

In definitiva, la Corte d’appello ha dato conto delle ragioni per le quali ha ritenuto non raggiunta la prova del mutuo dissenso, argomentando in modo ragionevole e non incongruente, pertanto la decisione impugnata si sottrae al sindacato di questa Corte, proponendo nella sostanza il ricorso una diversa interpretazione delle prove, non consentita in sede di legittimità;

– con il secondo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 5, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione alla domanda di accertamento della legittimità del recesso svolta dalla parte Immobiliare Seregno connessa alla volontà di scioglimento del vincolo contrattuale. In particolare non avrebbe tenuto conto della tardività della domanda.

Il motivo è inammissibile prima che infondato.

A tal proposito occorre preliminarmente rilevare che la questione investe il concetto di “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio”, novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b), convertito in L. n. 134 del 2012.

L’intervenuta modifica dell’art. 360 c.p.c., n. 5, come recentemente interpretato dalle Sezioni Unite (sentenza n. 8053/2014), determina una sensibile restrizione dell’ambito di controllo della motivazione di fatto in sede di legittimità. Invero, occorre interpretare la norma, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione.

Conseguentemente, è denunciabile in cassazione unicamente l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si rinviene nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. Nel caso di specie non ricorre alcuna di tali sintomatiche figure.

Il ricorrente, erroneamente ritiene che la Corte di appello avrebbe accolto integralmente la domanda di recesso svolta dalla Immobiliare Seregno, poichè, in verità non si è in alcun modo pronunciata sulla questione, ma si è soltanto occupata dell’inesistenza del mutuo dissenso delle parti rispetto alla domanda attorea di risoluzione del contratto preliminare che, una volta respinta, ha comportato quale effetto consequenziale, anche il venir meno della domanda attorea accessoria di restituzione della caparra.

Stante poi quanto sostenuto dal ricorrente, circa la presunta volontà dell’Immobiliare Seregno s.a.s. di scioglimento del vincolo contrattuale, essa costituisce oggetto di un’indagine riservata al giudice di merito e non di legittimità, insistendo infatti su una valutazione della soggettiva ed intima intenzione dell’appellante ed in quanto tale accertamento estraneo a questa Corte.

In conclusione il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese processuali, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto al T.U. di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, all’art. 13, il comma 1-quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della società ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

PQM

La Corte, rigetta il ricorso;

condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore della controricorrente che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario e agli accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 12 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 26 giugno 2019

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